Lia, alzati e ricomincia da te


“Mentre la Ricciardiello è capace di donarci tanta bellezza inaudita attraverso i suoi versi, bilancia tutto questo con un amaro e oscuro malessere interiore che le attanaglia lo spirito e l’animo. Vorremo che lei ora ci dicesse ancora nuove cose, vorremmo riascoltare la sua voce e la sua coscienza”

CROCI

Ho visto cimiteri di Cristi
inchiodati nel legno.
Sotto lo stesso cielo.
Vestiti di eguali stracci
di ipocrisia e paura.
Niuna donna inginocchiata.
E piangente.
Ho preso un ferro da mastro
e ho rimosso chiodi arrugginiti.
E sangue stagnante
si scioglieva in calde lacrime
su gote asciutte.
E io, fabbro esperto
insegnavo loro il mestiere.
Chi mi farà scendere dalla mia croce?


Quando io e Lia Ricciardiello nei giorni in cui nacque LIADE eravamo intenti a formare il libro non mi sfuggì questa sua bellissima poesia contenuta nella raccolta. Ma il ritmo forsennato dei giorni di gestazione di questo bellissimo volume di poesie e pensieri non mi permise di parlarne. Lo faccio adesso.

La lirica comincia subito con una delle memorabili visioni del poeta: un intero cimitero di “Cristi” inchiodati nel legno. Tutti noi hanno visto un cimitero e tutti noi hanno naturalmente coscienza di un Crocifisso. Solo lei, nel suo furore parossistico, creativo e alto riesce a forgiare il Cristo in un numero di replicanti che hanno la stessa sostanza dell’originale. Queste figure di dolore coesistono tutte sotto un medesimo cielo, non fisico, non atmosferico ma biblico! Il cielo, secondo il poeta, contiene il tutto il dolore della cristianità moltiplicato più volte. Qui, in questi versi: “Vestiti di eguali stracci/di ipocrisia e paura.” Si fa strada l’ipotesi plausibile che questi individui in croce siano i poveri, i derelitti, gli ultimi del mondo. Teniamo presente che Lia Ricciardiello è un soggetto molto complesso sotto l’aspetto esistenziale e nei confronti della Fede. Ella muove spesso guerra e critiche alla struttura portante della Chiesa Cattolica perché ben conosce le vicende e le contraddizioni, anche sul profilo squisitamente filologico e teologico ha molto da ridire ma, nel suo più profondo recesso dell’animo, ha luogo un rapporto privilegiato con figure potentissime della cristianità, su tutte la Vergine Madre di Gesù e il Cristo stesso. Figure emblematiche, portatrici di grandezza e mistero che lei considera, privilegiandone la centralità i pilastri di tutta l’ascesi cristiana. Andiamo avanti e troviamo la conferma di quello che stiamo osservando: “Niuna donna inginocchiata.
E piangente.” Lia, con il solito piglio dell’Amazzone, s’impossessa della scena evangelica per eccellenza e ne cancella una parte mutilandone la struttura filosofica: la Croce in alto e le “Tre Marie, la Madre di Gesù, Maria di Magdala e Maria di Cleofa.” Via le donne piangenti, la scena che produce la Ricciardiello è una “tela strappata” che rappresenta ciò che si sta compiendo in due momenti eterni della storia dell’uomo: la morte fisica di Gesù, la più grave sciagura mai occorsa all’umanità: il deicidio. La morte per stenti e sofferenze dei poveri e degli umili di origini, quelli che non hanno nulla, quelli cari a Gesù. Ma senza le donne bibliche. Qui non siamo sulla collina del “Calvarium” ma, nel mondo materiale degli uomini, elemento di tipo “esclusivo” inteso come: dove c’è ancora povertà e dolore non ci sono figure cristiane come le Marie e viceversa. Una nota tecnico-stilistica: notate l’impiego della bellissima forma classico-leopardiana del pronome, in questo caso, “nessuna” in “niuna”. “Ne unum”. Molto elegante. Nei versi successivi vediamo all’opera la solita Amazzone, quella che interviene come una sorta di “supereroe” e afferra strumenti e ferri allo scopo di liberare i Crocifissi dai chiodi. Operazione diametralmente opposta a quella infamante della messa in croce del Cristo. È questo un momento importantissimo della lirica, qui c’è una svolta. Lia riavvolge il nastro degli accadimenti evangelici. Il “Time lapse” dell’episodio cruciale della cristianità va indietro! Gli uomini vivono una sorta di “seconda possibilità” qui il Cristo non è più sulla croce ma il tempo cronologico e stato afferrato per i capelli e riavvolto. Gli eventi si sono accartocciati fino ad annullarsi del tutto. Il sangue stagnante (sangue rappreso, vedete come il tempo per lei non esiste? Il fatto è avvenuto secoli fa e il sangue secco lo testimonia ma, questo sangue, si tramuta il calde lacrime, la condizione calda delle lacrime richiama alla mente la vita, fa rinascere il corpo che ancora presenta l’aspetto della morte: le gote secche. Un nuovo patto tra dio e il genere umano è possibile ora che Lia ha cancellato tutti i segni dell’infamia. Ora il poeta è un “fabbro” che conosce il fatto suo, sa come intervenire e ne è consapevole fino a volerlo insegnare, come se avvertisse che lei da sola, non basta a svellere chiodi, tanta è la moltitudine di “Crocifissi” al mondo. La lirica si chiude con la vera essenza del Poeta Lia Ricciardiello: mentre lei è capace di donarci tanta bellezza inaudita attraverso i suoi versi, bilancia tutto questo con un amaro e oscuro malessere interiore che le attanaglia lo spirito e l’animo. Il poeta, effettua un processo contrario al personaggio del libro di Stephen King “Il miglio verde”: John Coffey, una sorta di Gesù dei tempi nostri (le iniziali questo dicono, Jesus Christ) introietta tutto il male del mondo dentro sé per poi starne male egli stesso. Lia invece ci regala bellezza e emozioni belle, spossandosi e svuotandosi senza lasciarne traccia in sé. Solo i veri poeti sono capaci di tanto. La poesia di Lia è tutta la sua sostanza. Vorremo che lei ora ci dicesse ancora nuove cose, vorremmo riascoltare la sua voce e la sua coscienza. Grazie Lia.

Enzo Salatiello

Lia fai prevalere l'Amazzone che è in te: “alzati” e continua a scrivere, ci manca la tua poesia  







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