L’ammiraglio Francesco Caracciolo e i pescatori di telline: il loro destino legato al mare e a Calvizzano

Foto Alessandra Dani

Tra storia e sentimento, un’altra bella pagina scritta da Peppino Pezone

Qualche giorno fa  nel mentre ritornavo a casa dall’ufficio,vagando con i pensieri mi vennero in mente alcuni miei articoli pubblicati su Calvizzanoweb.Soffermandomi su quelli riguardanti i pescatori di telline e l’ammiraglio Francesco Caracciolo mi resi conto di quanto, sia il mare che Calvizzano  furono determinanti per il loro destino. Calvizzano per i pescatori di telline rappresentava la terra natia, li erano le loro case, le loro famiglie, i loro affetti, lo scopo  dei loro sacrifici. Al mare era legata  la  loro più  intensa  speranza ; quella di una pesca abbondante, necessaria per  il sostentamento  delle  proprie  famiglie. Un lavoro durissimo, da cui un rapporto con il mare  probabilmente senza eguali. Intenso, diretto. Sentirsi coperti  quasi per intero dal mare, godere del suo profumo, dei suoi colori unici sia all’alba che al tramonto. Godere del suo silenzio, udire  i  meravigliosi  suoni che scaturiscono dai suoi movimenti,come quello delle onde che accarezzate  la spiaggia si ritirano. Li, in quelle circostanze, l’animo pur inquieto si placa,come un bimbo nella culla dolcemente si addormenta, cullato dalla  mamma e al canto di una  ninna nanna. Per Francesco Caracciolo Calvizzano, rappresentava  un rifugio  sicuro per  poter sfuggire alla sanguinaria rappresaglia borbonica  attuata al tramonto  della Rivoluzione Partenopea. Rilevandosi poi fatale per il suo destino. Sicuro  perché a lui caro, il luogo ove nacque  sua madre, Vittoria Pescara di Diano, duchessa di Brienza, insieme alla quale da ragazzo vi veniva spesso. All’epoca Calvizzano, come ben sappiamo, era feudo dei Pescara di Diano, che vi  preferivano soggiornare per lunghi periodi  in alternativa alla loro maestosa residenza  di  Napoli  in via Monte di Dio. Ecco perché  donna Vittoria e altri suoi fratelli, vi nacque  tra cui Antonio, il giovanissimo capitano di fregata che, avviato ad una brillantissima carriera nella marineria borbonica, morì a soli ventiquattro anni. Bella artisticamente  e dal contenuto toccante  la lapide che sua madre la duchessa Lucrezia Reggio Branciforte gli dedicò  e che possiamo ammirare nella nostra chiesa madre. Francesco Caracciolo, sin da piccolo mostrò  di avere le virtù per essere un bravo navigante; il coraggio e l’amore verso il mare. Doti che suo zio materno,  ,l’ammiraglio don Domenico Pescara di Diano, intuì in lui dopo averlo imbarcato  a soli cinque anni sulla sua nave in una impegnativa traversata del Mediterraneo. Caracciolo fu quindi  un’ espertissimo uomo di mare trascorrendovi gran parte della sua  vita. Si distinse, diventando quasi un mito per i navigatori dell’epoca, soprattutto dopo aver affrontato  e sconfitto le orde piratesche che all’epoca  infestavano tutte le rotte del Mediterraneo. Rapidamente  raggiunse  il massimo grado  di ammiraglio, dimostrando in più occasioni  il suo  leale e disinteressato attaccamento alla corona. Forte fu la sua insistenza su  re Ferdinando IV nell’inutile  tentativo  di convincerlo ad annettere Malta al suo regno, tenuto conto della favorevolissima posizione geografica dell’isola.  Però, progressivamente, la sua considerazione nei confronti di Ferdinando IV si allentava sempre di più, tramutandosi  in amara delusione quando questi all’insorgere della Rivoluzione Partenopea, abbandonò Napoli e i  napoletani al loro  destino, scappando  a Palermo, dopo aver svuotato le casse del regno e ordinando che venisse  bruciata  l’intera  flotta partenopea. Per Caracciolo vedere in fiamme quelle navi fu doloroso, così come fu assai amaro  apprendere che re Ferdinando per quella fuga a Palermo aveva deciso  di salire sulla nave condotta dallo straniero  Nelson e non sulla sua. La cronaca di quel viaggio descritta dagli storici del tempo racconta che all’altezza della costa Calabra del basso Tirreno furono colti da una furiosa tempesta per cui la nave  di Nelson  con a bordo  re Ferdinando e la sua famiglia  rischiò di affondare, nel mentre quella di Caracciolo che viaggiava   accanto navigava sicura. Probabilmente furono anche questi accadimenti che lo convinsero di  aderire alla Rivoluzione Partenopea. Il tragico epilogo della sua vita, come ben sappiamo è direttamente legato a Calvizzano. Dopo aver  attraversato per una vita tutti i mari, superando terribili tempeste e cruente battaglie, vittima di un destino beffardo e crudele, incontrò la sua fine proprio nel luogo che lui considerava più sicuro

Peppino Pezone

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