Esclusiva calvizzanoweb, reo di Stato il parroco Annibale Mirabelli: il sacerdote calvizzanese fu arrestato e morì a Genova nel forte di Compiano. La sua famiglia era di sentimenti borbonici

 Ne parla il compianto don Giacomo Di Maria, storico e scrittore, in una sua trilogia:  alcuni anni fa scovammo l’articolo nella biblioteca del Comune. Ve lo proponiamo


Palazzo Mirabelli
Gli antichi vedevano nel numero “tre” il segno della perfezione: “Omne trinum perfectum est”. E’ stato questo classico detto (un aforisma dei dotti ecclesiastici, forse memori della SS. Trinità) che mi ha spinto a dedicare un trafiletto al primo dei tre singolari personaggi della casata “Mirabelli”, dopo averlo già fatto per gli altri due. Li ricordo perché non se ne perda la memoria: Annibale Mirabelli, un parroco esiliato; Antonio Mirabelli, un cattedratico poeta, un “Virgilio cristiano”; Giuseppe Mirabelli, un magistrato e senatore, creato Conte.
Ne è venuta fuori, perciò, una trilogia che, pur abbozzata senza rifinitura, non manca – io penso – di suggestione.
Annibale Pasquale Giuseppe Mirabelli, figlio del “dottor fisico” (medico) Salvatore Maria Domenico Pietro Aniello Mirabello (Mirabelli) e di donna Carmina Crispino, nacque a Calvizzano il 5 settembre 1735(. ..). Nel libro VI dei Battezzati della Parrocchia di Calvizzano, al foglio 89 leggiamo che fu battezzato il 6 dello stesso mese. Prese possesso del beneficio parrocchiale di Calvizzano nei primi giorni di settembre del 1770. Dopo il 26 maggio del 1806 (ultima sua firma in atti parrocchiali) troviamo “come Economo Curato” il reverendo don Eligio Giaccio, fino alla vigilia del possesso del Parroco Giordano, avvenuto il 22 ottobre 1810, come ha scritto lo storico di Calvizzano, Prof. Raffaele Galiero.
Non mi è riuscito sapere nulla di così lunga “vacatio”, finché alcuni anni fa (inizio anni ’90, Ndr) mi capitò tra le mani il manoscritto del pio zelante padre spirituale della Congrega dell’Assunta, don Pasquale Giglio, cultore di memoria storiche, il quale, accennando al parroco Annibale Mirabelli, dice che questi fu “carcerato” (arrestato) a Napoli. Tale notizia sfuggì al nostro storico Galiero, che pure consultò il manoscritto suddetto, perché vi attinse notizie circa l’egregio anzidetto Pasquale Giglio.
La scarna notizia dell’arresto del parroco Mirabelli mi ha indotto a ricercarne il motivo, pensando che esso dovette essere di natura politica. La sua famiglia, come è facile congetturare, era di sentimenti borbonici  e non osannava gli usurpatori francesi che in quel momento imperavano a Napoli.
Resto sorpreso e appagato nel poter leggere un estratto di memorie familiari manoscritte, il “Libro di famiglia Mirabelli”, conservato gelosamente dalla N.D Sig.na Maria Ida Pensa, la cui madre Maria Teresa, morta a Napoli, era figlia del compianto conte Avvocato Domenico Mirabelli.
Dal contesto della semplice narrazione si rileva che alcuni Mirabelli ed altri furono “accusati rei di Stato”. Riporto in sintesi la parte che ci interessa.
Annibale, Salvatore e Gennaro Mirabelli, insieme con i due nipoti Domenico e  Giacomo, furono chiamati dal Prefetto di Polizia di Napoli, in quanto risultavano tutti e cinque “ad mandato” per essere stati accusati rei di Stato. Dopo un mese, i tre fratelli Mirabelli uscirono dal Palazzo della Prefettura e furono carcerati nel largo dello Spirito Santo, dal tenente Morelli e dal cadetto Lara, i quali deposero che i tre fratelli andando a casa gridarono che non era vero che la città di Gaeta era stata occupata, ma che tra breve veniva l’armata della Calabria e riprendeva Napoli.
Dopo essere stati detenuti quattro mesi nelle carceri di Santa Maria Apparente alla Vicaria, si fece la causa nel tribunale straordinario e i tre fratelli Mirabelli risultarono colpevoli, mentre i due nipoti seguirono ad essere soggetti “ad mandato per lo Palazzo”.
Innocenti erano gli accusati, falsa era l’accusa sia dei denuncianti sia dei testimoni nemici degli accusati (forse dovette esserci una congiura contro i francesi), i quali non contenti del male fatto, riuscirono ad ottenere un dispaccio del re, in data 2 novembre dello stesso anno 1807, per il quale i tre fratelli Mirabelli e i due nipoti erano condannati all’esilio fuori del regno, e precisamente nel forte di Compiano, terra di Genova.
Immediatamente i nipoti e gli zii furono arrestati e imprigionati nel carcere di santa Maria Apparente. Intanto, nella notte del 2 novembre fu implorata la grazia per i due nipoti, spiegando al re che essi non meritavano il castigo. E il re concesse loro la grazia, per cui uscirono dal carcere prima di Natale, mentre i tre fratelli furono esiliati nel citato forte di Compiano, dove, appena giunti, si ammalarono di febbre altissima e il Parroco don Annibale morì.

Giacomo Di Maria            

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