Tra le varie attività creative dell’artista calvizzanese Ferrillo c’è anche la pittura: ce ne parla il sapiente Salatiello


“Tetti è una delle sue tele che mi ha particolarmente colpito”

Tetti
Tra le varie attività creative di Paolo Ferrillo, c’è la pittura. Un ulteriore corredo artistico-figurativo che riesce complementare al suo estro molto dinamico. Capita spesso che soggetti molto sensibili, hanno una tale mole di idee e figure nella loro mente che la sola scrittura o musica o anche altre forme espressive non bastano. Uno dei miei poeti preferiti per eccellenza è Montale, l’ho amato quando dice che “…lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi/ fossi dove in pozzanghere/ mezzo seccate agguantano i ragazzi /qualche sparuta anguilla:…” [I limoni – Ossi di seppia, 1925].
Questa visione apparentemente domestica ma potente e meditata delle cose più semplici, si addice proprio al nostro Paolo. Una sua tela mi ha particolarmente colpito: “Tetti”. In questo lavoro giocano due fattori importanti: la prospettiva e il taglio cromatico netto e misurato che salta subito all’occhio. Infatti, il giallo naturale dei campi funge da sfondo al bianco e al rosso delle case frutto dell’artificio umano, questi colori, si amalgamano alla perfezione come a creare un messaggio intrinseco del rapporto idilliaco millenario tra uomo e natura. Il punto di vista del pittore risulta elevato, da una posizione privilegiata come un drone in volo che abbraccia in tutta la sua interezza lo scenario solo apparentemente privo di  presenza umana ma che lascia intendere traccia di sé con la presenza stessa del piccolo borgo montano. La strada che scende lungo il pendio, inghiottita a tratti dalle case, lascia pensare a un paesaggio dinamico e in movimento. I tetti precisamente riprodotti, sono frutto di probabile tratto caratteriale rigoroso, deciso, ma non duro, non arido, piuttosto austero ma umano del pittore. Il bianco netto delle case lascia immaginare una comunità di uomini, laboriosi (sono in questo momento assenti, nei campi al lavoro. Le loro case ordinate e pulite sono silenziose). Il bianco così volutamente ricercato tradisce una visione ideale della vita semplice fatta di lavoro, rispetto per il contesto dove si vive e si invecchia. Un’altra traccia dell’uomo “Faber naturalis” architetto della natura, in fondo alla valle, sono le righe precise dei campi di grano tirate dall’uomo: un sintomo chiaro. Probabilmente, senza azzardarci a indagini di nessun tipo, questo paesaggio è l’ideale rappresentazione delle due culture insite in Paolo: quella delle origini meridionali (la limpidezza luminosa della scena tipica di ambienti mediterranei) e la vista prospettica di un paesaggio montano, caratteristico della terra dove abita tuttora. Un’ultima considerazione, forse, il soggetto del quadro è preso da una foto o da un altro quadro, forse è pura creazione personale ma, la diversa tipologia delle case che va da quella in primo pano dove ne possiamo notare la lunga balconata con tre finestre, a quelle di più modeste dimensioni, ci racconta di una società multiforme e a vari gradi di consistenza sociale che si mescola così bene da risultarne una mistura di civiltà vecchia di secoli in perfetto equilibrio. Questo vuol dire, in termini emotivi, stare abbastanza in pace con se stessi. Davvero un bel quadro. Complimenti a Paolo Ferrillo.

Enzo Salatiello



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