“Gesù- Gesù”: sull’asse Calvizzano-Venezia, continua il sodalizio poetico-musicale Zapparella-Ronchi”


Il cantautore veneziano Stefano Ronchi  ha arrangiato un’altra bella lirica del poeta calvizzanese Giorgio Zapparella

La canzone



La poesia

Gesù Gesù,
‘a quantu tiempo
nun te ‘ncuntravo chiù,
te ricuordi?
Nce steva ancora mamma mia!
Cu ‘nu rusario ‘mmano.
Gesù Gesù
‘o ssaje ca sta vita mia
é cagnata overamente.
Me ne so’ accorto
stasera, saglienno
‘e scale. Fora ‘a
porta nun ce steva Emanuela
a m’aspettà.
Pur’essa ma lassato,
e nun saccio cchiu
addò sta.
Gesù Gesù, quanti
buscie c’aggia cuntato,
pe’ cercà ‘e salvà st’ammore.
Gesù Gesù e mo ca essa
nun ce stà chiù,
‘a verità é una: ca mànco
tu me cride cchiù!
Gesù Gesù, famme
cumpagnìa ‘nu poco,
 almeno tu. Famme
spullecà sta margherita
ca tengo mmiezzo ‘e dete,
famme vedé si ancora
me vò bbene o si è furnuto.
Gesù Gesù fà ‘nu miraculo ancora
e famme turnà ajére, nun
me fà perdere tiempo
appriesso a sti penzieri.
Í ‘e preghiere nun ‘e saccio fa,
se dice ca cu ‘o tiempo
tutto s’acconcia e passerà,
ma purtroppo, ‘nzieme ‘o tiempo,
pure ‘o tiempo se ne và.


La recensione del poeta- scrittore Enzo Salatiello

Gesù Gesù, lamento intimo di un poeta

Giorgio Zapparella come è ormai sua consuetudine sostiene un “colloquio” amichevole e affettuoso con le figure e i simboli  della nostra religiosità. Egli è riuscito anche questa volta, con straordinaria naturalezza a rivolgersi a tali figure come un fratello minore, come un amico, (‘…a quantu tiempo nun te ‘ncuntravo chiù, te ricuordi?). Egli miscela, e non è la prima volta, i suoi colloqui familiari con Dio in “Persona!”. Perché Giorgio parla con il “suo” Signore ma, soprattutto perché lo fa con piglio e approccio amichevole? Perché la sua non è una preghiera, non una supplica ma una richiesta teneramente affettuosa di un uomo in un momento di grave debolezza, la mamma non c’è più, (l’amore grande, quello che lo ha creato) manca la donna che ama, (l’amore procurato, quello che oseremmo definire per interposizione tra il primo e quello sacro di cui vediamo che pure entra in crisi perché sta chiedendo insistentemente conto delle sue sfortune). Quindi la triade degli elementi speculari è composta dai tre amori, sacro, profano, materno, viene tenuta insieme con il filo del lamento, non della lamentazione che è un’altra cosa, che attiene più al rapporto asimmetrico fedele-divinità. Il lamento, non è la supplica, qui Giorgio vuole sommessamente, affettuosamente, come si fa con una persona cara con la quale si è caduti in un frainteso, lamentarsi. La lirica nella sua parte centrale conosce due momenti, il primo è una lunga riflessione sulle sue stesse azioni, un’analisi dolente e profonda del suo comportamento, il secondo è una rottura del filo conduttore, il lamento lascia brevemente spazio al moto di insofferenza che si rivolge non contro Gesù ma contro la sorte, egli chiede conto alla divinità del patto di amicizia che è entrato in ombra. Qui le domande vestono panni differenti, le prime hanno un tono sommesso, le seconde hanno il carattere della rivendicazione, qui c’è quasi un trait d’union con la celebre vicenda di Giobbe dove, fatte le debite proporzioni chiede quasi conto a Dio delle sue molteplici sventure. A questo punto avviene una vera e propria trasformazione dello scenario psicologico, dal dialogo ponderato e a fasi concitato con la divinità, il poeta si abbandona a una sorta di roulette, al caso, alla margherita da sfogliare come chiaro segno di resa momentanea alla sorte, al destino e lì affida il suo prossimo futuro ma, subito dopo, come pentitosi, riallaccia l’intimo dialogo con Gesù, questa volta ponendosi nella posizione “canonica” del richiedente grazia, del supplicante e infatti, chiede al Signore di annullare e rimestare il tempo per ritornare al momento immediatamente prima dei fatti dolorosi che gli sono occorsi , le perdite degli affetti, pur lamentandosi della sua incapacità a saper pregare, egli, non s’accorge ma lo sta facendo. Prega a modo suo Dio affinché annulli l’azione del tempo e lo riporti sul punto di avere una nuova possibilità. Gli ultimi due versi, sono una profonda analisi metafisica sul tempo e i suoi effetti, il passare del tempo, dovrebbe essere taumaturgico ma, lo stesso scorrere del tempo è di per sé un modo per andare via, verso il futuro, verso un destino che non si conosce, un destino senza gli affetti, irrimediabilmente perduti.



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