Freedom-Libertà
“…se un giorno tornerà la vita, sia libera e
nuda, perché la libertà sia resa all'anima senza legami”
Il post del poeta Vincenzo Di Maro, calvizzanese emigrato in prov. di Varese
“Dacché ho ricordi sono sempre vissuto tra i
cinguettii e i trilli degli uccellini. Mio padre allevava esotici e canarini.
Negli anni i miei sogni palingenetici, le mie visioni sono sempre stati legati
al volo o alla morte degli uccelli. Negli ultimi sei anni sono tornato allevatore:
anche se non ne ho parlato tanto spesso, le mie anime alate hanno vinto premi
internazionali, sono state apprezzate. Tutto per un vecchio sogno di mio padre,
per la passione del mio amatissimo nonno materno. Ma da mesi l'accudimento -
impegnativo, difficilissimo - dei miei uccelli non è più un congiungimento agli
avi né un ponte verso il futuro. In questo terribile momento io stacco i piedi
dall'ombra dei miei avi, salvo me stesso e i miei bellissimi uccelli cedendoli
per niente. Lo faccio perché, se un giorno tornerà la vita, sia libera e nuda,
perché la libertà sia resa all'anima senza legami. Anche una casa, così come
una gabbia o una famiglia, è un carcere. La mia casa sarà sempre poverissima,
qualcosa sarà sempre fuori posto, lo sanno bene gli amici. Se sarò ancora vivo,
non abbellirò il mio carcere: viaggerò crudo per la verità o per niente, fino
alla fine”.
In questa straordinaria sequenza intima di pensieri, colta e
colma di bellezza coinvolgente, Vincenzo ci regala uno dei suoi momenti di
raccoglimento intimo e molto fecondo tipiche della sua forza creativa. Chi lo
conosce sa che possiede uno spessore poetico non comune. Qui lo cogliamo
immerso in una riflessione sul suo passato e la sua passione che lo ricollega
attraverso la memoria alla sua amatissima famiglia. La cura e la compagnia
degli uccellini da canto che l’ha visto impegnato fino a questo momento, gli ha
dato modo di riflettere su alcuni aspetti della vita come la “prigionia”
dell’anima come conseguenza di un mondo che sbanda verso eccessi e follie. Egli
ha allevato e curato uccellini e con non pochi riconoscimenti internazionali,
questa sua attività lo teneva ancorato alle sue radici che si rinnovavano verso
un futuro e un’identità ben definite non tanto attraverso ricordi e memorie
chiare ma con l’ausilio di immagini che nel loro insieme ossimorico volo e morte
(degli uccellini) costituiscono l’unicum “vita-morte”. Tuttavia, oggi Vincenzo
riconsidera la condizione di cattività di questi dolcissimi animaletti simile a
una menomazione dell’anima. Traccia un segmento coerente di paragone tra la
gabbia, la casa e la famiglia come centri di “detenzione affettiva” dove si é
legati come a un masso di piombo. Potentissima la rappresentazione simbolica
del distacco dei piedi (le sue radici) dall’ombra dei padri. Sappiamo che con
le parole Vincenzo sa dirci quello che vuole ed è per questo che la sua
riflessione acquista un prezioso significato educativo. In un momento come
questo che lo porta a un ripensamento delle priorità (attaccamento alla memoria
o alla libertà?). Vincenzo sceglie di liberarsi dal peso di questa immagine pur
sapendo che quella casa, la sua, non somiglierà più al suo mondo almeno non del
tutto. Pur consapevole del cambiamento cui si pagherà un tributo, egli permette
all’anima di divincolarsi dall’incanto della prigionia, da un mondo malato di
follie e verso i ricordi che non sanno più (almeno in questo momento di riflessione)
essere futuro, tempo che verrà. Mi permetto umilmente di testimoniare qualche
immagine mnemonica di Vincenzo Di Maro. Anche io ricordo molto bene gli
uccellini che cantavano impettiti e orgogliosi per tutto il giorno a casa sua: era un’oasi serena circondata dal mondo che
come al solito correva impazzito verso chissà cosa. Grazie a Vincenzo che ci
dona sempre momenti di incanto in un mare grigio di parole, frastuoni molesti e
vacui chiacchiericci. Un grazie a Mimmo, come sempre sensibile e disponibile
verso la bellezza e la poesia.
Enzo Salatiello