Racconto
tratto dal libro di Salvatore Fioretto
(fondatore di piscinolablog) "Piscinola, la terra del Salvatore"
Questo rudere archeologico è
situato in mezzo allo spartitraffico di Via Tancredi Galimberti ed è stato in
parte interrato a seguito della costruzione di quest’asse stradale, avvenuta
agli inizi degli anni ’70. Secondo le ricerche archeologiche condotte dagli
studiosi negli scorsi decenni, questi resti appartengono, con ogni probabilità,
ad una casa romana di censo agiato. Ne sono testimoni anche la conformazione
delle mura, costruite in “opus reticolatum”.
Infatti in vicinanza di queste
mura, durante la costruzione del “Rione 167”, sono stati rinvenuti molti resti
di una necropoli osco-romana. In occasione della prima guerra mondiale, si sa
che i giovani si rifugiarono nelle cavità presenti al suo interno, per
nascondersi e sfuggire alle perquisizioni dei Carabinieri, che andavano in giro
alla ricerca dei disertori di guerra. Il rudere era detto anche “Casa dei
serpenti”, per lo stato di abbandono in cui versava e per la presenza di
rovi e di tane di serpenti al suo interno. Un alone di mistero ha sempre
aleggiato intorno a queste vestigia, con leggende tramandate di generazione in
generazione. Una di questa è da ricondursi al fatto che il rudere presentava
un’enorme cavità al suo interno e veniva utilizzato dalla gente per eliminare i
cani randagi. Infatti, una volta che venivano qui gettate, le povere bestiole
non potevano più fuoriuscirne e morivano di fame e di sete. Queste perciò
ululavano e abbaiavano per giorni interi. I loro “lamenti” venivano interpretati
dai bambini, ma anche dagli adulti, come voci di fantasmi e di entità
misteriose.