Elezioni a Calvizzano, andare a votare pensando alla rivoluzione che deve fare il Sud (repetita iuvant)

 


La ricetta di un grande intellettuale contro clientele assistenzialismo con qualche nostra considerazione

 Di “Questione meridionale” si discute da una vita. Lo hanno fatto i massimi intellettuali e pensatori italiani a partire dall’ottocento: Antonio Gramsci, Giustino Fortunato, Pasquale Villari, Gaetano Salvemini, eccetera eccetera. Classi dirigenti di ogni epoca e di varia estrazione (anche meridionali) hanno investito e più spesso dilapidato risorse pubbliche immani nel tentativo, inutile, di invertire la tendenza.

Lo smisurato sviluppo di una pubblica amministrazione (soprattutto gli enti locali, dove sono stati piazzati a lavorare il 90% dei raccomandati, a discapito di quelli più meritevoli) molto spesso inefficiente e parassitaria è il risultato più evidente di una politica che al Sud ha cercato (e trovato) soprattutto gigantesche clientele elettorali. Ormai dalle nostre parti la nostalgia delle radici confligge sempre più con l’impossibilità di vivere in una società (sempre più estranea agli onesti e a quelli che fanno il proprio dovere) oppressa dalla malavita e da un asfissiante familismo, ricca di vincoli parentali, povera di spirito di cittadinanza. La sola certezza è che niente potrà mai cambiare al Sud, se non si cambia dal basso. Senza una vera e propria rivoluzione della cultura e dei comportamenti, inevitabilmente traumatica, che metta in discussione familismo, padrinaggio, paternalismo, clientelismo, e tutto ciò che fa discendere dall’alto le conquiste della vita: la libertà, l’Indipendenza economica, l’autonomia dell’individuo, la dignità (sarebbe il caso di soffermarsi un po’ di più su quest’ultimo sostantivo). Quando e se questa rivoluzione possa accadere, nessuno lo sa. Molti spiriti liberi ci hanno provato e ci provano. Molti di costoro (Da Placido Rizzotto a Peppino Impastato a Pio La Torre a don Diana a molti giudici e Servitori dello Stato) sono stati ammazzati, perché il Sud è così malato, cieco e sordo da uccidere i suoi figli migliori. Ma moltissimi altri lottano e lavorano, vivono e sono di esempio: imprenditori che non pagano il pizzo, sindaci che provano a fare il sindaco, giovani che si inventano cooperative, associazioni come Libera di don Luigi Ciotti che trasformano i beni sequestrati a mafiosi e camorristi in terra feconda, produttiva, appunto libera. Il guaio è che di queste cose, purtroppo, se ne parla sempre più poco.

Noi cerchiamo umilmente di farlo mettendoci la faccia (anche da “giornalai”, come ci apostrofa continuamente qualche mediocre che ha contribuito a far sprofondare nel baratro il nostro paese) ma ci rendiamo conto che la strada è ancora molto lunga e tortuosa.  Non vogliamo aggiungere altro per non influenzare le scelte dei lettori, ai quali rivolgiamo solo un consiglio: votate dove vi porta il cuore, e solo per incontrare un altro palpito di vita. Per chi usa e ha usato la politica come fonte di arricchimento o come modo per agevolare immeritate carriere, non vale la pena neppure spendere una parola. Apparteniamo a mondi diversi, dove forse non ci si incontra neanche per un saluto.    

 

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