A Enzo Salatiello non piace l’dea di un museo in onore dell’ammiraglio Caracciolo: “la mitica rivoluzione del 1799 è un’autentica barzelletta”

In questo appartamento, ubicato nel Palazzo ducale, c'è la famosa botola dove, secondo alcuni storici, fu catturato Caracciolo 

Da un  simpatizzante del movimento neoborbonico riceviamo e pubblichiamo

Gentile Mimmo,
noi ci conosciamo e per questo permettimi di esprimerti tutta la mia stima e amicizia.
Per quanto riguarda il contesto che ha determinato il discorso caduto sull’Ammiraglio Caracciolo sorvolerei perché non ci trovo nulla di interessante, mi preme però dirti (scusami sono di poco più giovane di te ma la tua gentilezza e buon senso mi spingono a darti del tu) qualcosa sull’opportunità di intitolare la Villa comunale al suddetto e all’istituzione di un museo in suo onore… già, l’onore. Non credo che i “Neoborbonici” che conosco tutti molto bene, si appigliano a questioni simili, parlo dei dirigenti riconosciuti da tutti: il prof. Gennaro De Crescenzo, l’avvocato Alessandro Romano e tanti altri ancora, la galassia ormai, come quelle vere si sta espandendo e due parole vanno dette: Cosa diresti se un ammiraglio della United States Navy, tradisse gli Stati Uniti, disattendendo gravemente gli ordini dell’autorità del presidente e mettesse a disposizione della Corea del Nord una sua corazzata? Credo che ci sarebbe da discutere su una possibile pena capitale, e siamo nel 2017! Mi si dirà: “Ma l’America è una democrazia a suffragio universale, la sovranità appartiene al popolo, mentre nel 1799 i Borbone erano una monarchia assoluta e non eletta da nessuno”. 
Nessuno Stato del XVIII secolo sapeva cosa fosse una democrazia, nemmeno la Francia postrivoluzionaria. Eppure la legalità era un concetto accettato da tutti. La mitica Rivoluzione del ’99 è un’autentica barzelletta. Essa non ha prodotto ideali, non ha portato per Napoli progressi (se si tralascia qualche buona opera sotto Murat) anzi, i francesi erano gli americani dell’epoca che esportavano democrazia, portarono con loro gingilli come la ghigliottina, mentre stante la pena capitale nel Regno duo siciliano erano più le grazie che le esecuzioni tanto che molti liberali e dissidenti della politica ferdinadea ammettevano che se il Regno era caduto lo si doveva anche al fatto che il monarca Ferdinando II di Borbone non aveva fatto cadere le teste giuste e il degrado che accompagna il Sud dal 1861 è ancora qui e lotta con noi. Un’altra figura emblematica della cosiddetta Rivoluzione è Eleonora Pimentel Fonseca, nobildonna, dama di compagnia e bibliotecaria di sua Maestà Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, regina consorte di Ferdinando I delle Due Sicilie, il re sentitosi umiliato e preso in giro la fece condannare a morte (sfruttando l’antica amicizia e quindi l’indulgenza dei reali napoletani, fece credere di essere incinta e quindi in base a una legge del Regno (!) non poteva essere sottoposta all’esecuzione). A questa donna le era stato anche accordato nel 1785, un vitalizio di 12 ducati da parte del re. La rivoluzione partenopea fu fatta da elitès intellettualoidi che non capirono che nel contesto napoletano e duo-siciliano gli ideali della Francia giacobina ci stavano come la marmellata sugli spaghetti ai frutti di mare. Non fu mai una sollevazione di popolo, quest’ultimo e il suo re vivevano in un connubio unico in tutta Europa, tanto che la rivoluzione fallì sotto i colpi di Fabrizio Ruffo che alla testa di un’armata di volontari così detti “lazzari” perché di popolani si trattava, si batterono in nome del re e della fede cattolica. Perciò suggerirei di scartare sia l’ipotesi dell’intitolazione alla Villa comunale che della nascita di un museo che oltretutto avverrebbe in un momento di risveglio culturale e in controtendenza alla ufficialità della storia risorgimentale che contiene menzogne, lutti, impoverimento e cancellazione del nostro glorioso passato di Stato-Nazione già fin dal 1130! Ti saluto e ti ringrazio per la pazienza, sempre disponibile a dibattiti e incontri anche pubblici anche con il mio amico Peppino Pezone al quale voglio molto bene. In ultimo mi faccio aiutare da un insospettabile che scrisse in una sua opera quanto segue:
« I Francesi furono costretti a dedurre i princìpi loro dalla più astrusa metafisica, e caddero nell'errore nel qual cadono per l'ordinario gli uomini che seguono idee soverchiamente astratte, che è quello di confonder le proprie idee con le leggi della natura. »
(V. Cuoco - Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799)

Saluti, Enzo Salatiello

Grazie per la stima e l’amicizia, gentile Enzo: a questo punto il tu è obbligatorio. Il tuo punto di vista sulla Rivoluzione partenopea del 1799, direi autorevole, visto come scrivi e racconti questo spaccato di storia di fine 700, va rispettato ma anche analizzato. Questo compito spetta a coloro che ne sanno più di me di giacobinismo e di Rivoluzione francese. Ritengo che il nostro amico comune Pezone sia più titolato a farlo. Ma ben venga qualcun altro che desideri inserirsi in questo dibattito molto interessante. Questa è vera cultura, perciò sono io a ringraziarti di nuovo per averci dato l’opportunità di metterla in pratica. La mia idea su Caracciolo è sempre la stessa, quella che ho espresso pochi mesi fa su questo blog. La ripeto per coloro che non hanno avuto l’opportunità di leggerla.  Caracciolo, nelle cui vene scorreva un po’ di sangue calvizzanse,  fu  un grande eroe della rivoluzione partenopea del 1799, promossa dalle famiglie nobili guidate dal principe Gennaro Serra di Cassano e da un gruppo di intellettuali. I rivoluzionari furono tutti impiccati, molti morirono per strada e decapitati: le loro teste mozze vennero prese a calci dai Lazzari (quelli che tu, se ho capito bene, fai passare per una sorta di eroi) da quel momento chiamati lazzaroni. Caracciolo fu attratto dalle ideologie egualitarie propagandate  dalla Francia rivoluzionaria. Uno dei pochi a rendergli onore, fu Alexandre Dumas nel suo capolavoro “La Sanfelice”, descrivendo Caracciolo come una delle figure più nobili, coraggiose e capaci che animarono le vicende della Repubblica napoletana del 1799. Pertanto Caracciolo che, secondo Cuoco, da solo valeva un’intera flotta, dalla penna di Dumas viene trasformato nell’archetipo dell’eroe tragico. A nostro avviso andrebbe studiato nelle scuole, in particolar modo in quelle calvizzanesi.
Intitolargli la villa comunale? Non accadrà mai, poiché i neoborbonici locali, guidati da un autorevole esponente dell’amministrazione Salatiello, l’assessore Lorenzo Grasso, non lo consentirebbero mai. La villa è un luogo di  aggregazione  e unione, non di divisione. Veniamo al museo della Rivoluzione partenopea, nella casa dove l’ammiraglio fu catturato ed esiste ancora la botola del suo nascondiglio. Riteniamo che sia un’idea geniale, in primis perché unica nel suo genere, poi perché il museo fungerebbe da attrattore turistico di proporzioni immense per studiosi, scolaresche e appassionati di questo scorcio di storia rivoluzionaria. La città, a parte il grande rientro d’immagine, avrebbe benefici in tutti i sensi. Inoltre, sarebbe un’ occasione anche per voi borbonici per propagandare più efficacemente le vostre idee.


Mimmo Rosiello  

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