Poesia, Musica e Pittura: l’arte di Paolo Ferrillo è un crescendo di emozioni



Con grande tenacia qualche anno fa riuscimmo a contattare Paolo Ferrillo, calvizzanese emigrato da diversi anni a Neive (dove insegna), provincia di Cuneo, un paesino di 3mila337 abitanti, inserito nel club de “ I borghi più belli d’Italia. Anche lui è un artista, autodidatta: dipinge quadri, scrive canzoni e poesie. Gli abbiamo chiesto di inviarci una parte dei suoi lavori artistici, anche se non è stato facile convincerlo, poiché è un tipo taciturno che non ama la ribalta. Man mano li pubblicheremo, per far conoscere a chi non lo conosce, soprattutto ai giovani, un'altra eccellenza del nostro paese, uno dei figli migliore della nostro "terra", emigrato al Nord per stare vicino ai suoi figli che non hanno trovato lavoro dalle nostre parti. Cominciamo da una lirica, da lui scritta, musicata e cantata.  


Ma in fondo no

Videoclip montato da Pasquale Rosiello

Quanti momenti trascorro da solo
ripensando a tempi lontani
quando ragazzo non avevo frontiere
e di sogni riempivo le mani
quando la vita accarezzava il mio cuore
ma la dovevo ancora scoprire
quando ho avuto il primo grande dolore
per quell’affetto che ho visto morire
ai tanti amori di stagioni
quando la notte non riuscivo a dormire
alle carezze date sotto i portoni
nella penombra per non farmi scoprire
quante bugie con gli amici
per mascherare il mio bisogno di te
aver paura di tradirli
e di ferire forse un poco anche me
Il tempo passava e senza fare rumore
portava via paure e dolori
ma tra quei ricordi c’è ancora il tepore
di quel braciere che ardeva per noi
e gli anni che sono andati
scanditi dal passare delle stagioni
dalle ragazze e dalle tante canzoni
hanno cambiato solo parte di me
ma in fondo no sono ancora
uno che sogna e che non vede confini
che in un tramonto
trova sempre emozioni
che crede e spera
nella ragione che è in noi
perché la vita che a noi sembra un’eternità
è invece un treno che va
a folle velocità lungo un percorso
che pieno di salite
conduce alla sola meta che c’è…
Ma gli anni che sono andati scanditi dal passare delle stagioni
dalle ragazze e dalle tante canzoni
hanno cambiato solo parte di me
anche grazie a te

IL TRENO DELLA VITA E I VAGONI DEI RICORDI

La recensione di Enzo Salatiello

Paolo Ferrillo lo conosciamo. Persona genuina e sensibile, ha sempre dato l’impressione di uno molto profondo, con un ventaglio di principi che lo distinguono come gentiluomo e persona dai lineamenti psicologici delicati. Lo si vede tutto in questa lirica, intima e raccolta, piena di ricordi giovanili e di struggenti immagini piene di malinconica dolcezza per i giorni della “primavera della vita” che sono scappati via su quel treno spaziotemporale che guida da solo. Le immagini felici del tempo andato si accavallano e a volte si sfocano nella mente dell’autore fino a creare una serie di “silhouette” che forniscono a noi lettori solo i contorni di un’esperienza intima. Le facce, gli occhi, di ragazze, amici e figure che popolano ancora oggi la stanza dei ricordi e che agitano le vele dell’emotività sono un “corollario” che riscontra le sue tesi di sempre: La vita sguscia via senza ascoltare nessuno a velocità impazzite e travolge gli animi di chi, guardandosi indietro, trova lacrime e risate e davanti, intravede la salita delle prove che verranno. Ogni vagone di questo treno, ogni singolo metro di questo mostro di ferro accompagna Paolo nella consapevolezza che tutto non tornerà più. Le stagioni andate, scandite dal consumarsi del fuoco di quel braciere lontano, sono foglie che ritornano alla vita sotto forma di ricordi vividi e dinamici. Non c’è autocommiserazione, né lamento ma, solo fiera consapevolezza che la vita è stata abbracciata in pieno. Su quel treno, Paolo ci è salito davvero. Ma si può ancora sognare, nonostante tutto, gli anni e gli eventi che ci cambiano senza accorgerci, Paolo ci dice che possiamo ancora essere quei ragazzi, col piede contro un muro, di sera, a parlare con un amico, ad avvicinare il viso a quello dolce di una ragazza che non vediamo più, che no sappiamo più dove viva, dove mangi e dove cammini ora. Le risate, le canzoni, i giornali e le case illuminate di sera, tutto è presente nella camera stagna dei ricordi di Paolo. Tutto gioca un ruolo ancora decisivo. Paolo non si è perso nella nebbia, non ha ceduto, non è cambiato. Ce lo dice negli ultimi versi: (Ma gli anni che sono andati scanditi dal passare delle stagioni /dalle ragazze e dalle tante canzoni/hanno cambiato solo parte di me/anche grazie a te). Paolo è cresciuto, ma il ragazzino incorrotto alla bruttura della vita ha vinto, la sua lirica, scorrevole come un torrente che ha rotto gli argini, ci spiega la sua anima, ancora piena d’innocenza e forza creativa. Oggi, egli è un uomo molto creativo e fecondo, scrive canzoni, poesie, dipinge. Una persona che può dirci molte cose ancora. Una vecchia canzone di Lucio Dalla e Francesco De Gregori recita: “Cosa sarà/che ti fa morire a vent’anni/anche se vivi fino a cento! Cosa sarà?” ecco Paolo ha evitato di questo pericolo, lui a cento anni, ne avrà venti.

E.S.



Visualizzazioni della settimana