Il senso de “La mia vita dietro l’arte”: più che uno spettacolo un regalo a tutti noi dell’artista calvizzanese Ivano Felaco
Ore 17,30 di domenica 20 ottobre, due pulmini carichi
di una ventina di calvizzanesi partono dal “parcheggio Galiero” , destinazione
Montemiletto (AV), ospiti del tatuatore, pittore, artista ecc. Ivano Felaco,
per passare una serata “diversa”, parole chiave di questo racconto.
Già per strada, sbirciando dai finestrini, abbiamo il primo assaggio di
paesaggio tipico, con diversi camini che già fumavano, ma francamente più che
una necessità ci sembrò una conseguenza della facile reperibilità nella zona e
del relativo basso costo del legname, visto che il clima era dolcissimo come
solo una terra distesa nel cuore del mediterraneo oltre la metà di ottobre può
regalare.
Il ritrovo è in Piazza Umberto I, davanti al “Castello della Leonessa”, ci arriviamo salendo a piedi per un pendio in pieno centro, addolcito da scaloni, aiuole, fontane e panchine, il tutto pavimento da un impeccabile pavet, l’atmosfera è cordiale e accogliente. Salta agli occhi e alla mente una particolarità, ed anche in questo caso il concetto di “diverso” c’entra molto, perché Montemiletto non rispecchia il preconcetto di paesino del sud, in effetti è un territorio “graziato” dal post terremoto del 1980, ma il messaggio che metaforicamente, attraverso l’atmosfera e gli splendidi selciati, parte dagli abitanti di Montemiletto, è da un lato confortante e dall’altro lacerante: “Se a noi gente del Sud, date una opportunità, noi non solo ce la possiamo tenere, ma la sappiamo valorizzare”.
Nella piazzetta antistante il castello troviamo altre persone che attendono di entrare per l’inizio dell’evento, ma l’ingresso all’interno non è ancora consentito e ben presto capiremo il perché.
Finalmente entrati, nel cortile del castello ci accolgono artisti circensi, mangiafuoco, trampolieri e giocolieri, il tutto accompagnato dalla splendida voce di Erika Conte.
Il ritrovo è in Piazza Umberto I, davanti al “Castello della Leonessa”, ci arriviamo salendo a piedi per un pendio in pieno centro, addolcito da scaloni, aiuole, fontane e panchine, il tutto pavimento da un impeccabile pavet, l’atmosfera è cordiale e accogliente. Salta agli occhi e alla mente una particolarità, ed anche in questo caso il concetto di “diverso” c’entra molto, perché Montemiletto non rispecchia il preconcetto di paesino del sud, in effetti è un territorio “graziato” dal post terremoto del 1980, ma il messaggio che metaforicamente, attraverso l’atmosfera e gli splendidi selciati, parte dagli abitanti di Montemiletto, è da un lato confortante e dall’altro lacerante: “Se a noi gente del Sud, date una opportunità, noi non solo ce la possiamo tenere, ma la sappiamo valorizzare”.
Nella piazzetta antistante il castello troviamo altre persone che attendono di entrare per l’inizio dell’evento, ma l’ingresso all’interno non è ancora consentito e ben presto capiremo il perché.
Finalmente entrati, nel cortile del castello ci accolgono artisti circensi, mangiafuoco, trampolieri e giocolieri, il tutto accompagnato dalla splendida voce di Erika Conte.
Quando tutto sembrava pronto per entrare definitivamente
all’interno della struttura, siamo stati sovrastati dalla magia dei fuochi
d’artificio sparati dalla cinta muraria.
Una volta accomodati in sala, lo spettacolo continua ancora con la voce di
Erika con l’accompagnamento di violino e piano che intervallano la voce
narrante, che con piacevole sorpresa scopriamo essere quella di una giovane
promessa della recitazione calvizzanese,
per noi che in parrocchia lo
vediamo suonare la batteria nel coro giovani è Checco… ma questa sera è una
occasione ufficiale e per tutti è l’attore, alter ego di Ivano Felaco:
Francesco De Mase!
Lo spettacolo non lo racconto “pecchè è bell e l’ia verè”, ma aggiungo solo
qualche riflessione:
Questo spettacolo ha inteso raggruppare “diverse” forme di arte, da quella circense al canto, dalla recitazione alla musica, alla pittura ecc. per trasmettere il messaggio che proprio l’arte, quella rappresentazione “diversa” della realtà, possa essere veicolo di intenzioni ed emozioni che nel quotidiano, prigioniero della routine, non si riescono a percepire.
Di tutti quei tentativi di politically correct introdotti nel recente lessico corrente, certe volte un po’ patetici tanto da rasentare l’inutile ipocrisia di addolcire la pillola, come sostituire “sordo” con “non udente”, “cieco” con “non vedente” ecc., ce n’è uno sicuramente azzeccato e con un senso veramente compiuto: sostituire “disabile” con “diversamente abile”, perché racchiude e dischiude tutte le potenzialità che da sempre sono state inibite a coloro che non rispecchiavano il canone convenzionale della “normalità” che se osservata con un attimo di attenzione, in fondo rispecchia sotto molteplici aspetti la mediocrità. Le cose nuove sono per definizione “diverse” e l’evoluzione dell’uomo ha bisogno, per questo, della creatività, che, difficilmente, è possibile trovare nella normalità, che tende all’appiattimento del consolidare se stessa.
Questo spettacolo ha inteso raggruppare “diverse” forme di arte, da quella circense al canto, dalla recitazione alla musica, alla pittura ecc. per trasmettere il messaggio che proprio l’arte, quella rappresentazione “diversa” della realtà, possa essere veicolo di intenzioni ed emozioni che nel quotidiano, prigioniero della routine, non si riescono a percepire.
Di tutti quei tentativi di politically correct introdotti nel recente lessico corrente, certe volte un po’ patetici tanto da rasentare l’inutile ipocrisia di addolcire la pillola, come sostituire “sordo” con “non udente”, “cieco” con “non vedente” ecc., ce n’è uno sicuramente azzeccato e con un senso veramente compiuto: sostituire “disabile” con “diversamente abile”, perché racchiude e dischiude tutte le potenzialità che da sempre sono state inibite a coloro che non rispecchiavano il canone convenzionale della “normalità” che se osservata con un attimo di attenzione, in fondo rispecchia sotto molteplici aspetti la mediocrità. Le cose nuove sono per definizione “diverse” e l’evoluzione dell’uomo ha bisogno, per questo, della creatività, che, difficilmente, è possibile trovare nella normalità, che tende all’appiattimento del consolidare se stessa.
La dislessia
Ivano ha scoperto solo da pochi anni di essere
“diverso”, cioè dislessico, e questa consapevolezza gli ha dato la chiave di
lettura del suo passato, talvolta emarginante
e umiliante, riuscendo a trasformarlo nella causa scatenante del suo
appassionato presente, ha scoperto che la limitazione di alcune capacità ha
permesso il sovra sviluppo di altre, in poche parole ha fatto della sua
“diversità” il suo tesoro, e le anime nobili e generose, quando trovano un
tesoro, per natura non riescono a fare altro che cercare di condividerlo.
Ecco, questo è il senso de “La mia vita dietro l’arte”, più che uno spettacolo, un regalo a tutti noi di Ivano Domenico Felaco.
P.S.: Siccome anche la panza è un organo sensoriale esigente per la soddisfazione e l’appagamento e anche la cucina è una forma d’arte, impossibile non menzionare il gustosissimo e raffinato catering offerto nello splendido scenario panoramico del terrazzo del castello.
Un ringraziamento va alla Pro Loco locale che si è offerta di guidare alcuni di noi (Pro Loco Calvizzano- il mio paese) alla scoperta dei locali e della storia del “Castello della Leonessa”. Ci siamo lasciati con un “arrivederci” e siamo speranzosi di tornare portando con noi chiunque, leggendo quanto sopra, si sia incuriosito e abbia voglia di capire se sono tutte fesserie oppure Montemiletto sia veramente così bello.
Ecco, questo è il senso de “La mia vita dietro l’arte”, più che uno spettacolo, un regalo a tutti noi di Ivano Domenico Felaco.
P.S.: Siccome anche la panza è un organo sensoriale esigente per la soddisfazione e l’appagamento e anche la cucina è una forma d’arte, impossibile non menzionare il gustosissimo e raffinato catering offerto nello splendido scenario panoramico del terrazzo del castello.
Un ringraziamento va alla Pro Loco locale che si è offerta di guidare alcuni di noi (Pro Loco Calvizzano- il mio paese) alla scoperta dei locali e della storia del “Castello della Leonessa”. Ci siamo lasciati con un “arrivederci” e siamo speranzosi di tornare portando con noi chiunque, leggendo quanto sopra, si sia incuriosito e abbia voglia di capire se sono tutte fesserie oppure Montemiletto sia veramente così bello.
Gennaro Gb Ricciardiello