Linea ferrata a Marano e dintorni, se ne parla da anni ma tutti i progetti sono andati in fumo nel silenzio generale: l’opera venne finanziata per 30 milioni, persi per incapacità amministrativa. Ora vedrà la luce con il Recovery Plan?
Dov’erano quelli che oggi chiedono una
linea ferrata per il nostro territorio? All’epoca scomparvero tutti: ora
vorrebbero prendersi il merito di aver rilanciato la proposta. Egregi signori
ben intenzionati, è giunto il momento di
agire e far seguire alle parole i fatti, perché un altro “treno”, quello del Recovery
Plan, difficilmente arriverà
Dopo la soppressione della ferrovia Alifana, l’idea di ricollegare Marano con Napoli attraverso una linea ferrata non è mai mancata agli amministratori che si sono succeduti dal 1987 al 2008, dopodiché se n’è parlato solo in qualche convegno: l’ultimo, intitolato “Connessioni metropolitane, strade e linee su ferro” , si svolse il 24 novembre 2011 (all’epoca era sindaco Mario Cavallo) a Palazzo Merolla, organizzato dai giovani socialisti e dall’associazione Agorà, presieduta da Franco De Magistris
Cronistoria dei fatti. A gennaio del 1989, il Consiglio comunale, riconobbe la validità di un progetto redatto dall’ingegnere Renato Cristiano. Quel progetto, però, non aveva finanziamento e per lo stesso incarico non è mai risultato alcun atto, tanto che l’ingegnere, non essendo stato pagato, fece ricorso al Tar, chiedendo un risarcimento di circa tre miliardi di vecchie lire, mai ottenuto. Si tornò a parlare di un collegamento ferroviario di Marano con Napoli nel 1995. L’allora sindaco Bertini dichiarò al giornale L’attesa : “Stiamo studiando, di concerto con la facoltà di architettura, la possibilità di agganciarci alla strada ferrata che dovrebbe collegare Quarto con la metropolitana collinare, inserendoci nel piano intermodale dei Campi Flegrei”. Non se ne fece più niente.
Il 10 giugno del 1996, in un convegno alla Galleria
Primavera, venne presentato alla stampa e alla città il progetto degli
architetti maranesi Guarino e Pugliese per l’allestimento di un metrò
subcollinare: una tangenziale ferrata che, passando per buona parte sull’alveo
dei Camaldoli, doveva collegare la stazione di Piscinola a quella della
circumflegrea di Quarto. Quel progetto è rimasto sempre nel cassetto poiché
troppo costoso. Di lì a qualche mese, l’ex sindaco Bertini rilanciò: contattò i
tecnici dell’Ansaldo per cercare di portare nella nostra città il progetto
Stream, una sorta di tram elettrico che aveva già dato buoni risultati nella
città di Trieste. Ma l’innovativo sistema di trasporto ecologico, nonostante
desse ampie garanzie dal punto di vista dell’impatto ambientale e potesse
essere realizzato in tempi brevi, fu scartato dagli amministratori perché i
costi eccessivi (circa 50 miliardi di lire) non erano sopportabili dalle casse
comunali.
A settembre 1998, messo da parte Stream, spuntò il
Micrometrò, il fatidico tram leggero che è diventato per anni un tormentone e
che però è rimasto sulla carta. Nel 2006 sembrava fosse arrivato il momento
giusto: l’allora assessore regionale ai Trasporti, Ennio Cascetta, annunciò
l’avvio della fase di redazione definitiva del progetto che fu approvato anche
dal Consiglio provinciale di Napoli. Venne redatto dalla RTI Progin -Sintra che aveva vinto, a settembre 2005,
una regolare gara d’appalto europea per un importo di 371mila769 euro (base
d’asta 464.811,20 euro).
A febbraio 2008, l’ingegnere Sergio Negro, dello staff
di Cascetta, dichiarò al giornale l’attesa che erano stati risolti i problemi
logistici che si erano presentati e che era imminente la pubblicazione della
gara d’appalto che prevedeva sia l’assegnazione dei lavori sia la
redazione del progetto esecutivo cantierabile, poiché era stato reperito
anche il finanziamento di 30milioni di euro per l’opera. La cosa,
quindi, sembrava fatta. Dopo qualche mese, però, trapelò la notizia che i
fondi, dati per certi, furono dirottati altrove.
“Quand’ero capogruppo del Pd alla Provincia di Napoli
– disse Raffaele Topo all’epoca consigliere regionale – il Consiglio
provinciale approvò il progetto definitivo, mentre Cascetta s’impegnò a
finanziare l’opera. Dopodiché venimmo a
conoscenza che la concessione del tram leggero fu demandata a Metrocampania.
Anche io, seppi, però che i fondi furono dirottati sulla nuova tratta della
linea 1 del metrò collinare”.
Una domanda sorge spontanea: dove erano i nostri
rappresentanti istituzionali alla Provincia e alla Regione, e gli stessi
amministratori locali, mentre si decideva che il finanziamento per Micrometrò
fosse dirottato verso altri lidi? Nessuno degli esponenti politici locali fece
una protesta, un’azione legale, una rimostranza. Così si perse l’ultima
possibilità di decongestionare la nostra area, ma soprattutto di ridare a
Marano quello che, in passato, aveva già avuto, vale a dire due stazioni della
vecchia Alifana.
“Io – dichiarò l’ex sindaco Bertini (agli arresti domiciliari da febbraio 2020, ndr)–
mi sarei incatenato giorno e notte davanti alla Regione, ma non avrei mai
consentito in maniera passiva un simile scippo”.
Lo “scippo” venne
confermato dall’ing. Nello Polese,
all’epoca presidente dell’EAV (Ente Autonomo Volturno), invitato al convegno svoltosi a
Marano nel 2011.
“Prima di venire qui – esordì Nello Polese – mi sono documentato, studiando le carte. Il tram veloce non c’è più. C’è stato un progetto finanziato con 30milioni di euro, poi, in seguito ad alcune conferenze di servizi, i costi sono lievitati a circa 40milioni di euro, per questioni di reperti archeologici rinvenuti sul tracciato, dopodiché è stato cassato dai programmi di sviluppo delle Regione Campania.
La vecchia
amministrazione regionale e il Comune di Napoli, amministrato all’epoca dalla
Iervolino – aggiunse Polese – hanno voluto le stazioni dell’arte,
costate mediamente 80 milioni di euro l’una, contro la media nazionale che è di
40milioni. Se fosse stato seguito un criterio diverso si sarebbero risparmiati
circa 500milioni di euro, così i 40 per il tram leggero sarebbero stati una
bazzecola. Ora la cosa è ancora possibile ed è giusto che si riparta dalla
politica. Quello che possiamo fare è dare una mano per fare un aggiornamento
progettuale e una nuova valutazione economica del rapporto benefici-costi,
quindi avere a disposizione dei dati sui quali cominciare a ragionare e da
consegnare alla Provincia (oggi, Città Metropolitana, NdR). Successivamente si
fa un bando in project financing, dove il privato mette a disposizione i
capitali per la realizzazione dell’opera, il cui ristoro avviene attraverso gli
introiti dei biglietti. Dovendo però i biglietti, per una questione sociale,
avere un costo contenuto, è giusto che il pubblico contribuisca per finanziare
una parte dell’opera. Così si fa in tutto il mondo, non vedo perché non
dovrebbe farsi anche da noi. Adesso bisogna lavorare per far inserire il tram leggero,
visto che l’opera è stata abolita dal decimo piano regionale dei trasporti, nel
prossimo piano”.
Nonostante tutto, l’opera non è stata mai inserita nei piani regionali che si sono susseguiti negli anni, perché la politica maranese e dell’hinterland è stata completamente assente.
A giugno 2019 la mozione sui trasporti pubblici e Micrometrò del gruppo “L’Altra Marano” venne bocciata in Consiglio
La mozione di indirizzo sul trasporto pubblico e Micrometrò, proposta dal gruppo “L’Altra Marano” (prima firmataria Stefania Fanelli), venne respinta nel Consiglio comunale del 3 giugno 2019: 8 i voti favorevoli (minoranza); 14 quelli contrari; un astenuto, il presidente del Consiglio comunale Mimmo Paragliola.
Nel testo della mozione c’era scritto testualmente “…si impegna l’amministrazione a farsi portavoce della vertenza area nord presso gli enti sovracomunali al fine di reperire i fondi per arrivare alla realizzazione del Micrometrò che possa mettere in rete i vari Comuni a nord di Napoli”
Il consigliere di maggioranza Ciro Marzi: “Volevo dire due cose a Bertini (era ancora presente in Consiglio comunale Ndr). Per quanto concerne le linee degli autobus nelle periferie, l’amministrazione si è impegnata andando più volte in Regione. Riguardo il trenino, per me è un giocattolo, un errore che stava facendo all’epoca Bertini, perché oggi stanno annullando tutti i passaggi a livello in quanto ritenuti pericolosissimi, e sulla tratta del Micrometrò ne erano previsti diversi. E’ inutile che facciamo sognare la città “Se saliva Bertini si faceva il trenino”: con i trenini giocano i bambini. Quello era un progetto da buttare ed ha fatto bene Perrotta (ex sindaco) ad abolirlo. E’ giusto che la gente debba avere i pullman, ma il progetto dei trenini lo possiamo pure cancellare dalla nostra memoria perché era fallimentare per la città”.
La storia del Micrometrò: dall’accordo di programma alla perdita dei finanziamenti