Marano, oasi naturalistica a Pietraspaccata: trent’anni anni fa l’Eremo fu al centro di un progetto ambientalista
Ne parlò il periodico “ideaCittà” in un
articolo a firma del giornalista-scrittore Enzo Savanelli
Un’oasi naturalistica a Pietraspaccata. La
vogliono con determinazione un pugno di giovani appartenenti al wwf, al Nucleo
locale di Protezione Civile, al CIF, al Centro Culturale Eduardo De Filippo. Ma
anche comuni cittadini e la Chiesa ufficiale di cui si è reso portavoce il
vescovo di Pozzuoli. Il progetto, portato avanti da più di un anno tra mille
difficoltà, è quasi alla dirittura d’arrivo ed ha ottenuto, tra l’altro, anche
il benestare della sovrintendenza ai Beni archeologici di Napoli. Dopo tanto
cemento, un’inversione di tendenza significativa.
Quel grosso polmone verde che, scendendo da
Torre Caracciolo e congiungendosi con la selva della Salandra, arriva fino a
Quarto, ricco di castagneti secolari, sta per essere trasformato in oasi
protetta. Non più costruzioni ed abbattimento di alberi, ma sentieri, ricoveri
per gli animali selvatici, percorsi archeologici. Un patrimonio di immenso
valore non solo ambientale, ma culturale. Quella selva, infatti, dal Seicento
agli anni Cinquanta, ha dato la possibilità ai maranesi di sopravvivere
dignitosamente in epoche di crisi. In tutti quegli anni quasi i tre quarti
della città infatti, hanno legato il proprio destino alla fabbricazione e
vendita di ceste. Ceste che erano realizzate riducendo giovani alberi di
castagno in strisce sottili, che poi venivano intrecciate con un’abilità più
unica che rara. Quei castagni provenivano quasi tutti dalla Salandra, Recca,
Mandracchio, Faragnano e Pietraspaccata. Da quella zona, cioè, che sta per
diventare oasi protetta. E gli alberi , ormai, non più curati come
meriterebbero, stanno ancora lì a ricordare che tra noi la Natura non è una
parola vuota di significato, ma come una madre che i figli hanno il dovere di
proteggere.
Per rendere più esplicito e chiaro questo
messaggio, domenica 7 marzo 1993 è venuto a Pietraspaccata perfino Sua
Eccellenza il vescovo di Pozzuoli Salvatore Sorrentino. La ua diocesi è
proprietaria, per antiche donazioni fatte dai privati agli eremiti della
chiesetta di Pietraspaccata (che dipende dalla curia di Pozzuoli), di gran
parte di quei castagneti. Ed il vescovo in una mano ha portato il simbolico
ulivo di pace e dall’altra, la cessione volontaria di tutto quel terreno per
una causa tanto nobile.
“Qualcosa si muove nasce la speranza di
questa contrada – ha affermato il presule – La mia diocesi in passato ha
lasciato che la chiesetta di Pietraspaccata venisse lentamente sconfitta dall’incuria
e dal tempo. Oggi siamo qui no solo a fare atto pubblico di contrizione ma a
promettere una rinascita a questo gioiello intatto di natura e storia”.
E poiché il simbolo più romantico del bosco è
per tutti l’eremo di Pietraspaccata, interamente scavato nel tufo da cui uscì
miracolosamente già scolpita la statua della Madonna, trafugata una quindicina
di anni fa (verso la fine degli anni ’80), l scultore Carlo Palermo (buonanima,
morto nel 2019) ha voluto rimodellare quell’antica immagine per restituirla al
culto dei fedeli della frazione, a testimonianza di un ritorno della città ai
suoi antichi valori. Se si riuscirà a far rinascere l’eremo di Pietraspaccata,
l’oasi avrà successo.
E dell’oasi hanno parlato un po’ tutti,
compresi i responsabili della sovrintendenza, che hanno promesso la loro
collaborazione per una catalogazione delle antiche testimonianze
romane disseminate lungo le pendici di quell’angolo dei Camaldoli che
scende fino a Quarto. Oltre alla diocesi puteolana, anche altri proprietari
hanno dato già il loro appoggio all’iniziativa. E’ un’inversione di tendenza insperata. Non
più tardi di un paio d’anni fa, infatti, lanciammo l’allarme su qualche
sbancamento (fortunatamente subito rientrato) che, per la vicinanza con l’eremo,
ci preoccupava enormemente. Oggi gli abitanti di Faragnano, Pietraspaccata e
Salandra hanno capito che un’oasi naturalistica porterà vantaggi a lungo
termine ed è stupido perdere quest’occasione. Per una mattinata, quindi, l’asse
della città si è spostato in periferia.
Una periferia che pochi conoscono e che
invitiamo tutti a visitare adesso che è primavera. Un angolo che non sembra
Marano. Sembra di stare tra i boschi di Monteforte o Roccamonfina.
Grandi castagneti con un manto incredibile di
foglie, muschio attorno a massi enormi caduti a valle in chissà quale epoca,
colpo d’occhio che arriva fino al mare, e perfino qualche poiana che nidifica
in gran segreto.
Tutto questo è l’altra Marano, quella che
molti Comuni ci invidiano, quella che sarà l’oasi.