Ieri, 24 giugno, è ricorso il 22esimo anniversario della morte di don Giacomo Di Maria, prete e storico dimenticato: era di Calvizzano, ma visse per un lungo periodo a Marano
Gli è stata dedicata la biblioteca comunale (mah!): troppo poco per un
calvizzanese illustre che ha speso la sua vita per la ricerca
storico-archeologica, facendo conoscere Calvizzano oltre i confini nazionali.
Dal 1950 al 1995 ha pubblicato 24 libri. L’Accademia pontificia gli conferì il
titolo di “Doctor honoris causa”. Nel giorno del suo funerale, svoltisi
in forma solenne nella parrocchia di San Giacomo a Calvizzano il 25 giugno1997,
destò grande rammarico l’assenza di sindaco, giunta e gonfalone, che mai come
in quell’occasione non dovevano mancare
Siamo venuti in possesso di un documento
storico: la lettera che don Felice Cerroni, parroco della Chiesa San Giacomo
Apostolo dal 1970 al 1972, scrisse in occasione dell’incontro tra lui e il
grande don Giacomo Di Maria. I due non si vedevano da molto tempo . Ve la
proponiamo
“Ricordare è bello”
Quando io e Di Maria ci siamo rivisti
dopo tanto tempo, l’argomento principale della nostra conversazione è stato il
periodo scolastico trascorso insieme e, in particolare, i nostri professori:
bei tempi abbiamo esclamato insieme. Ci dettero insegnamento con cuore e
intelligenza. Abbiamo ricordato insieme alcuni di essi, in particolare
Monsignor Persico che con la sua arte di presentare il latino come una lingua
moderna ci faceva gustare le pagine di Ovidio e di Orazio. Quei
personaggi diventavano vivi e si ripresentavano alla nostra mente giovanile
come qualcosa che appartenesse a noi. Abbiamo ricordato Monsignor Marinelli,
sembrava burbero ma era tanto intelligente e pronto nell’insegnarci la lingua
italiana. E Monsignor Strazzullo che con la sua semplicità ci apriva la
mente allo studio della lingua greca. E non potevamo passare sotto silenzio
Monsignor Mallardo che, con il suo fare sornione, liquidava la nostra
ignoranza, quando non eravamo preparati, col dirci due tre volte :”Bravo!” e
concludeva “Vada a posto, per questa volta le do tre”. E abbiamo passato a
rassegna tutti, uno per uno, rimpiangendo, s’intende, gli anni di seminario. Né
abbiamo potuto dimenticare la paterna figura di sua Eminenza il Cardinale
Ascalesi che veniva a trovarci in classe interessandosi del nostro profitto. Fu
un tempo veramente felice!
Infatti mi sono accorto di una cosa: quando
abbiamo terminato il nostro discorso il mio volto era diventato triste e a Di
Maria cadeva sulla gota una lacrima.
Sacerdote Felice Cerroni
Di Maria si spense all’età di 85 anni
“Lutto nel mondo della cultura e della
storia locale”. Così titolarono diversi giornali in occasionedella morte del
reverendo don Giacomo Di Maria, avvenuta il 24 giugno del 1997. Don Giacomo si
spense all’età di 85 anni a Marano, dove si era trasferito agli inizi degli
anni 90. In questi giorni ricorre il ventesimo anniversario della sua morte:
sarebbe bello che quest’amministrazione lo ricordasse, organizzando
qualche evento culturale, cosa che non è mai accaduto negli anni precedenti.
Nemmeno quand’era in vita, nonostante fossero note sia la sua fama di autore
sia la sua immensa cultura, fu preso in considerazione dalle autorità locali.
Nel giorno del suo funerale, svoltisi in forma solenne nella parrocchia di San
Giacomo a Calvizzano il 25 giugno, destò grande rammarico l’assenza di sindaco,
giunta e gonfalone, che mai come in quell’occasione non dovevano mancare. Dopo
si è cercato di rimediare intitolandogli la biblioteca comunale, spostata da
Corso Mirabelli in una piccola stanza del Comune, tra l’altro poco frequentata
perché non adeguata ai tempi moderni.
Di Maria nasce il 21 marzo 1912 a
Calvizzano da Pasquale e da Maria Licciardi. Il 29 giugno 1937 viene ordinato
sacerdote e, il 4 luglio, celebra la sua prima messa. Comincia la sua vita
sacerdotale come vice-parroco e assistente di azione cattolica, mentre per vari
anni insegna religione nelle scuole elementari di Calvizzano e di Villaricca.
Nominato nel 1959 canonico della collegiata di Napoli, viene delegato dalla
Curia arcivescovile al corso biennale dei centri di studi sociali in Ariccia e
Grottaferrata. Viene ancora nominato assistente ecclesiastico azione cattolica
uomini della parrocchia di S. Domenico Soriano di Napoli. Dal 1938 al 1978 si
apre per lui un quarantennio di attività culturali e scende nell’agone
giornalistico come corrispondente dell’Avvenire, de il Popolo di Roma de il
Mattino di Napoli e del Roma. Prende parte come collaboratore a vari periodici,
come “La Croce”, “L’Eco del popolo di Salerno” e “Il Quotidiano di Roma”. Dal
1940 comincia ad avere riconoscimenti per i suoi alti meriti. Nel 1948 viene
accolto tra i soci della società di storia patria.
Nel 1954 prende parte al consiglio
direttivo e viene nominato segretario del “Cenacolo di lettere-scienze-arti
Spadaro”. Nel 1959, a Parigi, gli viene conferito il diploma di onore con
medaglia d’argento. Anche nel 1959 lo troviamo membro dell’Accademia Tiberina
di Roma. Nel 1960, a Massa Carrara, viene nominato “Cittadino della ideale
nuova città del libro”. A Montecatini è componente della segreteria del premio
di pittura Lorenzo Viani. Quale critico d’arte è invitato a far parte della
giuria del concorso internazionale di pittura contemporanea. Pure nel 1960, nel
convegno letterati e artisti cattolici, gli viene conferito il premio “Medagli
di cultura e fede” con diploma per le rari doti di storiografo. Direttore
campano della rivista “Alta cultura” con sede a Chieti dove rievoca avvenimenti
e fatti della nostra patria.
Di Maria pubblicò numerose opere di
storia, letteratura e religione, ottenendo dall’Accademia pontificia
il titolo di “Doctor honoris causa”. Negli ultimi mesi, ormai già minato
nel fisico, era riuscito a trovare il tempo di scrivere un volume sul
tradimento e arresto dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, avvenuto proprio a
Calvizzano.
Nel 2002, lo storico Peppe Barleri gli dedicò il suo libro sulla Parrocchia
di San Giacomo e sulle testimonianze archeologiche romane, scrivendo in prima
pagina queste testuali parole: “A don Giacomino grande e nobile figlio
di Calvizzano, al quale mi lega l’identico impegno civile, affinché la storia
di questa città non cada nell’oblio”.