A 10 anni dalla morte dell’avvocato maranese Giuseppe Carandente Giarrusso: il ricordo di suo figlio Carlo, anche lui penalista
“Rimarrà nei nostri ricordi il grande esempio lasciatoci
anche nella sofferenza dell’ultimo periodo, racchiuso tutto in queste poche righe
che rivolse ad un collega : “ Caro Aldo .. Mi vado riprendendo, con ancora
qualche difficoltà, ma io, testardo e combattente come quelli delle nostra
generazione, non mi arrendo”
Con l’emozione comprensibile e con la coscienza
dell’inadeguatezza ho aderito all’invito rivoltomi dalla redazione di
“Calvizzano web e dintorni”. Con umiltà e senso di misura.
Non è facile ricordare la figura paterna soprattutto per
chi come me ha lavorato a contatto di gomito con lui per quasi diciotto anni,
ma proverò ugualmente a tracciarne un breve profilo, anche per mettere ordine
nella congerie di ricordi che affollano la mente in momenti come questo e che
rischiano di offuscare il senso e il significato profondo di un’esperienza di
grande valore umano e morale.
Non renderei un buon servizio alla verità e soprattutto a
lui se cedessi alla tentazione dell’approccio celebrativo. Per i tanti che lo hanno conosciuto, infatti, in tal caso mi
candiderei certamente ad un invito deciso e bonario, come spesso faceva, ad
evitare qualsiasi forzatura della realtà e ogni genere di piaggeria e
ipocrisia.
Certo, mio padre, l’Avvocato Giarrusso come erano in tanti
a chiamarlo o Peppino come molti amici preferivano, non frequentava salotti
né conduceva una vita mondana, sprovvisto com’era di ogni attitudine alla
dissimulazione, alla mediazione ad oltranza e ai compromessi al ribasso. Di
lui ricorderò l’uomo e padre che ha fatto della sincerità e della autenticità
la sua cifra più vera: l’ipocrisia, il discorso obliquo, l’ambiguità, la
scissione schizofrenica tra il dire e il fare, i vizi privati e le pubbliche
virtù, la supponenza, la saccenteria erano i suoi nemici giurati.
Conformemente alla sua natura e alle sue umili origini che
era pronto a ricordare con orgoglio, apprezzava invece fortemente i semplici,
i puri di cuore, le persone autentiche e non costruite, gli onesti e
soprattutto chi, come lui, praticava il precetto: sii sempre te stesso.
Era un uomo profondamente libero e del tutto alieno dalla
adesione a mode e stereotipi di ogni genere; amava il suo lavoro, da un lato
perché lo metteva in contatto quotidiano con la gente, dall’altro e,
soprattutto, perché gli consentiva di porre in pratica l’inestinguibile anelito
di giustizia che lo ha animato per tutta la vita.
A tali qualità univa poi la capacità di far vivere a chi
lo frequentava la dimensione della storia e della memoria della comunità
maranese. Non già pettegolezzo, non mero colore o folklore, ma racconto e
narrazione della cultura e delle tradizioni della sua città. Molti ancora
incontrandoci dicono che aveva la straordinaria capacità di rendere interessante anche la vicenda di
cronaca apparentemente banale, evidenziandone i più nascosti ed insidiosi profili
di criticità.
Professionalmente, come avvocato era dotato di grane
intuito, di notevole personalità e di grande umanità. Fu un avvocato completo
per preparazione giuridica, per dialettica. Asciutto, essenziale nel pensiero, mi ha insegnato
rigore e coerenza, cioè l’opposto dell’atteggiamento oggi più diffuso. Ricordo
sempre il grande affetto e vicinanza che aveva nei confronti dei giovani
avvocati, spronandoli a superare le quotidiane difficoltà e lanciando spesso
loro l’unico messaggio che va realmente lanciato ai giovani, ovvero quello di
puntare alla qualità, sia nel senso della qualificazione professionale, sia
in quello della qualificazione etica e deontologica, perché etica e
professionale oramai diceva sono un binomio inscindibile e costituiscono la
base di quello sarebbe dovuto essere il futuro della professione
Alla
passione per il suo lavoro, affianco la passione per la vita politica, quella
passione che spesso esprimeva nei suoi
interventi, non andando mai fuori le righe, ma pur sempre critica e
determinate, ed alcune volte anche scomoda.
Rimarrà nei nostri ricordi il grande esempio lasciatoci
anche nella sofferenza dell’ultimo periodo, racchiuso tutto in queste poche righe
che rivolse ad un collega : “ Caro Aldo
.. Mi vado riprendendo, con ancora qualche difficoltà, ma io, testardo e
combattente come quelli delle nostra generazione, non mi arrendo.
E spero.
Vivo con
lo stesso stato d’animo di chi collocato nella riserva, con la grande
speranza di poter rientrare nell’agone con lo stesso entusiasmo che mi ha
accompagnato durante tutti questi anni “.
Qualcuno ha detto che il tempo allevia il dolore, beh, quel
qualcuno aveva torto: il tempo non riempirà l’enorme vuoto che ha lasciato in
noi, dentro tutti quelli che lo amavano e che nel ricordo continueranno ad
amarlo … !
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Carlo
Carandente Giarrusso