E' vero che la cultura
è un investimento, ma a Calvizzano non si è mai capito come
"investire". Cose trite e ritrite per farle metabolizzare alla classe
politico-dirigenziale del passato (che non ci ha mai ascoltato) e del presente
(sperando che ci ascolti)
La cultura a Calvizzano è diventata una sorta di participio passato,
qualcosa che c’è stata e che oggi non c’è più. Forse per questo motivo non è
mai venuto in mente a qualche politico o a qualche amministratore di lanciare
un Premio culturale che servisse a motivare le eccellenze della città. Poco
più di dodici anni fa, attraverso il sito calvizzanonline, al quale fornivo il
mio contributo giornalistico, scrissi che era giunta l’ora di dare una svolta
culturale al paese e aggiunsi che l’ amministrazione dell’epoca
(consiliatura Granata) aveva i numeri e le capacità per poterlo fare. Feci
anche la proposta di istituire un “Premio Culturale Città di Calvizzano”,
una kermesse che avesse lo scopo sia di promuovere incontri e
dibattiti sia di premiare coloro che si fossero distinti nei diversi campi
della vita sociale. Quello musicale, quello sportivo, quello
poetico, quello teatrale, quello politico, quello
canoro, quello artistico in generale. Feci, inoltre, rilevare che
non occorrevano molti soldi per raggiungere l’obiettivo, ma solo capacità
organizzative e tanta voglia di fare. Una simile proposta fu lanciata da me,
anche ai tempi della prima consiliatura Pirozzi, ma gli amministratori
dell’epoca si dimostrarono sordi alla richiesta. Allo stesso modo si sono
comportati coloro che hanno amministrato la città prima dello
scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, ignorando
completamente il nostro suggerimento. Ma noi siamo stati tenaci, non abbiamo
mai mollato e, sulla scorta del un vecchio detto partenopeo, “o napulitan se
fa sicc ma nun mor”, ritorniamo a formulare all’ amministrazione che si è
insediata di investire sulla Cultura, perché c’è sempre tempo
per rimediare, anche se tutto ciò, però, non basta se si vuole una vera
crescita sociale e morale della città. Come? Promuovendo
agenzie culturali il che significa far fiorire un tessuto di associazioni, di
soggetti del privato sociale, attivando la rete scolastica, facendo nascere un
tavolo partecipato con tutti i soggetti, dove ognuno mette il suo. Il grande
progetto culturale di una cittadina deve per forza nascere mettendo in rete
tutte le energie e le risorse. La cultura, infatti, non è un'opera pubblica che
si progetta, si appalta, si realizza e si inaugura. La cultura è interazione,
scambio, partecipazione che si costruisce insieme alla popolazione, oppure
diventa sterile programmazione di eventi fini a sé stessi. Queste
identiche parole, che scriviamo da anni per rafforzare il concetto di volano
culturale, sono state copiate e incollate nel programma Pirozzi, presentato
alle ultime amministrative di settembre 2020, per cui ipotizziamo che qualcosa
dovrebbe iniziare a muoversi. Lo speriamo vivamente.
Bisogna, dunque, sperimentare il metodo della progettazione partecipata,
tentativo che fece Marano diversi anni fa e ben riuscì, prima con il sindaco
Bertini e poi con Perrotta, quando era assessore alla Cultura Antonio Menna,
oggi scrittore affermato, oltre che ottimo giornalista. Furono messe scuole e
associazioni intorno ad un tavolo e fu detto "che vogliamo fare
?". Vennero fuori idee: furono fatte iniziative sulla legalità, il cinema
all'aperto, le conversazioni sotto i portici. Lo stesso veniva fatto a
Villaricca da anni, grazie a Salvatore Salatiello, fino alla dichiarazione
dello stato di dissesto finanziario. Il Comune, dunque, deve fare da direttore
d'orchestra. Questo è il ruolo di un ente locale per la promozione culturale
del territorio, anche perché la cultura non è un lusso, ma un bisogno primario
che, se fatto di contenuti giusti, può fungere anche da motore per lo sviluppo
economico di un territorio.
Mimmo Rosiello