Calvizzano, esclusiva calvizzanoweb: le foto dell’abbattimento delle poche mura della vecchia chiesa San Giacomo rimaste in piedi fino alla metà degli anni ‘80
Ce le ha inviate Davide
Fabris, archeologo, storico e giornalista, tra i fondatori dell'Archeoclub Mugnano (oggi N'Azione
Napoletana)
“Quelle mura – scrive Barleri
nell’introduzione al suo libro “Testimonianze archeologiche Romane a
Calvizzano” – erano l’altra testimonianza di Calvizzano per i pendolari
della strada ferrata “Piedimonte” che vi passava vicino. Purtroppo un bel
giorno scelte sbagliate decretarono l’abbattimento delle mura. Fu una ferita
profonda non solo al buon senso, ma anche alla storia, della quale ancora
restano i segni”.
Le mura rappresentavano una delle
facciate della chiesa: le fece abbattere senza autorizzazione don Peppino
Cerullo (all’epoca parroco di Calvizzano e deceduto all’inizio degli anni ‘90)
come scrisse Francesco Vastarella in un articolo apparso sul “Mattino” del 19
agosto 1988, intitolato “Luce sulla città romana: a Calvizzano scoperta una
villa di epoca imperiale”. Questo fatto scatenò una polemica con la
Soprintendenza.
“Era l’unica cosa rimasta in piedi ed
era pericolante, poteva cadere addosso ai passanti – si giustificò
don Peppino -. Costruendo la nuova chiesa potremo salvaguardare le
testimonianze da eventuali malintenzionati”.
In quel periodo, infatti, essendo l’area
di proprietà della Curia arcivescovile di Napoli, l’amato parroco di
Calvizzano, tramite l’architetto Salvatore Manco presentò un progetto di
ricostruzione della Chiesa. Poi non se ne fece più niente.
Oggi, quello che è rimasto
dell’antica chiesa è completamente coperto da erbacce e
arbusti che hanno raggiunto l’altezza di alcuni metri. L’immagine che si
presenta a coloro che percorrono via San Giacomo o via Raffaele
Granata e puntano gli occhi su quel pezzo di storia è sgradevole e fa gridare
alla vergogna.
“Perché non si provvede – scrivemmo su
questo blog circa due anni fa - a togliere tutta quella sterpaglia e a
bonificare il sito per mantenerlo in uno stato più dignitoso? Anzi, a nostro
avviso, sarebbe il caso di recintarlo, illuminarlo e posizionarvi delle
telecamere, in grado di monitorarlo con continuità, anche per evitare gli
“appetiti” dei soliti vandali e predatori di cose antiche. Tra l’altro il
proprietario dell’appezzamento di terreno dove sono ubicati i resti della
vecchia chiesa è la Curia arcivescovile di Napoli, per cui dovrebbe esserci un
interesse maggiore a far “risorgere” e preservare quello che rimane di una
delle chiese più antiche della Diocesi di Napoli.
D’altronde la Soprintendenza, in seguito
agli scavi degli anni ’80, nella sua relazione finale invitava le autorità a
seguire due possibili strade: quella di salvaguardare e restaurare il tutto,
conseguendo precise indicazioni della Soprintendenza stessa; in alternativa,
quella di interrare il tutto. Data la carenza cronica di fondi comunali e
diocesani, la scelta cadde sulla seconda ipotesi. Dopo tanti anni di non
curanza da parte di tutti i soggetti preposti, è giunto il momento di agire. Tocca
alla prossima amministrazione mettere in piedi un progetto che miri alla rivalutazione
archeologica della zona.