Rettifiche, precisazioni e arricchimenti articolo complesso Vincenziano contenente terza ampolla sangue San Gennaro



L’associazione “Getta La Rete” ci comunica alcune correzioni, precisazioni e arricchimenti sulle notizie del Complesso Monumentale Vincenziano e di questo ringraziamo la dottoressa Annamaria Corallo, di seguito qui tutto il comunicato originale:
Ringraziando ancora per il gentile pensiero e la premura nel comunicarci di questo interessamento, immaginando di fare cosa gradita, inviamo le necessarie correzioni”.
IN MAIUSCOLO, TRA PARENTESI, LE RETTIFICHE:
Un mio carissimo amico, Franco Ruggiero, esperto di fotografia, arte e letteratura, com’è sua consuetudine, mi ha parlato ultimamente di un autentico gioiello artistico e architettonico situato nel cuore antico di Napoli: Il Complesso Monumentale Vincenziano al “Borgo dei Vergini” alla Sanità (quartiere Stella) non lontano dal Museo Archeologico nazionale. Il complesso, risalente al XVII secolo, (IL COMPLESSO RISALE AL 1334, DATA IN CUI FU FONDATO IL CONVENTO DEI PADRI CROCIFERI CON ANNESSO OSPEDALE. TALI PADRI LASCIARONO IL CONVENTO INTORNO AL 1654) fondato dai padri missionari e fra loro c’era anche padre Cosimo Galilei, nipote dell’illustre scienziato. (IL FONDATORE FU PROPRIO PADRE COSIMO GALILEI, NEL 1669) Fu il grande Vanvitelli a guidare lavori di espansione e ingrandimento del complesso. Esso comprende due chiese (ANTICAMENTE VI ERANO DUE CHIESE INTERNE. OGGI è SOLO UNA), interne e quella dedicata a San Vincenzo de’ Paoli che affaccia sulla strada. L’aspetto della facciata è molto sobrio e non lascia intendere al visitatore i tesori e la magnificenza contenute in essa. Sotto la chiesa c’è la cripta funeraria dove riposano le spoglie della nobildonna che negli anni ’50 del 1700, donò corposi fondi per la realizzazione delle opere: Duchessa MaRia Giuseppa (DI SANT’ELIA) (VON BRANDIS) Staremberg. La chiesa, è un esempio tipico dello stile vanvitelliano tanto che in città, questo edificio, fece scuola un po’ per tutti gli altri lavori. L’interno è delicatamente barocco, (LO STILE DELLA CHIESA è NEOCLASSICO E NON BAROCCO) ad alzare gli occhi verso la candida, luminosa, cupola, si ha la sensazione di essere in uno di quei templi metodisti anglo – americani, ma a ben vedere, si capisce benissimo che si tratta di un cattolicissimo esempio di stile proprio della Napoli di quel tempo, anche e soprattutto negli arredi ornamentali: consistono quattro altari posti a croce in una navata a pianta centrale. Dietro l’altare maggiore vi è una rappresentazione pittorica di “San Vincenzo de’ Paoli in gloria” autore: Francesco De Mura, ottimo pittore del ‘700 napoletano, con una mano decisa e proiettata verso una limpidezza policroma davvero entusiasmante. Si ammirano sue opere anche agli Uffizi e al Louvre. Nel pavimento troviamo un chiaro indizio della presenza austriaca con un mosaico in marmo che reca le Armi degli Asburgo risalente al periodo vice reale appunto austriaco. (LA LAPIDE è QUELLA SEPOLCRALE DELLA DUCHESSA DI SANT’ELIA, LA SUA DATA è 1761, NON DEL PERIODO AUSTRIACO) C’è anche un organo a canne del secolo scorso. (L’ORGANO A CANNE è DEL 1700, RISTRUTTURATO NEL 1800. NON è DEL 1900) Ma la vera attrazione più preziosa è certamente una “perla” conservata nella Cappella delle Reliquie afferente al complesso: la terza ampolla contenente il sangue di san Gennaro! La reliquia fu donata ai padri vincenziani nel 1793. (LA RELIQUIA NON FU DONATA “AI PADRI VINCENZIANI”, MA PROBABILMENTE A UNO DEI PADRI, CHE LA PORTO’ CON SE’ A NAPOLI E NON NE COMUNICO’ MAI L’ESISTENZA AI CONFRATELLI) L’associazione “Getta La Rete” presieduta dalla dottoressa Annamaria Corallo, ne cura le visite guidate e la promozione turistica e naturalmente l’accesso alla cappella che custodisce la reliquia. Esiste anche un documento originale, scoperto dalla vice presidente dell’associazione, (LA DOTTORESSA) Giovanna Moresco che ne attesta la donazione e l’autenticità del contenuto. (IL RITROVAMENTO CONGIUNTO DI TECA E DOCUMENTO FU RINVENUTO CONTESTUALMENTE, DA ENTRAMBE, ALLA PRESENZA DI UN PADRE VINCENZIANO, PADRE GIUSEPPE MARTINELLI, ALL’EPOCA ECONOMO DELLA CASA) La presidente riferisce che al momento della scoperta dell’ampolla, il sangue era in uno stato di liquefazione!"

Voglio precisare quanto segue:
1)    Il riferimento alla data di fondazione del Complesso monumentale è esatta anche se il sottoscritto si riferiva alla parte realizzata dal Vanvitelli così come è riportato sulla pagina WEB Wikipedia. Del resto, anche il complesso di fabbrica del 1334 si ergeva su ruderi di epoca greco-romana ma nella fattispecie ci si riferisce al complesso odierno e alla chiesa.
2)    Sulla Duchessa tumulata nel complesso ho omesso il ducato (Sant’Elia) di cui ignoro l’ubicazione, e parte del nome (Von Brandis), errore gravissimo???
3)    Sullo stile architettonico ho sbagliato. Un lapsus che mi ha indotto a confondere lo stile con la cassa dell’organo presente nel complesso. Si tratta del Neoclassico
4)    La lapide sepolcrale (non ho mai visitato il complesso ma deduco che si tratti di una lastra pavimentale) risalente al 1760, primi anni del regno di Napoli indipendente retto da re Carlo di Borbone ma , da una osservazione più attenta, sembra l’aquila bicipide austriaca non certamente dell’arme borbonica che è tutt’altra cosa. A Napoli, sovente, si seppelliva un illustre in una chiesa e spesso si apponeva lo stemma della persona o di appartenenza a quella famiglia, in questo caso non so di che famiglia si tratti ma di certo, ribadisco: non è un stemma del casato borbonico regnante al momento della tumulazione della Duchessa. Anche papi e cardinali si seppellivano con stemmi dei loro casati quando erano di alto lignaggio.
5)    L’organo a canne, come riporta Wikipedia parla di COSTRUZIONE RISALENTE AL XX SECOLO a opera della ditta cremonese “Rotelli-Varesi”. Il fatto di aver omesso la presenza di altri di epoca precedente (comunque del XVIII secolo e non XVII come riporta Wikipedia) non esclude che vi sia anche questo.
6)    Sulla donazione e le varie sue vicende collegate non ne potevo sapere molto mantenendomi così su livelli semplici e non approfonditi ho ritenuto riferire quello che era sicuro: cioè che l’ampolla si trovasse lì custodita. Solo Lei poteva illuminarci e lo ha fatto e per questo la ringrazio
7)    La signora Giovanna Moresco, vice presidente dell’associazione è anch’ella dottoressa. Me ne scuso, aveva fatto riferimento alle parole registrate in video per “Il Mattino” dove la dottoressa Corallo non faceva menzione del titolo accademico. Altro errore molto grave? Chiedo scusa ancora una volta all’ignara dottoressa Moresco.
8)    Su tutte le altre inesattezze prendo atto e ringrazio l’Associazione “Getta La Rete” nella persona della dottoressa Corallo.

Enzo Salatiello

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