Angelo Orlando, il sindaco di Marano che occupava parte della sua vita a trovare lavoro agli altri: con circa 15 mila visualizzazioni è tra gli articoli del 2017 più letti di calvizzanoweb

Angelo Orlando (indicato con una freccia) all'epoca in cui era sindaco, circondato (tra gli altri) da alcuni assessori e consiglieri comunisti e socialisti

Governò la città dal 1946 al 1953 con due brevi interruzioni: politica e interessi del potere dominante segnarono la sua famiglia. Fu il primo sindaco comunista. Uno scapestrato ex fascista tentò di assassinarlo. Il vice prefetto Fasano, inviato a Marano per indagare sugli atti amministrativi , alla fine se ne andò dicendo a Orlando queste parole: “ero stato invitato per trovare il pelo nell’uovo, ma non ho trovato nulla contro di voi. Siete un onestissimo comunista
                               
L’articolo, a firma dello storico e giornalista Enzo Savanelli, venne scritto nel 1993 per il periodico “ideaCittà.
Spentosi a poco meno di ottantasette anni, Angelo Orlando è stato uno dei protagonisti della storia maranese dell’immediato dopoguerra. Fu il  primo sindaco comunista della città e si adoperò strenuamente per risolvere il problema della disoccupazione e dell’inserimento dei reduci.  Promosse opere pubbliche che furono tappe decisive per il futuro di Marano.
Non gli mancarono denigratori e nemici. Per motivi politici uno scapestrato, ex fascista, tentò di assassinarlo. Evitò il proiettile, ma non poté fare nulla contro il destino che da quel momento perseguirà lui e la sua famiglia. Convinta che Angelo fosse stato ucciso nell’attentato sotto casa, infatti, la moglie fu colta da malore e morirà dopo un breve calvario. Il figlio maggiore, “Tanino”, per vendetta sparò a sua volta all’attentatore.
Questo verrà ferito di striscio, ma nella sparatoria perderà la vita una bimba di tre mesi tra le braccia di una povera donna che si trovava a passare in quel momento.
Poi, a turbare la vita del sindaco rosso, ci fu l’assassinio di Pascalone ‘e Nola e i diciassette anni di carcere scontati dal figlio Gaetano e l’isolamento politico decretato dal partito di Togliatti. Nel 1966, in seguito al centro sinistra e ai precedenti fatti di Ungheria, Angelo passò nel partito socialista candidandosi alle elezioni amministrative del 12 giugno. Ma i tempi erano cambiati. In una amara intervista dell’’86, della quale pubblichiamo i passaggi più interessanti, “don Angelo” rivisse gli anni che lo videro sindaco a Marano.
“…la prima elezione libera del dopoguerra vide a Marano il trionfo della sinistra ed io, comunista, fui eletto sindaco. La disoccupazione era enorme. Precedentemente, in epoca di autarchia, non potendo importare sacchi dall’estero per la commercializzazione della frutta, si usavano le ceste e a Marano erano tutti cestai. Dopo la guerra, invece, il mercato delle ceste crollò improvvisamente e la città si ritrovò povera e senza lavoro. Poi c’erano le scuole, le strade e ‘igiene a cui provvedere. Per le strade c’era un perenne rigagnolo di acqua fetida perché mancavano le fogne e quando pioveva occorreva usare il “carroccio” per passare da una parte all’altra. Per far fronte a questi problemi, organizzai una finta sollevazione popolare. Facemmo credere ai carabinieri che i disoccupati stavano preparando un assalto al Comune ed ai negozi più forniti. Costoro inviarono un allarmato fonogramma al Prefetto e al ministro degli Interni, così mi fu facile essere ricevuto a Roma dal ministro delle Opere Pubbliche, che, tra l’altro, era il comunista Emilio Sereno. A costui, a più riprese, dissi  che a Marano occorreva creare un grosso cantiere per opere pubbliche. Fu così che riunirono i fondi residui dei bilanci comunali dei paesi limitrofi e li diedero a Marano per realizzare le fogne. Con i trenta milioni dell’epoca dotammo di fogna corso Vittorio Emanuele e via Ranucci. Poi riuscii ad avere fondi per altre opere, cosicchè la città era tutto un cantiere. Più di trecento disoccupati, così, ebbero di che vivere. Per farli lavorare tutti, si organizzarono turni anche di notte. Con i fondi successivi fu pavimentata anche piazza Edificio scolastico, che precedentemente era a fondo naturale, e iniziata la strada di collegamento con San Rocco. Infine, portammo la corrente nelle campagne. I nostri avversari politici, sapendo che la maggior parte dei voti il partito comunista li prendeva a Quarto, che allora era una frazione di Marano, decisero che Quarto dovesse diventare Comune autonomo. Alle successive elezioni, dopo che i preti avevano fatto giurare sul santissimo sacramento a quasi tutti i cittadini di non votare nessun partito della sinistra, vinse la coalizione messa in piedi da ex fascisti, democrazia cristiana, monarchici e qualunquisti…”

Quando fu eletto sindaco, Angelo Orlando fece approvare in Consiglio una nuova toponomastica del quartiere Duca d’Aosta. Si sarebbe dovuto chiamare “Rione Antonio Gramsci”. E per rendere più rapida l’attuazione della nuova normativa, furono messe all’inizio del viale due colonne con tabelloni recanti la nuova denominazione dell’abitato.
“…Ovviamente – continua Orlando – questa decisione fu ostacolata soprattutto da preti che, però, non dimenticavano mai di invitarmi a presenziare a tutte le loro processioni. Una volta che si celebrava la processione del Corpus Domini, chiesi perché mai il corteo religioso si tenesse tanto pervicacemente lontano dal rione Gramsci. Mi fu risposto che non vi sarebbero mai andati e che avrebbero lasciato il sacramento a terra se qualcuno glielo avesse imposto. Mi bastò questo per sentirmi in diritto di abbandonare la processione. E con me l’abbandonò tutta la giunta. L’indomani, il reverendo don Vittorio mi chiese scusa e mi invitò a riprendere la processione interrotta aggiungendo che, come segno di pace, il Corpus Domini sarebbe andato anche nell’ex rione Duca d’Aosta. Ma quando fummo lì ci accorgemmo che qualcuno aveva abbattuto le colonne con il nuovo nome dato al quartiere”.

Orlando, giovane sindaco a Marano nell’immediato dopoguerra: il pensiero va a tangentopoli ed all’arricchimento improvviso.

“Non solo non ho mai approfittato di una sola lira – ammette Angelo – ma, essendo comunista, ero mal visto anche dalla prefettura. Tutte le pratiche inviate da Marano finivano immancabilmente nel dimenticatoio, dopo che qualche zelante burocrate vi aveva apposto la scritta “R”, che significava “rosso”. Un modo per dire che non si doveva procedere, perché i comunisti non dovevano avere alcun aiuto. Un giorno il prefetto inviò a Marano il suo vice, dott. Fasano, per un’ispezione sul mio operato. Ispezione unica nel suo genere. Per tre mesi Fasano esaminò delibera, tesoreria, annona, ed indagò tra i dipendenti per trovare qualsiasi appiglio contro di me. Alla fine se ne andò salutandomi con queste parole: “Ero stato invitato per trovare il pelo nell’uovo, ma non ho trovato nulla contro di voi. Siete un onestissimo comunista”.

Poi c’è l’episodio del Natale ’54. Angelo aveva un po’ di pudore a rivelarmelo.

Nessuno ha mai saputo che, quando ero sindaco, ero così occupato a trovare lavoro agli altri che dimenticavo che avevo una moglie e dei figli da mantenere. A Natale del ’54 mi ero trattenuto in Prefettura più del previsto per poter far assegnare dei fondi speciali ad alcuni reduci che quella sera particolare non avevano di che mangiare. Dopo un lungo braccio di ferro riuscii a risolvere positivamente la cosa. Tornai a casa e mia moglie, con molta tenerezza, mi fece capire che non avrebbe potuto preparare il cenone perché non c’erano soldi in casa e lei non aveva potuto acquistare granché. Tutti stavano per festeggiare la santa festa, tranne noi. Non fa niente, metti due maccheroni, le dissi, festeggiamo col poco che teniamo. Natale passerà lo stesso. In quello stesso momento bussano alla porta. Vado ad aprire e una persona, che non ho mai più incontrato, mi lascia tra le mani una spasella di pesci e, senza dire nulla, se ne va misteriosamente come era venuta”.    

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