Domani 25 luglio festa del Santo patrono di Calvizzano: notizie essenziali a noi note sull’Apostolo Giacomo (il “Maggiore”), a cura del prof. Luigi Trinchillo

 



[Dalla lettera di San Giacomo. Capitolo 2.
Contro le ingiuste preferenze
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Voi vi mostrate pieni di premure per quello che è vestito bene e dite: “Siediti qui, al posto d’onore”. Al povero, invece, dite: “Tu rimani in piedi”, oppure: “Siedi in terra, qui, accanto al mio sgabello”. Se vi comportate così, non è forse chiaro che fate delle differenze tra l’uno e l’altro e che ormai giudicate con criteri malvagi?
Ascoltate, fratelli carissimi: Dio ha scelto quelli che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi nella fede e dar loro quel regno che egli ha promesso agli uomini che lo amano. Voi, invece, avete disprezzato i poveri! Eppure, non sono forse i ricchi quelli che vi trattano con prepotenza e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono loro, i ricchi, quelli che bestemmiano il bel nome di Cristo che fu invocato su di voi quando siete diventati cristiani? Una cosa è certa: se voi rispettate la legge del regno di Dio così come la presenta la Bibbia: Ama il tuo prossimo come te stesso, voi agite bene. Se invece voi fate delle preferenze tra le diverse persone, voi commettete peccato e la legge di Dio vi condanna, perché avete disubbidito. Chi va contro anche un solo comandamento della Legge è colpevole di aver offeso tutta la Legge. Infatti, colui che ci ha detto: Non commettere adulterio è lo stesso che ci ha detto: Non uccidere. Di conseguenza, se tu non commetti adulterio, ma poi uccidi qualcuno, vai contro tutta la legge di Dio.
Dunque, parlate e agite come persone che saranno giudicate da quella Legge che ci porta alla vera libertà. Perché senza misericordia sarà giudicato chi non ha avuto misericordia. Chi invece è stato misericordioso, non avrà alcun timore del giudizio di Dio. 
La fede e i fatti
Fratelli, a che serve se uno dice: “Io ho la fede!” e poi non lo dimostra con i fatti? Forse che quella fede può salvarlo? Supponiamo che qualcuno dei vostri, un uomo o una donna, non abbia vestiti e non abbia da mangiare a sufficienza. Se voi gli dite: “Arrivederci, stammi bene. Scaldati e mangia quanto vuoi”, ma poi non gli date quel che gli serve per vivere, a che valgono le vostre parole? Cosi è anche per la fede: da sola, se non si manifesta nei fatti, è morta.
Qualcuno potrebbe anche dire: C’è chi ha la fede e c’è invece chi compie le opere. Ma allora mostrami come può esistere la tua fede senza le opere! Ebbene, io ti posso mostrare la mia fede per mezzo delle mie opere, cioè con i fatti! Ad esempio: tu credi che esiste un solo Dio? È giusto. Ma anche i demoni ci credono, eppure tremano di paura. Sciocco, vuoi dunque renderti conto che la fede non serve a niente se non è accompagnata dai fatti?
Abramo, il nostro antico padre, perché mai fu riconosciuto giusto da parte di Dio? Per le sue opere, cioè per aver offerto sull’altare dei sacrifici il figlio Isacco. Vedi dunque che in quel caso la fede e le opere agivano assieme, e che la sua fede è diventata perfetta proprio per mezzo delle opere! Così si è realizzato quello che dice la Bibbia: Abramo credette in Dio e per questo Dio lo considerato giusto. Anzi, egli fu chiamato amico di Dio potete così vedere che Dio considera giusto un uomo in base alle opere e non soltanto in base alla fede.
Lo stesso avvenne nel caso di Raab, la prostituta. Dio la considerò giusta per le sue opere, cioè per il fatto che aveva ospitato gli esploratori ebrei e li aveva aiutati ad andarsene per un’altra strada.
Insomma, come il corpo senza il soffio della vita è morto, così la fede. Senza le opere è morta>>][1].     
             
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Giacomo, figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giovanni Evangelista, è chiamato “il Maggiore”, per distinguerlo dall’altro Apostolo, più giovane, recante lo stesso nome, cugino di Gesù. Era originario della Galilea e, come il padre e il fratello, pescatore del Mar della Galilea. Visse, forse, a Betsaida, la città di San Pietro.
Gesù chiamò i due fratelli, Giacomo e Giovanni, affinché Lo seguissero come discepoli, mentre stavano riassettando, come al solito, le reti, in una barca. Essi, “lasciata ogni cosa”, lo seguirono immediatamente, lasciando il padre ed i garzoni[2]. Si anche ipotizzato che entrambi i fratelli avessero creato, con alcuni altri aderenti, fra i quali Simone e Andrea, una piccola società per la pesca[3]. 
Giacomo e Giovanni sono citati, in particolare, in due occasioni: quando si parla della guarigione della suocera di Pietro[4] e al momento della risurrezione della figlia di Giairo, quando Gesù “non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo”[5].
Gli stessi tre Apostoli vengono anche scelti come testimoni della Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor[6] e durante l’agonia di Gesù, nel giardino del Getsemani[7]. Questa posizione privilegiata dei tre discepoli nei racconti del Vangelo indica, presumibilmente, ex-post, il posto speciale che occuparono nella Chiesa primitiva. La tradizione neotestamentaria considera Giacomo appartenente a quella cerchia ristretta dei discepoli destinatari degli insegnamenti sia essoterici che esoterici di Gesù: ecco perché a loro  fu concesso, per esempio, di partecipare alla straordinaria esperienza di assistere alla trasfigurazione del Signore[8] e di ascoltare il Suo discorso sulla parusia.
Altri brani dei Vangeli gettano una luce identitaria sulla figura di Giacomo e su quella di suo fratello Giovanni, definiti proprio da Gesù “Boanèrghes”, ovvero “figli del tuono[9]: una volta, quando un villaggio di Samaritani rifiutò di accogliere Gesù, Giacomo e Giovanni suggerirono al Maestro la possibilità di invocare che scendesse su di esso fuoco dal cielo e lo consumasse[10]. Il contesto in cui è calato l’episodio di questa strana richiesta va interpretato non solo come una manifestazione del carattere impetuoso dei due Apostoli, ma soprattutto come una forma di zelo per la causa del Regno, che si esprimerà successivamente con il sacrificio di sé stessi e non con la distruzione degli avversari. Giacomo esuberante per atteggiamento, morì per decapitazione, in un anno compreso tra il 42 ed il 44, (quasi certamente proprio il 44), per ordine di Erode Agrippa I. Poiché gli Atti non raccontano di un regolare processo cui sarebbe dovuto essere sottoposto Giacomo, è lecito ipotizzare un giudizio sommario, un provvedimento arbitrario, da parte del violento tetrarca, per compiacere l’opinione pubblica degli Ebrei, che vedeva con fastidio e sospetto il proselitismo della nuova dottrina fondata su Cristo. Una tradizione lo vuole particolarmente legato alla Spagna, dove avrebbe predicato il Vangelo: questo riferimento rende assai forte la motivazione dello straordinario culto riservatogli a Santiago di Compostela, dove ancora oggi sorge uno dei santuari più visitati al mondo dai pellegrini cristiani, da oltre un Millennio[11]. Una tradizione venata di elementi leggendari “vorrebbe che, nell’anno 813 d.C., l’eremita Paio venisse attirato da strane luci a forma di stella, sul Monte Libredón, luogo con la presenza di antiche fortificazioni. Il Vescovo Teodomiro si interessò al fenomeno, scoprendo che, in quel luogo, vi era una tomba in cui giacevano tre corpi, di cui uno decapitato; sulla tomba era scritto: ”. La tradizione si può spiegare in altri modi, e cioè che delle reliquie, attribuite all’apostolo, prima conservate nella città di Mérida, siano state trasportate in Galizia, a motivo dell’invasione araba[12].
La legenda aurea vuole Giacomo apparso, nell’834, in sogno al re Ramiro I, che riuscì a sconfiggere i musulmani nella battaglia di Clavijo, al grido di “Adiuva nos, Deus et Sancte Jacobe!”[13]. Vera o apocrifa che sia la notizia del sogno augurale, sta di fatto che tutta la “Reconquista Christiana” dei territori della Penisola iberica già occupati dall’Islam si svolse, da quel momento in poi, sotto il patrocinio dell’Apostolo.
L’evangelista Matteo racconta che la madre dei due Apostoli si avvicinò a Gesù e gli chiese di permettere ai figli di sedersi uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, una volta giunti nel Suo Regno. Gesù rispose chiedendo loro se sarebbero stati capaci di bere il calice che Egli stava per bere, e, ricevutane risposta affermativa, disse loro che questo sarebbe accaduto[14], ma la “disposizione” futura accanto al Maestro non poteva essere Lui a stabilirla, perché era una deliberazione spettante esclusivamente al Padre. Gli altri apostoli, appresa la richiesta, si sdegnarono alquanto con i due fratelli, perché essi si erano fatti avanti ed esposti in questo modo. È interessante notare che, nel racconto dello stesso episodio da parte di Marco[15], la madre non viene citata, ma sono gli stessi fratelli, Giacomo e Giovanni, che esprimono da soli la loro richiesta a Gesù[16].
La tradizione più antica vuole che Giacomo sia stato martirizzato in nome del Signore a Gerusalemme, dove guidava, con l’autorevolezza del testimone de visu, la locale Comunità dei primi cristiani.
Col trascorrere degli anni è nata una controversia sulla relazione fra San Giacomo e la Spagna, che si fonda su due tradizioni: una afferma che l’Apostolo predicò in Spagna, dalla Pentecoste fino al momento della sua morte; l’altra che il suo corpo, post-mortem, fu trasferito dal Medio Oriente nell’Europa Continentale e sepolto in Spagna.
Il riferimento più antico al suo viaggio in Spagna risale, comunque, al VII secolo ed ebbe origine in Oriente, ma esso non ha nessun fondamento storico e San Giuliano di Toledo, che morì alla fine del VII secolo, non lo cita nel suo racconto di ricostruzione dei viaggi compiuti dagli Apostoli.
Alcuni autori hanno usato una testimonianza di San Paolo per sostenere questa tradizione: l’Apostolo delle genti, scrivendo ai Romani, anticipa ai cristiani che sono nell’Urbe che andrà in Spagna, dopo che, in alcuni versetti precedenti, ha sostenuto di essersi riproposto di non “annunziare il Vangelo se non là dove ancora non era giunto il nome di Cristo”[17].
La seconda tradizione, che risale all’830 circa, sostiene che il corpo di Giacomo fu prima trasportato a El Padron (in Galizia), e poi a Santiago (vale a dire nella Città di San Giacomodi Compostela, dove il suo sepolcro divenne una delle mete di pellegrinaggio più frequentate dell’Europa medievale, tanto da poter parlare di un ‘cammino per Santiago’, ormai famoso e conosciuto ampiamente, che, al passaggio del Millennio, richiamava  pellegrini da tutto il Continente.
In Spagna, specialmente dopo essere stato dichiarato patrono dei soldati spagnoli che lottavano contro i musulmani, il Suo sepolcro divenne punto di riferimento e di richiamo per tutti coloro che aspiravano ad un’esperienza di coinvolgimento totale, per l’esecuzione di un ex-voto, per una richiesta di grazia, per una testimonianza esistenziale coinvolgente ed incondizionata.
In ogni caso, la più antica prova scritta di questo trasferimento nella Penisola Iberica dei resti di San Giacomo Apostolo Maggiore deriva dal Martirologio di Usuardo, dell’856.
Le reliquie jacopee si trovano ancora oggi là, nella Cattedrale di Compostela, e la loro autenticità fu solennemente riconosciuta perfino da una Bolla del papa Leone XIII, del 1° novembre 1884, la Deus Omnipotens, in cui il Pontefice diceva di essersi avvalso, per definire la sua dichiarazione, degli esiti di protratte investigazioni archeologiche e di specifiche analisi delle fonti. A conferma di ciò, occorre segnalare un altro evento significativo: un secolo dopo, il 9 novembre 1982, San Giovanni Paolo II, durante l’Anno Santo Compostelano, compì un viaggio nella Città iberica e prese spunto da tale circostanza per invitare le Nazioni Europee a riscoprire l’insegnamento dell’Apostolo Giacomo e a ritornare alle antiche origini cristiane della civiltà occidentale[18].
Questa tradizione, che mette in relazione San Giacomo con la Spagna, non è condivisa da molti storici non spagnoli, e la stessa autenticità delle reliquie è messa, in epoca contemporanea, seriamente in dubbio.
I resti terreni dell’Apostolo, in effetti, andarono per qualche tempo smarriti e poi furono fortunosamente ritrovati, per cui, se possiamo affermare che le reliquie attuali sono le stesse venerate dal Medioevo, l’autenticità di quanto giuntoci dalla tradizione medioevale è sempre difficile da stabilire con certezza e con prove inconfutabili: e più che mai in questo caso, viste le traversie cui i resti terreni dell’Apostolo furono soggetti. È vero, ad ogni modo, che il sepolcro a Compostela è costruito su un cimitero cristiano primitivo, che conteneva un martyrium, a testimonianza del culto di un santo di cui non si conosce storicamente il nome.
È interessante ricordare che anche la chiesa di Mérida nella Spagna sud-occidentale ha affermato di possedere le “vere reliquie” di San Giacomo (e anche quelle di altri Apostoli) dal 627, prima, cioè, della conquista degli Arabi: presumibilmente, dovette esistere un culto locale del Santo, sostenuto proprio in relazione alle reliquie.
Una lettera apocrifa di San Giacomo è stata scoperta tra i manoscritti di Nag Hammadi, nel 1945: si presenta come la trascrizione, operata da Giacomo, di una conversazione tra Gesù, Pietro e Giacomo stesso, dopo la Resurrezione del Signore. Tale documento potrebbe aver avuto origine in ambienti giudaico-cristiani dei primi secoli. Anche se l’autenticità di tale scritto è tuttora in discussione e da accertare con riserva di inventario, in modo indiretto attesta il grande interesse che ancora ai giorni nostri suscita nel mondo tutto ciò che concerne il nostro Santo Patrono, simpatia e favore che risultano vive e vitali oggi, come lo furono nei secoli passati, quando talvolta raggiunsero livelli di fanatismo.        
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Alcune notizie su San Giacomo riprese dalla Tradizione cristiana

Nella sua Storia della Chiesa, Eusebio di Cesarea (secolo IV) racconta che Giacomo, ancora poco prima di morire convertì un soldato, destinato a far parte del plotone che accompagnava l’Apostolo al luogo dell’esecuzione e che perciò fu decapitato con l’Apostolo stesso. Un Apocrifo di Giacomo, conservato in traduzione copta, risalente al secolo II, racconta che Giacomo e Giovanni avrebbero ricevuto da Gesù, prima della sua Ascensione al Cielo, le direttive per affrontare le prime persecuzioni dei cristiani. In tale scritto agiografico, i due apostoli salgono al cielo con il Signore, dove vengono comunicati loro alcuni misteri. Giacomo, tornato sulla Terra, ne informa i discepoli e dice loro quello che devono fare. Secondo una tradizione del secolo VII, Giacomo avrebbe predicato la Buona Novella in Spagna e sarebbe stato lui ad organizzare le azioni per l’evangelizzazione e la missione in Samaria e a Gerusalemme.
Un’altra tradizione racconta della conversione di un mago, Ermogene, ad opera di Giacomo.
Onorio di Autun narra che il corpo di Giacomo fu sospinto dagli Angeli, su una barca senza remi, verso la Spagna, nel regno della regina Lupa, e portato nel suo castello da tori selvaggi, che si comportarono in tale evenienza come agnelli mansueti. Gli elementi essenziali del culto sviluppatosi più tardi nel Santuario di Santiago de Compostela, il luogo della sepoltura di San Giacomo, sono già contenuti in questa leggenda. I pellegrinaggi a Santiago furono, a detta di tutti i testimoni, i più sviluppati del Medioevo. Le strade dei pellegrini passavano per la Francia e persino in Scandinavia la Spagna era conosciuta come “il paese di San Giacomo”. Giacomo è considerato protettore della Spagna, soprattutto mentre era in atto la lunga e cruenta lotta contro i Mori, per liberare il territorio cristiano dalla presenza dell’Islam: quella che gli storici definirono “la Reconquista”. Secondo la tradizione, nell’844, il Santo apparve durante la battaglia di Clavijo su un cavallo bianco, e mise in fuga i Musulmani. Secondo un’altra tradizione, nata, tuttavia, nel secolo XII, sarebbe stato Giacomo a rivelare a Carlo Magno il luogo della propria sepoltura, indirizzandolo verso Santiago di Compostela.
Del medesimo periodo, si tramanda un miracolo accaduto ad una carovana di pellegrini. Il figlio di una coppia di viandanti, accusato ingiustamente di furto ed impiccato, è letteralmente sostenuto da Giacomo, mentre pende dalla forca, finché i suoi genitori non riescono a salvarlo, dimostrandone l’innocenza. Di un pericoloso viaggio in Spagna racconta un’altra leggenda, secondo la quale ad un uomo al quale è morta la moglie, viene anche rubato il denaro e la cavalcatura: sembra tutto perduto e che nulla possa fargli riprendere fiducia e capacità di reazione, finchè con un asino, procuratogli da San Giacomo non lo conduce, quasi da solo, a Santiago, dove il povero disgraziato riacquista la fede e riprende le redini della sua vita. In un racconto esemplare, si parla del Santo che, con il sacco di una donna e il bastone di un povero, difende un cavaliere dal diavolo, perché tale cavaliere aveva in precedenza soccorso le donne e i poveri.
Da Eusebio, Padre della Chiesa (circa 263-339), Giacomo era detto “giusto” e celebrato come primo martire fra gli Apostoli scelti da Gesù. Da lui Egli è presentato come autorevole nelle decisioni, soprattutto perché, dopo l’Ascensione del Maestro e la personale conferma nell’insegnamento di Lui a seguito della Pentecoste, si sarebbe, ancor più degli altri Apostoli, preso cura della Vergine Maria, provvedendo ai bisogni di Lei, dando corpo in tal modo alle parole dette da Gesù dalla Croce che affidava la Madre a Giovanni, suo fratello, e ai Discepoli e a Lei il futuro della Chiesa fondata sul Suo sacrificio e la Sua Resurrezione.
Altre testimonianze ci confermano che Giacomo il Maggiore svolse effettivamente un ruolo chiave per la nascente Comunità a Gerusalemme, tanto da esserne considerato il Capo: potremmo dire, in termini attuali, il Garante dell’ortodossia ed il Controllore della vita dei fedeli, cioè il “Vescovo”.
Nei tempi più antichi, prima del giorno di San Giacomo (25 Luglio), non si iniziava la mietitura, mentre, nell’usanza popolare, il giorno di San Giacomo era la festa dei pastori.
San Giacomo, nella tradizione comune, è considerato il protettore dei viaggiatori, dei raccolti agricoli, dei profumieri e dei fabbricanti di cappelli. È invocato anche da coloro che soffrono di dolori reumatici. Anche il suo ruolo di difensore vittorioso della fede contro i Mori e l’Islam, faceva in modo che lo si invocasse ogni volta che la nostra appartenenza a Cristo e alla Sua Chiesa rendeva necessario il Suo intervento a capo delle truppe, così da fare baluardo contro ogni errore dottrinale ed eresia.
San Giacomo nell’arte.
Nei primi tempi della diffusione della devozione jacopea, il Santo era rappresentato come un Apostolo che recava un libro o un rotolo della Scrittura fra le mani. Nei primi ‘ritratti’, il personaggio è presentato come un uomo di mezza età, con barba scura, come  ripreso nei mosaici della Cappella arcivescovile ravennate e in San Vitale (a Ravenna, secolo VI). Come elemento caratteristico gli si pone accanto il Libro o il rotolo della Scrittura (per esempio, nell’icona sul portale di San Trofimo in Arles, della fine del XII secolo). A partire dal secolo XIII viene raffigurato con il follatoio come segno del suo martirio (per esempio, nel ritratto murale sul portale sud di centro della Cattedrale di Chartres, 1205-1215) e/o con la clava (per esempio, nella tavola in Sant’Ursola a Colonia, intorno al 1275).
Nell’arte occidentale da noi più riconoscibile, San Giacomo Apostolo Maggiore è raffigurato come l’Apostolo con i contrassegni del pellegrino: un bastone[19], una fiaschetta per l’acqua[20], i sandali ai piedi[21], la conchiglia multifunzionale[22], il mantello[23], talvolta, occasionalmente nell’iconografia classica, un copricapo[24], la bisaccia[25]. Gli elementi appena elencati sono riscontrabili nelle immagini che da sempre rappresentano Giacomo, un po’ dappertutto nel mondo. È possibile notarli anche nella statua del Santo nella Cattedrale di Compostela e nel portico della Gloria della Cattedrale, risalente, all’incirca, al  1188.
Accanto a Pietro, Giacomo è l’unico fra gli Apostoli che conserva un costume specifico. Appare vestito, come abbiamo appena visto, da pellegrino, con cappello a cencio, bisaccia e fiaschetta oppure conchiglia, a partire dal secolo XIII in tutto l’Occidente, soprattutto lungo le vie dei pellegrini in viaggio verso Santiago di Compostela. Assieme agli altri Apostoli, Giacomo compare in veste di pellegrino su dipinti del portale sud della Cattedrale di Chartres (risalente agli anni intorno al 1210).
Come scene a sé stanti sono raffigurati quasi tutti gli episodi caratteristici della vita di San Giacomo e quelli che erano pubblicizzati come suoi miracoli in favore dei pellegrini. A partire dal secolo XI, richiamando il suo impegno a favore della “Reconquista Christiana” si privilegia, soprattutto in Spagna, la caratterizzazione di Giacomo, agile e padrone della cavalcatura di un cavallo spesso bianco, quindi, come “Matamoros” e cavaliere cristiano (per esempio, in un bassorilievo del secolo XIII, posto nel coro di San Marco, a León; nell’incisione di Martin Schongauer, attribuibile al 1480 circa, a Monaco; in un dipinto di Gian Battista Tiepolo, risalente al 1767/1770, conservato a Budapest). Spesso è raffigurata anche la decollazione di Giacomo (per esempio, in un dipinto “di bottega” di  Albrecht Dürer, nel pannello sinistro del trittico dello Helleraltar, degli inizi del XVI secolo, attualmente a Francoforte). All’interno del ciclo di celebrazione delle imprese di Carlo Magno, sul ‘Reliquiario’ del fondatore del Sacro Romano Impero, del tardo XII secolo, che possiamo tuttora ammirare nell’ambito del ‘tesoro carolingio’ del duomo di Aquisgrana, è ripresa la celebre apparizione di Giacomo a Carlo Magno, con l’Apostolo che mostra al sovrano la via verso la Spagna, dove riportare in auge il nome e il ruolo di Cristo, recuperando quei territori cristiani un tempo posseduti dai fedeli della Chiesa apostolica e poi sottratti dai musulmani.
Uno dei cicli pittorici più completi su San Giacomo è opera di Giusto de’ Menabuoi[26] (fine secolo XIV, complesso della Basilica di Sant’Antonio a Padova) e mostra le scene: Giacomo che riceve la comunione dal Cristo Risorto; Giacomo e buttato giù mentre predica dal pulpito; Martirio di Giacomo; Giacomo libera in commerciante innocente; Giacomo aiuta un pellegrino bisognoso.

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Patronato e Protettorato da parte dei Santi,
secondo la Chiesa Cattolica
Il termine ‘patronato[27] rimanda immediatamente a ‘patrono’, cioè al Santo che, nella tradizione cattolica, è stato scelto come protettore particolare e privilegiato di una Chiesa, di una Città, di una Nazione o, più semplicemente, di un’attività o di una caratteristica della società umana e dei fedeli. Ciò detto, possiamo ripensare per un momento all’antico Diritto romano, che può farci da guida, per meglio comprendere l’importante legame che si crea tra il Patrono di un Paese e di una Comunità, vale a dire il Santo stesso, e quella precisa e specifica Comunità. Nel Diritto romano (dal quale derivano molte definizioni in quello nostro attuale laico e canonico in Occidente), dunque, il Patronato si configura come un/il rapporto giuridico che si instaura tra il padrone e lo schiavo liberato mediante manomissione[28], creando per quest’ultimo una serie di doveri e obblighi, non solo verso l’antico padrone, ma addirittura anche verso gli eredi di lui. Il ruolo del Patrono lo mette nella posizione di protettore e difensore, in un eventuale giudizio tra il liberto e colui che detiene questo straordinario ruolo. A livello laico, lo jus patronatus costituiva una forma di riconoscimento reale, da parte dell’Autorità e della Gerarchia ecclesiastica, ma anche del popolo che ne era testimone e beneficiario, di una funzione indiscutibile ed indiscussa del Patrono. Fatti i debiti raffronti, si vede bene, quindi, perché al Santo Patrono o Protettore[29] di una Chiesa o di una Città compete il diritto/dovere di difenderla fino alla fine, senza tener conto delle difficoltà o dei rischi che potrebbero frapporsi. 
La devozione ai Santi patroni, nella Chiesa cattolica, possiamo ritrovarla, fin dalle origini, nella tradizione accreditata, quale aspetto importante del culto che i fedeli riservano a coloro che hanno saputo meglio imitare l’esempio di Gesù durante la loro vita terrena. Spesso l’attribuzione di un ‘patronato’ ovvero di un ‘protettorato’ religioso, si è fatta strada, è proprio il caso di dirlo, “a furore di popolo”, a coloro che, nel corso dei secoli e dei millenni, erano stati invocati per particolari circostanze o eventi clamorosi nella vita pubblica e/o privata di un Santo che si era adoperato a favore di una Comunità. Le radici di questa scelta spesso risalgono alla Storia passata e a determinate situazioni, che hanno caratterizzato l’esistenza di questi testimoni esemplari[30].   
San Giacomo, nella tradizione popolare, è considerato il protettore dei viaggiatori, dei raccolti agricoli, dei profumieri e dei fabbricanti di cappelli. È invocato anche da coloro che soffrono di dolori reumatici, da coloro che combattono contro gli infedeli e dai difensori della fede contro tutte le eresie e le eterodossie. È il Patrono e Protettore primario della Spagna: e non potrebbe essere diversamente, visto il ruolo-chiave della città di Santiago di Compostela     







[1] Sebbene la più recente ed accreditata critica esegetica del Nuovo Testamento tenda ad escludere che la Lettera di Giacomo possa essere attribuita al discepolo di Gesù, fratello di Giovanni, ovvero Giacomo il Maggiore, morto martire nell’anno 44, occorre ricordare che, un tempo, questo scritto era riconosciuto con decisione a quel ‘Giacomo’ che assunse un ruolo-chiave nella comunità cristiana di Gerusalemme post-Pentecoste: infatti, molti elementi interni al contenuto della Lettera sembrerebbero accettare e confermare in essa alcuni temi morali insistenti della primitiva Comunità di fedeli e qualche differenza dottrinale rispetto alle tesi di San Paolo. Dante nel XXV canto del Paradiso (v. 33) riconosce in Giacomo uno degli Apostoli ai quali “Iesù … fè più carezza”. La maggiore contestazione, comunque, sembrerebbe essere quella che l’autore della lettera mostra di avere una mentalità ellenistica che Giacomo non poteva ancora avere, così come appare troppo elevato il livello di padronanza d’uso della lingua greca che caratterizza questo scritto. In ogni caso, si riporta in questo ambito l’intero capitolo 2, perché la si può identificare come un punto di riferimento essenziale della Chiesa nascente, poi affermatosi nella teologia cattolica sistematica successiva. [Il testo di Gc 2, 1-26 è quello della Bibbia in lingua corrente. La Parola del Signore. Nuova versione interconfessionale. Eccedici-ABU-Il Capitello, 2014]. Probabilmente, bisognerebbe accettare l’opinione che, a riguardo di questa Lettera, non si debba pensare né a Giacomo il Maggiore, né a Giacomo il Minore, ma a Giacomo, “fratello di Gesù”, uno dei capi della Comunità cristiana di Gerusalemme, secondo quella che è l’opinione attualmente più accreditata fra gli studiosi e gli esperti di esegesi biblica.        
[2] Mc 1, 16-20.
[3] Qualche esegeta ha interpretato l’affermazione di Gv 1, 35-40 [“Il giorno seguente Giovanni (il Battista) era di nuovo là con due dei suoi discepoli. Passò Gesù. Giovanni lo guardò e disse: ‘Ecco l’Agnello di Dio’. I due discepoli lo udirono parlare così e si misero a seguire Gesù. (…)] come l’indicazione che i due discepoli cui l’Evangelista fa cenno siano proprio i figli di Zebedeo e di Salome, ma è ipotesi non ulteriormente suffragata. Più valida potrebbe essere, invece, la tesi di chi vuole riconoscere nella madre di Giacomo (Salome) una delle pie donne seguaci di Gesù, testimone della sua morte e dell’annuncio pasquale della Resurrezione, presso la tomba vuota. Tutti questi elementi, in ogni caso, rafforzano l’idea che quella dell’Apostolo Giacomo il Maggiore fosse una famiglia fortemente interessata alla problematica religiosa, che viveva nella fiduciosa attesa del Messia e dello stabilirsi del Regno di Dio, diffusa nel giudaismo dell’epoca.    
[4] Mc 1, 29-31.
[5] Mc 5, 32-43; Lc 8, 49-56.
[6] Mc 9, 2-8; Mt 17, 1-8; Lc 9, 28-36.
[7] Mc 14, 32-42; Mt 26-46. Giacomo, Giovanni e Pietro non reggono di fronte al mistero della Passione del Maestro e il sonno insopprimibile che li assale rivela ed attesta, probabilmente, le difficoltà che anche i discepoli più attenti sperimentano di fronte alla sequela di Chi va incontro alla sofferenza, al martirio e alla morte.
[8] Mc 9 passim.
[9] Mc 3, 17. Il termine deriva dalla voce verbale greca boaw = dico gridando, grido, invoco gridando, canto a voce alta. 
[10] Lc 9, 51-56.
[11] Ancora attualmente il “Cammino di San Giacomo” è uno dei viaggi di formazione esperienziale umana più affascinanti e celebrati fra tutti quelli che sono tipici dell’intero Pianeta, ed ogni anno si contano a migliaia i fedeli (ma anche semplici curiosi, atei in cerca di risposte esistenziali e viaggiatori per diletto) che affrontano da tutta l’Europa parecchie centinaia di chilometri a piedi, per visitare quel celebre Santuario medioevale.
[12] Da “I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo”, Edizioni San Paolo, 2006, volume 7, pagina 114.
[13] “Aiutateci voi, o Dio e San Giacomo”.
[14] Mt 20, 20-24.
[15] Mc 10, 35-40.
[16] A proposito della morte di Giacomo il Maggiore, San Luca, al capitolo 12 (versetti 1-3) degli Atti degli Apostoli, riferisce che “In quel tempo [circa 11 anni dopo l’Ascensione del Signore, verso il periodo della Pasqua giudaica, precisa in uno scritto Clemente Alessandrino], il re Erode [Agrippa I] prese a perseguitare la Chiesa per colpire alcuni suoi membri. Fece uccidere [di spada] Giacomo, fratello di Giovanni. Accortosi che gli Ebrei erano contenti, ordinò anche l’arresto di Pietro , proprio durante le feste di Pasqua”.
[17] Rm 15, 20 e 24-28. “Mi sono però proposto di portare la parola di Dio dove il nome di Cristo non era conosciuto: non volevo costruire su un fondamento già posto da altri”. … “Ma ora che ho terminato la mia missione in questi luoghi, conto di recarmi da voi [a Roma] quando passerò per andare in Spagna, perché già da molto tempo ho il vivo desiderio di conoscervi. Spero di vedervi nel corso del mio viaggio e di essere aiutato da voi a proseguirlo. Prima però voglio godere un po’ della vostra compagnia. Ora vado a Gerusalemme, perché devo compiere un servizio a favore dei credenti di quella città. Le comunità della Macedonia e dell’Acaia hanno deciso di fare una colletta per aiutare i poveri della comunità di Gerusalemme. Hanno deciso così, anche perché era un loro dovere: infatti, i credenti ebrei hanno dato ai non ebrei i loro beni spirituali, ed è quindi giusto che questi li aiutino nelle loro necessità materiali. Consegnata ufficialmente questa colletta, e finito così il mio compito, andrò in Spagna e passerò da voi a Roma”.
[18] L’invito era rivolto a tutti i Paesi del Vecchio Continente, in particolar modo, agli Stati appartenenti all’Unione Europea, in vista di quella ‘dichiarazione solenne’ che avrebbe dovuto accogliere per iscritto, nella futura propria Costituzione, uno specifico riferimento al fondamentale ruolo svolto dalla civiltà (ebraico)cristiana nella definizione e nell’elaborazione del modello cultura e di rispetto dei diritti civili ed umani affermatosi nel Mondo. Per una serie di circostanze, non prive di un certo fanatismo laicista, tendente a non ‘discriminare’ altri modelli ideologici e religiosi, purtroppo, tale riconoscimento formale, benché corroborato da un’effettiva tradizione di secoli di Storia Occidentale, non fu, né lo è stato poi in seguito, unanimemente condiviso ed accolto.
[19] Strumento atto al sostegno, alla difesa, alla protezione contro eventuali attacchi di animali o di malintenzionati, capace di conferire autorità, prestigio e potere a chi lo detiene. Non a caso il ‘pastorale’ vescovile è nient’altro che l’evoluzione e la stilizzazione del bastone usato per guidare il gregge, così come tramandato anche da tanti riferimenti presenti nelle Scritture. Nel caso di immagini votive relative a icone di Santi pellegrini, soprattutto a Giacomo Apostolo M., viene anche definito bordone, termine sostanzialmente sinonimico.  
[20] In genere ricavata da pelli animali, come renne e/o bovini o ovini, per poter affrontare viaggi anche lunghi, in territori dove sarebbe stato difficile approvvigionarsi spesso di liquido da bere e per le abluzioni delle mani.
[21] Segno di fiducia e di contatto costante con la Madre-Terra, anche attraverso quell’associazione forte tra humus (il terreno) e humilis/humilitas (umile/umiltà) che è, o dovrebbe, sempre essere tenuto presente dal viaggiatore in pellegrinaggio, alla ricerca di sé e del proprio colloquio con Dio. In qualche caso, anche questa piccola barriera tra la pelle del pellegrino e il terreno viene abolito e c’è l’attiguità diretta con il terreno.
[22] Essa serviva come bicchiere/tazza di facile ed economico possesso e fu assunta a simbolo identitario dei pellegrini diretti verso Compostella. Grazie alla sua struttura, infatti, rappresentava un oggetto dal forte simbolismo cristiano, in quanto il guscio della conchiglia era visto come l’immagine della tomba, che racchiude l’uomo dopo la morte e fino alla resurrezione. Inoltre, in molte culture, la conchiglia è interpretata e rappresentata come un segno di fecondità e prosperità, anche al di fuori degli ambienti dei viaggiatori/pellegrini: pensiamo per un attimo alla conchiglia cui è appoggiata la Venere di Sandro Botticelli, che diffonde la vita al semplice suo apparire sulle onde. Perfino una certa tradizione mariana si serve (del contenuto) della conchiglia, la perla, per simboleggiare la posizione privilegiata e preziosa della Vergine, nella storia della Redenzione. 
[23] La simbologia ad esso legata travalica di gran lunga il collegamento con il viaggiatore che lo indossa, per le attribuzioni progressive attribuite a tale indumento: strumento per proteggere il corpo sia di giorno (dal sole e dal calore estremo) che di notte (per superare indenni lo straordinario divario termico ed il freddo intenso), oltre che salvaguardare tutti coloro che gli si affidano, mettendosi sotto di esso; mezzo per celarsi dalla insidie (anche demoniache) e per celare quanto va protetto (si pensi durante lo spostamento delle Sacre Particole); appoggio estemporaneo per camminare sull’acqua; segno del ‘potere’ speciale di chi lo indossa (dal sovrano e/o dal Pontefice in momenti simbolici, al Sacerdote quando onora solennemente il Corpo di Cristo durante la benedizione al popolo di Dio radunato per l’Adorazione); alle icone di fondatori e fondatrici di ordini religiosi che vi ospitano, sotto, i confratelli. Il Pantocratore e la stessa Vergine sono mostrati, generalmente, con questo indumento metaforico. Anche la simbologia civile e laica ricorre ad esso: pensiamo ai giudici, rivestiti da un manto di pelli di ermellino; alla tradizione, accolta nel Diritto romano classico, di avvolgere in/con un mantello il figlio del quale si intendeva riconoscere l’adozione, per conferirgli titoli e privilegi; ecc.
[24] Utile per chi viaggia a piedi per lunghi tratti.
[25] Serve a portare non il superfluo, ma l’indispensabile: ad esempio, il testo o il rotolo delle Scritture, quando questi due ultimi elementi non sono esplicitamente mostrati iconograficamente.
[26] Giusto Menabuoi da Padova, vissuto nel XIV secolo, originario di Firenze, fu operoso a Padova dove decorò il Battistero.
[27] Deriva dal tardo latino patronatum, voce dotta legata a patronum da pater (più evidente al genitivo singolare, patris) e intimamente collegabile al ruolo egemone svolto nella cellula fondamentale di ogni comunità umana di base, del paterfamilias.
[28] Non equivochiamo sulla parola: nel Diritto romano è nient’altro che un atto autonomo da parte del padrone, che concede, motu proprio, spontaneamente, la libertà dalla schiavitù ad un servo, lo “affranca”, lo dichiara libero per meriti speciali o per semplice generosità o simpatia personale.
[29] Protectorem: da protector, cioè ‘pro’ = a favore di, e tego , is, texi, tectum, tegere = coprire, velare. Il significato più convincente e compiuto, quindi, è quello di proteggere, accompagnare, riparare.
[30] Nell’epoca medievale, si ricorreva ad un particolare strumento, per ribadire e rinverdire narrazioni anche complesse: ai cicli pittorici di Cappelle e ambienti religiosi che, vera Biblia pauperorum, consentivano la narrazione progressiva di storie lunghe e complesse, che anche gli analfabeti primari potevano “leggere” e capire con evidenza palmare, superando l’ostacolo della lingua e della cultura. Ciò rappresentava il riconoscimento dal basso di una fiducia nel protettorato di un Santo e, per un altro verso, ne favorivano la diffusione della fama. Si pensi, a conferma di quanto appena detto, al ciclo pittorico giottesco delle pareti della Basilica Superiore di San Francesco, ad Assisi; alla Cappella padovana degli Scrovegni; alle Logge e Stanze Vaticane di Raffaello; alla ‘Sistina’ michelangiolesca; ecc.



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