Mi rivolgo al Sig. Biagio Sequino, con tutto il rispetto per le sue idee, che
ha il diritto di schierarsi dove e come meglio crede. Personalmente, però,
penso che la cosa più umiliante per il popolo del Sud è credere che per
migliorare le nostre condizioni e per far valere i nostri diritti, ci si debba
affidare ad un uomo del Nord. La mia storia ha 52 anni, quanto la mia età e la
mia memoria ne ha piene le tasche di uomini del nord che ci vogliono aiutare,
nel frattempo ci hanno convinto che per una strana causa... forse l'aria
infetta, se siamo nella merda è sempre stata colpa nostra. La realtà,invece, è
ben altra e continua a ritroso ben oltre la mia memoria: l'amara realtà per il
Sud inizia 156 anni fa e, da allora, non è mai cambiata. Napoli in mano alla camorra la consegnarono
i piemontesi e questa è storia, come lo sono il saccheggio, la rapina, gli
stupri e i massacri subiti dai nostri avi. Non sono un revisionista e non posso
esserlo perchè si può revisionare la storia passata... ma quella storia è
tutt'altro che passata: l'emigrazione delle nostre genti, iniziata pochi anni
dopo quel tragico evento, è ancora in atto. Si guardi intorno sig, Sequino,
vedrà tanti suoi conterranei, accademici e non, intellettuali e non, ben più
degni di Matteo Salvini, per poter avere a cuore le sorti di questa terra, non
era il caso di affidarsi a chi con parole e fatti ci ha umiliato peggio di come
ora sta facendo con i migranti. Fino a pochi mesi fa lei, sig. Sequino, insieme
a tutti noi, eravamo per la bocca di Salvini quello che ora sono gli
"islamici" i rom e i negri. Tutto ha un limite di decenza, anche la
convenienza politica. Affidarsi alle ricette di chi ci ha espressamente
dimostrato il proprio disprezzo vuol dire accettare implicitamente di aver
assimilato il complesso di inferiorità, ma vuol dire soprattutto rinnegare
l'orgoglio, l'unica cosa che non ci hanno potuto togliere: tutto il resto se lo
sono già preso. Rinnegare la memoria e il sangue di chi ha combattuto perdendo
è più sacro di quello dei vincitori, perché è il nostro e perché ci hanno
lasciato la speranza e la dignità. Almeno queste cose teniamocele strette, sig.
Sequino.
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