Dal
libro di Enzo Savanelli (giornalista e scrittore) e Angelo Marra (artista
eclettico, maestro della fotografia, scenografo) “Marano, una presenza
millenaria”
Quando mi fu chiesto di andare a visitare Ernesto
Tatafiore che da molti anni abita e dipinge nel castello di Torre Caracciolo,
nella frazione omonima di Marano, dissi che senz’altro un giorno o l’altro mi
sarei deciso a farlo. In realtà per mesi “cocciutamente” ho disatteso
quell’invito per una sorta di diffidenza “preconcetta” contro tutti quelli che
in un modo o nell’altro sono legati al mondo dell’arte. Contro, insomma, tutti
quelli che credono di essere “il” genio
che l’umanità attende per chissà quale redenzione.
Ed intanto affidano il loro “messaggio” a squallidi
galleristi che poi lo rivendono incorniciato a metro quadro e magari a rate.
Quando finalmente Angelo (Marra l’autore del libro dal
quale è stato tratto l’articolo su Tatafiore, Ndr) mi trascinò fino a Torre
caracciolo, senza neppure chiedere ad Ernesto cosa dipingesse, gli chiesi scusa
per quella mia stupida presunzione che mi portava a condannare anche senza
motivo.
M’era bastato fissare un solo attimo le sue tele per
rimanere letteralmente ammaliato. Come per incanto mi ritrovai catapultato in
un mondo dal quale avrei preferito sinceramente non fare più ritorno. Un mndo
non eccessivamente definito, dove al massimo qualche contorno era fatto a
matita. Dove il pesce Pietro giocava a rincorrersi con il bambino che è in noi,
dove il giorno aveva la durata di un secolo, dove Masaniello s’imparentava con
Robespierre, dove Paganini andava a spasso con l’alfista Nuvolari.
Un mondo che “forse” anche a Napoli, con i suoi suoni,
i suoi odori, ma senza le folle che si agitano per un niente. Dove il Vesuvio è
un seno di donna oppure un cappello francese, che sbuca ora dal mare, ora dalla
testa di qualche rivoluzionario.
“Più che un
maranese in senso lato, amo definirmi torreggiano. Del resto non so fino a che
punto questo castello mi protegge o invece mi incanta guidando la mia pittura.
Molto probabilmente sarà stato lui ad avermi spinto nella rivisitazione della
rivolta napoletana di Masaniello o francese di Robespierre”.
A Torre Caracciolo vive dal 1974. E’ sposato con
Simonetta e ha due figli. Marco il più grandicello, con le sue domande e
scoperte è l’involontario accompagnatore di questo malinconico giovane-vecchio,
da poco inoltrato nella quarantina, nella ricerca della lucida confusione dell’infanzia
non pienamente goduta, dove il nulla è abitato e dove anche la morte può essere
gioia.
Ma c’è anche Pietro, assai più piccolo, chiamato così
il giorno in cui Ernesto riuscì a pescare il pesce Sampietro.
La sua prima mostra gliela organizzò, nel 1969,
addirittura Lucio Amelio, quello della fondazione omonima e dei “Terrae Motus”
che hanno messo Napoli al centro della scena artistica mondiale.
Da quell’anno è stata una dirompente fuga in avanti a
fianco di nomi come Cucchi, Paladino, Pistoletto, Schifano, Longobardi, nella
stessa costellazione del povero Beyus o Kiefer, Merz, Warhol, là dove le
etichette sono il più delle volte irriguardose e semplicistiche, come il
termine “Transavanguardia” proposto da Achille Bonito Oliva non certamente per
la sua pittura e dove invece vi fu “costipato” dall’Ammann il quale, accanto ai
“veri” transavanguardisti”, volle esporre alla Kunsthallen B.C. di Essen in
Germania, opere di questo indefinibile ed “eruttivo” torreggiano-maranes
giustamente coccolato dalle più importanti gallerie del mondo che se lo
contendono con cifre da capogiro.
Enzo
Savanelli
Breve
bio di Tatafiore
Nato a Marigliano nel 1943. Si avvicina alla pittura
anche attraverso l’attività artistica dello zio Guido (1919-1980) e del padre,
medico e pittore dilettante. Laureatosi in medicina, si specializza in
psichiatria. La vita professionale si intreccia in un rapporto di reciprocità
con il percorso artistico. Fondamentale è il contatto con la galleria di Lucio
Amelio, dove organizza la prima personale nel 1969. La figura di “Robespierre”, simbolo dell’incompatibilità
tra la virtù teorica e la prassi del terrore, viene riprodotta in senso
emblematico rispetto alla connotazione morale e utopistica dell’artista,
utilizzando mezzi rappresentativi di tipo tradizionale in modo convenzionale.
La Rivoluzione francese, come ambigua contraddizione tra ideali politici e
ideali umani, si traduce quindi nell’ambiguità delle forme (opere composte in
più parti) e dei materiali usati (disegni realizzati su pezzi di carta sovrapposti
ad altri materiali) spesso sottolineata da motti verbali citati o creati dall’artista.
Il disastro del Titanic, i personaggi di Mozart, Masaniello e Maradona
incarnano il tema dell’assurdo e del paradosso. Premiato nel 1964 dal Ministero
della Pubblica Istruzione, ha partecipato nel 1966 alla Quadriennale d’arte romana.
Tra le numerose mostre si ricordano le personali organizzate presso il
Kunstmuseum di Lucerna (1982) e presso il Museum moderner Kunst Stiftung Ludwig
di Vienna (1993-94 e 1999).
Fonte il Brigantino- il Portale del Sud
Alcune opere del maestro Tatafiore
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Trittico Robespierre poeta |
Masaniello,1984. Tecnica mista su carta intelata. |