Marano, una città da rifondare: oggi come ieri?

                                     


“Fuggire dall’inferno”: è il titolo di un editoriale di settembre 1992, pubblicato in prima pagina del periodico “IdeaCittà”. Oggi come ieri?

Riproponiamo  quel fondo che scrivemmo all’epoca, esattamente un anno dopo lo scioglimento del consiglio comunale per camorra del 1991

Dopo i due mesi di pausa estiva, per la redazione di IdeaCittà la ripresa dell’attività giornalistica è, da diversi anni, progressivamente sempre più snervante. Quanto più si conosce la realtà (intendendo fatti e personaggi che la determinano) tanto più il potenziale entusiasmo che ha fatto nascere IdeaCittà va esaurendosi. Fino a giungere all’amara e ricorrente conclusione che forse Marano non merita neppure un giornale perché non merita di essere raccontata. Definire la nostra una città fu, nel 1981, un grosso atto di presunzione. Tutte le aspettative sono state tradite. Ormai, tra i sogni di parecchi cittadini con forti radici a Marano, il più ricorrente è quello di andare via.  
Mete preferite di queste sognate fughe sono l’Umbria, la Toscana e le Marche. Come dire: una voglia di tranquillità, di pulizia, di ordine, di una convivenza civile regolata da istituzioni all’altezza del compito, di qualcosa per cui valga la pena uscire dal guscio. Eppure la becera, truculenta e pacchiana subcultura maranese non può sopravvivere a se stessa. E’ già qualcosa di improponibile fuori dai nostri confini comunali: un ecosistema chiuso che lascia troppo poco spazio ad ogni seria iniziativa. Immondizia, polvere, strade rotte, traffico caotico, motorini invadenti e rumorosi, scuole alla mercè di teppistelli arroganti, abusi macroscopici, gente che ha svenduto il sorriso, totale mancanza di servizi. Il quadro è veramente nero!
Quando fu sciolta l’Assise cittadina dal ministro Scotti, c’era una classe politica allo sbando per biechi interessi o per ottusa ampollosità. L’arrivo dei commissari straordinari fu salutato dalla stragrande maggioranza della gente come un necessario fermo biologico per ripristinare ciò che era andato perduto dagli anni del dopo terremoto. Ci si aspettava che le strutture dei partiti venissero ridisegnate in un modo più confacente alle esigenze di nuove prospettive. Niente è stato fatto. Le attività vitali nelle sezioni politiche sono andate spegnendosi, non essendoci potere da spartire. E i commissari a mezzo servizio in questa città bisognosa invece di guida continua, non hanno saputo o potuto offrire una buona prova di sé. Ma c’è chi è convinto che qualsiasi altro commissario, anche a tempo pieno, sarebbe inutile per le sorti della città, quando l’apparato burocratico comunale, così come è stato forgiato anche nell’aspetto gerarchico, resta una struttura inqualificabile, e questo al di là di ogni ipotesi di condizionamento.
La cultura? Quelle poche offerte culturali, in genere, hanno avuto il torto di apparire come stereotipi incapaci di contribuire ad elevare il livello di vivibilità collettiva. Per questo forse non hanno avuto presa su cittadini apparentemente refrattari ad ogni forma di partecipazione. Conseguenza: il tasso di umanità sta andando a farsi benedire, soprattutto tra i maranesi che sfoggiano titoli di studi conseguiti a buon mercato.
Ritrovarsi, quindi, in una Marano abulica è quanto di meno peggio potesse capitarci. In queste condizioni non vale la pena a cercare attraverso il giornale, un dialogo con i sordi, con gente che si accontenta di avere un Maradona a Napoli per sentirsi realizzata.
Se per l’inizio del 1993 non dovesse emergere neppure un briciolo di speranza di rinascita, il giornale sospenderà il suo lungo ciclo di pubblicazione, come gesto più eloquente di insofferenza alla morte civile.


Visualizzazioni della settimana