Calvizzano, 5 lutti cittadini in meno di due mesi: “buon viaggio Peppino, Giacomo, Antonio, Alfonso, Arturo
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Foto Libero Quotidiano |
Analisi e riflessioni
sulla morte di Enzo Salatiello
Lunedì mattina, alle
ore 7,00 circa, ho sentito la sirena del 118. Si è spenta proprio vicino casa
mia. Dopo un po’ su facebook ho visto la notizia: “Nuova tragedia a Calvizzano in via De Filippo”. Un altro
compaesano, Giacomo Ricciardiello, periva ferendosi con la sua motozappa.
Ancora un lutto. Improvviso. Come un pugno in pieno volto nel buio. Il 26
luglio, giorno di Sant’Anna. Mi alzo alle 5,40. Faccio il turno di lavoro
corto. A casa, nel primo pomeriggio riposo un po’. Ancora preso dal torpore del
riposo, leggo su facebook: “Non ci posso
credere”, su uno sfondo nero e una foto di Peppino Salatiello, il sindaco.
Non capisco, non affiora il senso compiuto nella mia mente. Il sindaco è morto.
Ancora… veniamo da due morti altrettanto destabilizzanti per la comunità:
giovani, sulle moto. L’estate porta via senza chiedere, vite in cambio di che
cosa? Di nulla. Il tributo è a senso unico. Riflettere sulla morte è
un’operazione rischiosa, si corre il serio pericolo di “scivolare” su un terreno scosceso che può franare in ogni momento.
Indagare la morte da parte di una coscienza “viva” è sempre un’impresa asintotica. Quest’azione speculativa
che facciamo tende a coincidere con la sostanza e la struttura della morte ma,
essendo vivi ci dobbiamo accontentare di sfiorarla, la “A” privativa ci impedisce di raggiungere e coincidere con il concetto
e per fortuna! Perché conoscere e capire la morte significa, con l’aiuto di un
ossimoro: viverla. La morte di un
organismo vivente vista da un vivente, è la rappresentazione macrovisiva di un
processo che dà la sensazione di avvicinamento alla stessa. Chi di noi quando
ha visto le spoglie di uomo non ha pensato al “passaggio” nell’ignoto? Tuttavia possiamo azzardare un indagine
prospettica di una zona di confine tra le due dimensioni: Il confine
vita-morte. Esso é col passare del tempo sempre meno avvolto dalle tenebre,
ovviamente parliamo di piccolissimi passi, oggi sappiamo con il valido apporto
di strumentazioni sofisticate, misurare il parametro effettivo che ci dice se
in un organismo vi sia ancora vita o meno. L’elettroencefalogramma (EEG) é uno
di questi. Consiste in un esame diagnostico che ci rivela l’attività cerebrale
anche in soggetti che apparentemente non rispondono a stimoli esterni. Persone
che hanno subìto gravi traumi fisici o a causa di malattie si sono trovate su
quel confine nella penombra tra vita e
morte. Tra il nostro mondo e
l’ignoto, si è così costatato, che in assenza di parametri vitali, di mancanza
di segnali di vita non abbiamo potuto conoscere né capire la loro esperienza:
Dov’erano? Ci sentivano? Con chi erano? In che stato erano? Quali erano i loro
pensieri? Paura, indifferenza, incoscienza? Felicità? L’esperienza del confine
vita-morte é conosciuta con l’acronimo NDE (Near Death Experience), esperienza pre morte appunto. Se ne
conoscono due tipi: Chi, dopo essersi ripreso, ha riferito di aver vissuto
un’esperienza popolata da parenti morti, un ambiente
ultraterreno, riconducibile al mondo da noi immaginato come l’”Aldilà”. La
seconda é detta “extracorporea” dove il soggetto affermava di essersi staccato
dal corpo ed essendosi liberato in aria come se non fosse più soggetto alla
gravità, aveva avuto la capacità di assistere alla scena dei soccorsi. Queste
cose, non devono far sorridere, chi scrive non ha un’impalcatura etica di tipo
cattolico, quindi scevro da convincimenti dettati dalla Teologia cattolica con
tutto la sua “Sofia” che ne traccia il
percorso. Il notissimo psicologo e medico americano Raymond A. Moody jr. ha
dedicato tutta la sua vita a questi studi, egli ha pubblicato numerosi libri in
cui si raccolgono molte testimonianze di persone che hanno vissuto tali
esperienze. Perché ci provoca tanta ansia la morte di una persona anche se non
di famiglia? Perché non conosciamo il percorso della coscienza, quella “presenza” che coabita con noi e in
ognuno di noi e che si manifesta in modo elementare quando siamo soli, (Blaise
Pascal) o quando sogniamo ma, molto più marcatamente quando si è catapultati in
un mondo simile. Il dolore che si prova alla vista di una morte altrui sia esso
stesso una “piccola morte”. Nel senso che esiste un campo relazionale
sovrastrutturato, non appartenente alla dimensione unica quadrimensionale della
nostra esistenza. Che lega ogni spirito (elemento diverso dall’Anima, e che
possiamo individuarlo come la COSCIENZA) esistente. Ogni coscienza che lascia
un corpo e va via provoca una micro lacerazione a tutte quelle altre che
rivestono il ruolo di osservatrici dell’evento. Ci basta passare in autostrada
e vedere un lenzuolo addosso a qualcuno che non si è mai visti e non vedremo
mai che ci porta dentro l’alito freddo della morte. In sintesi, tutte le
coscienze degli Universi compreso il nostro (Teoria del Multiverso) vivono in
continua simbiosi e immerse in una sorta di “Campo quantico” che
formano nel loro colossale insieme una relazione collettiva: la “MENTE DI DIO”.
La Meccanica quantistica sta
fornendo nuovi indizi, che potremo esporre in un'altra occasione perché molto
complessa. Siamo noi stessi piccole divinità che hanno “dimenticato” il loro
vero essere. Noi tutti siamo esseri speciali che vivranno al di fuori delle
dimensioni spazio temporali. Il tempo, che tutto invecchia e cambia, è dovuto
allo spostamento della materia, e quindi alla dilatazione dello Spazio. L’Universo
ha cominciato a muoversi a velocità super limunali 13,5 miliardi di anni fa
quindi, il Tempo è un segmento, non una retta, nemmeno una semiretta perché se
ha avuto un inizio avrà anche una fine. Noi abbiamo la facoltà di superare il
Tempo. La morte altro non è che un passaggio di stato della coscienza a
livelli sempre più alti. Un po’ come succede con le molecole
dell’acqua, una reazione termica (cambiamento della temperatura) ne determina
lo stato: solido, liquido e gassoso. Non sappiamo a che punto siamo del
percorso. Non sappiamo quanto viaggeremo e quanti stati valicheremo ma credo
che una cosa sia certa: questa vita, nonostante ci sembri colossale perché
basata su valori di riferimento della Meccanica Classica almeno in apparenza,
altro non è che un corridoio da attraversare. Il viaggio continua: Buon viaggio
Peppino, Giacomo, Antonio, Alfonso, Arturo e a tutte le coscienze in viaggio.
Vi penseremo sempre perché sappiamo che esistete ancora e in una condizione
meglio strutturata.
Enzo
Salatiello