Pezone ripropone la sua idea di un museo della rivoluzione partenopea nella casa dove fu catturato Caracciolo: costituirebbe una sorta di riabilitazione nei confronti dell'eroe. Il Comune affidi l’organizzazione alla platea studentesca di Calvizzano, in primis agli studenti universitari e a quelli dell’ottima media locale, diretti da un’appassionata e preparatissima preside
Dall’appassionato di
storia locale, Giuseppe Pezone, riceviamo e sempre volentieri pubblichiamo
Interno Palazzo ducale, dove si presuppone sia avvenuta la cattura dell'ammiraglio Caracciolo |
Caro Mimmo, qualche
giorno fa apprendevo dal tuo sito che in un pubblico convegno sulla
legalità,uno dei relatori , di fede neoborbonica,affermava che l’ammiraglio
Francesco Caracciolo era un traditore. Non conosco quali siano i motivi che gli
hanno fatto maturare tale convincimento,posso immaginarlo,ma comunque rispetto
il suo pensiero. Ho dallo stesso articolo
appreso del tuo rinnovato
interesse alla proposta da me lanciata di creare nell’appartamento del palazzo ducale di
Calvizzano dove fu catturato l’ammiraglio Caracciolo, un museo sulla
Rivoluzione Partenopea. Non nascondo che la cosa mi ha fatto molto piacere e
per questo ti ringrazio. La Rivoluzione Partenopea rappresenta
ad oggi,la parte più amara e tragica della storia non solo di Napoli ma di tutto il Sud per le
tante esecuzioni capitali che colpirono quasi tutti quelli che vi aderirono, per
lo più giovani che rappresentavano il
fior fiore della cultura napoletana. Alcuni erano figli del popolo altri
appartenenti a importanti famiglie nobili come il giovane Gennaro Serra dei
principi di Cassano, l’ammiraglio Francesco Caracciolo ed altri . Pagarono con
la vita l’aver aderito con tutta l’anima agli ideali di libertà di
democrazia e di uguaglianza che in quel periodo erano fioriti in Europa. Di questi mi piace ricordare il
medico scienziato e botanico Domenico Cirillo, il quale non faceva mai mancare
la sue assistenza e le sue cure per lo più ai poveri, così come Francesco Mario
Pagano giureconsulto del quale erano
famose le appassionate arringhe in difesa dei poveri, tanto che veniva chiamato “l’avvocato dei poveri “
e Gennaro Serra, la cui decapitazione avvenuta il 20.08.1799 in piazza Mercato a
Napoli suscitò particolare orrore , data
la sua giovane età e si ricorda la
fierezza con cui affrontò il patibolo. Da quel giorno suo padre , il principe Luigi Serra di Cassano,
con il cuore colmo di dolore, dal quale pare mai si riprese, dispose che in
segno di lutto il portone dell’entrata principale del palazzo di Napoli , quella
che da su via Egiziaca a Pizzofalcone posta di fronte il palazzo reale, restasse
chiuso in eterno in segno di lutto. Da allora è stato aperto e per poco tempo solo in occasione del bicentenario della morte
del giovane Gennaro Serra, poi nuovamente rinchiuso e così resterà per sempre. Attualmente ha li sede l’Istituto Italiano per
gli Studi Filosofici fondato da Gerardo Marotta che ne è tuttora il presidente
e si accede da via Monte di Dio , che all’epoca era l’ingresso secondario. Sconfitti i
rivoluzionari dall’esercito organizzato dal
cardinale Ruffo, Ferdinando IV ritornato a Napoli da Palermo dove si era rifugiato, in piena
restaurazione cedette alle pressione della moglie la regina Maria Carolina e
tutti i rivoluzionari catturati furono decapitati o impiccati. Maria
Carolina come è facilmente comprensibile
era letteralmente terrorizzata da quello che era stato il destino di sua sorella Maria Antonietta regina di Francia,
ghigliottinata dai rivoluzionari francesi pochi anni prima. La carneficina che subirono i
martiri della Rivoluzione
Partenopea, ebbe luogo nonostante il cardinale Ruffo avesse convinto Ferdinando IV ad emettere un provvedimento che disponeva il
carcere a vita o l’esilio ai
rivoluzionari , facendo leva sul fatto che rappresentavano il fior fiore della cultura
nel Regno. Facendo leva proprio su tale
provvedimento,che realmente fu emesso,
da Ferdinando IV, alcuni ufficiali inglesi a bordo della nave Minerva disperatamente
implorarono Nelson che aveva organizzato
il processo-farsa che condannò a morte
Caracciolo , di non impiccarlo e di consegnarlo al Re, tenendo inoltre conto anche che era
un suo pari grado. Ma inutilmente, in quanto Nelson frettolosamente ne ordinò
l’impiccagione, sordo pure all’ estremo accorato invito rivoltegli dal
Caracciolo che gli chiedeva di fucilarlo il luogo dell’impiccagione. Tale grave
comportamento del Nelson nel tempo è stato duramente criticato anche da storici inglesi e questo ne ha offuscato la fama di eroe
nazionale. Ritornando a Maria Carolina, per
lei interferire nelle cose di Stato addirittura con diritto di voto gli
risultava semplice in quanto tale prerogativa era stata sancita nei capitoli matrimoniali (veri e propri contratti
che prima di un matrimonio tra nobili, stabilivano la vita coniugale
soprattutto per quanto riguardava i diritti di entrambi i coniugi),come preteso
da sua madre l’imperatrice d’Austria
Maria Teresa. Inoltre era facilitata dal fatto che Ferdinando IV era più dedito alla ricerca di facili piaceri
che alle questioni e a curare l’interesse del regno , al contrario di suo padre
Re Carlo III sovrano illuminato,che per
Napoli e tutto il regno aveva fatto tanto , lasciando il regno delle due Sicilie ricco
e bene organizzato in tutte le sue principali attività. Carlo III , la cui
grandiosità d’animo e di regnante la
dimostrò quando prima di lasciare Napoli per acquisire il trono di Spagna, volle
che si costruisse nella città un fabbricato talmente grande da poter ospitare tutti i poveri del regno. L’ingente
somma stanziata per la costruzione fu
affidata al principe
di Aci cugino della duchessa di Calvizzano Lucrezia
Reggio Branciforte nonna materna
di Francesco Caracciolo , di assoluta
fiducia di Re Carlo III . La progettazione e la realizzazione fu affidata
all’architetto Fuga tra i più famosi
dell’epoca. Tale edificio , sito in
piazza Carlo III tuttora chiamato “ Albergo dei poveri” lo si
può ancora ammirare in tutta la sua grandiosità. Ritornando all’ammiraglio
Caracciolo, mi limito a ricordare che quando aderì alla Rivoluzione
Partenopea era duca, ricco e aveva
raggiunto l’alto grado di ammiraglio. Perché dunque avrebbe dovuto tradire?
Sicuramente non gradì l’incendio della
flotta napoletana ordinata da Ferdinando IV prima di fuggire a Palermo, una
flotta a cui Caracciolo era molto legato, lui che sin da piccolo a bordo di quelle navi aveva navigato per mezzo mondo, iniziando con suo zio materno
l’ammiraglio don Domenico Pescara di
Diano dei duchi di Calvizzano nato anch’egli probabilmente a Calvizzano. Così come non tenne
celato il suo disappunto verso
Ferdinando IV quando questi con
la sua famiglia proprio scappando da Napoli, per raggiungere Palermo si imbarcò
sulla nave Vanguard di Nelson e non sulla
nave Sannita condotta da lui ,offendendolo
in modo così palese. Su questa nave furono
caricati tutti i gioielli della corona, le cose più preziose conservate nei
musei dl Regno e il danaro del pubblico
dai Banchi. Scelta che si rivelò per
Ferdinando IV assai infelice,in quanto la nave su cui lui
viaggiava, durante una tempesta all’altezza di Melito Porto Salvo,rischiò di
affondare,mentre quella condotta dall’ammiraglio Caracciolo,navigava affianco
sicura tra i tempestosi marosi. Stizzito
e per questo visibilmente impacciato Nelson, come narrano gli storici
presenti, non riuscì ad eseguire la
pur semplice manovra e per attraccare nel porto di Palermo, dovette salire a bordo l’ammiraglio Acton che eseguì la manovra. La
storia poi ci racconta che caduta la Rivoluzione Partenopea , Caracciolo si rifugiò a Calvizzano, luogo
a lui caro e ritenuto sicuro ,luogo ove con la madre Vittoria Pescara di Diano duchessa di Brienza che li
era nata , aveva trascorso lunghi periodi dell’infanzia e della giovinezza. Purtroppo proprio da Calvizzano,
a mio parere probabilmente partì la soffiata ai Borboni la quale rivelava che
nel palazzo ducale si nascondeva Caracciolo. Una
vicenda torbida, su cui sto intensificando le mie ricerche per capire chi e per quale motivo lo tradì proprio nel
luogo ove lui si sentiva più sicuro. Per
questo motivo su Calvizzano incombe una
responsabilità,anzi una colpa storica ,per non averlo saputo proteggere ,lui
che era stato sempre prodigo verso i calvizzanesi, come lo
era stata sua nonna la duchessa Lucrezia Reggio Branciforte. Un museo dedicato alla Rivoluzione
Partenopea organizzato nelle stesse
ampie stanze del palazzo ducale di Calvizzano, ove è ancora esistente la botola
che dava accesso al suo nascondiglio,sarebbe veramente importante ,sotto
l’aspetto storico-culturale con una sicura positiva ricaduta di immagine e non
solo per Calvizzano. Sarebbe inoltre un custodire per sempre la
memoria di Caracciolo e di tutti i giovani martiri della Rivoluzione
Partenopea. Una sorta di riabilitazione da parte di Calvizzano nei suoi confronti . Sarebbe costruttivo
affidare la sua organizzazione al mondo studentesco di Calvizzano, in primis
gli studenti universitari e quelli dell’ottima scuola media locale, diretta da
un’appassionata e preparatissima preside, i quali
sicuramente resterebbero
affascinati da tale impegno dando il meglio di loro.
Peppino Pezone
Caro Peppino, la tua
rinnovata proposta, neanche a farla apposta, arriva in un momento in cui si sente
il bisogno di alzare il tiro dell’asticella della cultura. Ma, indirettamente, sarebbe anche una risposta a chi, come il
meridionalista borbonico Forgione (intervistato dal nostro blog in un video che
hanno visto in pochi a differenza del litigio tra Salatiello e Sequino,
cliccato da oltre mille 300 persone) e
il maresciallo Lorenzo Grasso, consigliere comunale di maggioranza e fondatore di un Movimento neo borbonico, pensano
che davvero Caracciolo sia stato un traditore. Credo, purtroppo, che pure
questa volta, nonostante i nostri proclami, la tua brillante idea non venga proprio presa in considerazione. In questo
momento particolare in cui i pensieri sarebbero rivolti al Piano urbanistico,
al business del nuovo cimitero con inceneritore annesso, alle prossime
amministrative, quanto può contare Caracciolo,
che, tra l’altro, come la questione delle
luminarie, non porta neanche un voto?
Caro Peppino, tu oltre
a essere una persona colta e perbene, sei anche molto buono poiché non te la
sentiresti mai di pronunciare una parola contro coloro (tanti, tanti, tanti)
della maggioranza e dell’opposizione che dovrebbero andare a lezione di storia,
perché non sanno neanche le attinenze tra la Rivoluzione partenopea e la città dove vivono
e continuano a rastrellare voti, ma solo perché piazzerebbero i loro supporters
nel servizio civile, nel servizio civico comunale, nel nucleo di valutazione,
tra gli scrutatori, nelle imprese compiacenti eccetera. Perciò mettiamoci l’anima
in pace. Comunque non demordiamo.
Mimmo Rosiello