Marano, pozzo senza fine di reperti archeologici: marmi di un tempio romano vennero ritrovati a San Marco
Marmi di un tempio romano all'esterno della chiesetta San Marco |
Nella frazione maranese di San Marco, da un pozzo
nascosto tra rovi ed ortiche, la caparbietà della dottoressa Gargiulo della
Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli, permise, agli inizi degli anni ’90
di ritrovare grossi frammenti in marmo di
un probabile tempio romano. I reperti
risalgono al II secolo dopo Cristo e sono di ottima fattura. Per vedere
qualcosa di simile bisogna recarsi alle terme di Baia. La scoperta fu possibile
grazie agli indizi che, oltre sessant’anni fa, l’ispettore onorario di
Villaricca, Giacomo Chianese inviò al Maiuri (grande archeologo, deceduto nel
1963: è stato direttore del Museo Archeologico di Napoli), suggerendogli
altresì di organizzare a Marano una ricerca accurata delle antiche preesistenze
romane lungo l’asse Monteleone-San Rocco-San Marco. In verità il Chianese non
si limitò solo a segnalare i pezzi ritrovati, ma consigliò di portarli al più
presto in un luogo sicuro per evitare brutte sorprese.
A cosa si riferisse è facile immaginarlo. Con tanti
tombaroli che operano ancora oggi nella zona, non era difficile pensare che da
un momento all’altro qualcuno li facesse sparire da San Marco.
E poco mancò che questo succedesse. I reperti,
infatti, fino agli anni Trenta stavano all’esterno della Chiesa San Marco.
Anzi, facevano parte integrante della facciata, inglobati tra tufo ed altre
pietre di risulta. Ma dopo la relazione del Chianese, il podestà decise di
inviare sul posto una squadra di muratori per “recuperarli” e trasportarli nei
sotterranei della scuola elementare Domenico Amanzio. Probabilmente per riutilizzarli
per scopi mai del tutto chiariti. Qualcuno disse che era pronto a venderli. Poi
venne la guerra e negli anni successivi la chiesetta fu rimaneggiata molte altre
volte. Col tempo, nessuno ricordò più che fine avessero fatto quei frammenti di
tempio romano che un tempo ne ornavano la facciata.
A metà anni Ottanta, ricordando l’ordine impartito ai
muratori dal podestà dell’epoca, chiesi al direttore Pomponio e al solerte
prof. Izzo il permesso di visitare i sotterranei della scuola Amanzio, nella
speranza di trovare tracce di quei grossi pezzi di marmo. Ma la ricerca ebbe
esito negativo. In realtà essi non erano mai stati rimossi da San Marco, perché
scaraventati in un pozzo. E l’intuizione di ritornare al punto di partenza
della “storia” per ritrovare il bandolo della matassa venne a Patrizia Gargiulo
della Sovrintendenza ai beni Archeologici di Napoli. Dopo due tentativi andati
a vuoto, a febbraio 1993, insieme a Severino della stessa Soprintendenza, all’architetto
Antonio Guarino e al sottoscritto, la ricerca produsse esito positivo. Nel
vecchio pozzo, che un tempo garantiva l’acqua ai pochi residenti della
frazione, apparvero in tutta la loro bellezza quei reperti di cui s’erano perse
tracce da sessant’anni. Sono frammenti pesantissimi di marmo italico massiccio,
con fregi floreali. Probabilmente costituivano un architrave o un frontone di
un edificio importante. Forse un tempio. Sempre a San Marco, in un podere
distante n linea d’aria poco più di un chilometro, lo stesso Chianese individuò
un oratorio paleocristiano ricavato da un antico ninfeo latino che era ornato di
molte statue, tre delle quali vennero alla luce negli anni Cinquanta e tuttora
si trovano al Museo Nazionale di Napoli. Può darsi che i reperti appartenessero
a quello stesso ninfeo. Ma è possibile anche che appartenessero al tempio di Cibele
(mai individuato) del quale si sa solo, grazie a una epigrafe conservata al
museo Capitolino di Roma, che fu riaggiustato e messo in sesto da Carlo Giulio
Aquilino, come ex voto.
Ma non si può escludere neppure l’idea (non troppo
nuova, per la verità) che il tempio possa trovarsi addirittura sotto le
fondamenta della stessa chiesetta di San marco. Quel luogo, adatto per una
chiesa cristiana, era ancora più adatto per un tempio romano.
Enzo
Savanelli (scrittore, giornalista, appassionato di storia locale)