Diciannovesimo anniversario della morte di don Giacomo Di Maria, neanche una messa per onorare la memoria del prete e storico dimenticato
Gli è stata dedicata la biblioteca comunale (mah!):
troppo poco per un calvizzanese illustre che ha speso la sua vita per la ricerca
storico-archeologica, facendo conoscere Calvizzano oltre i confini nazionali.
Dal 1950 al 1995 ha pubblicato 24 libri. L’Accademia pontificia gli conferì il
titolo di “Doctor honoris causa”. Dall’amministrazione nessun attestato di
merito e riconoscenza verso l’insigne studioso di Storia Patria
“Lutto nel mondo della cultura e della storia locale”.
Così titolarono diversi giornali in occasione della morte del reverendo don
Giacomo Di Maria, avvenuta il 24 giugno del 1997. Don Giacomo si spense all’età
di 85 anni a Marano, dove si era trasferito agli inizi degli anni 90. In questi
giorni ricorre il diciottesimo anniversario della sua morte: sarebbe stato
bello che quest’amministrazione lo avesse ricordato, organizzando qualche
evento culturale, cosa che non è mai accaduto negli anni precedenti. Nemmeno
quand’era in vita, nonostante fossero note sia la sua fama di autore sia la sua
immensa cultura, fu preso in considerazione dalle autorità locali. Nel giorno
del suo funerale, svoltisi in forma solenne nella parrocchia di San Giacomo a
Calvizzano il 25 giugno, destò grande rammarico l’assenza di sindaco, giunta e
gonfalone, che mai come in quell’occasione non dovevano mancare. Dopo si è
cercato di rimediare intitolandogli la biblioteca comunale, tra l’altro
spostata da Corso Mirabelli in una piccola stanza del Comune, tra l’altro poco
frequentata perché non adeguata ai tempi moderni.
Di Maria nasce il 21 marzo 1912 a Calvizzano da
Pasquale e da Maria Liccardo. Il 29 giugno 1937 viene ordinato sacerdote e, il
4 luglio, celebra la sua prima messa. Comincia la sua vita sacerdotale come
vice-parroco e assistente di azione cattolica, mentre per vari anni insegna
religione nelle scuole elementari di Calvizzano e di Villaricca. Nominato nel
1959 canonico della collegiata di Napoli, viene delegato dalla Curia
arcivescovile al corso biennale dei centri di studi sociali in Ariccia e
Grottaferrata. Viene ancora nominato assistente ecclesiastico azione cattolica
uomini della parrocchia di S. Domenico Soriano di Napoli. Dal 1938 al 1978 si
apre per lui un quarantennio di attività culturali e scende nell’agone
giornalistico come corrispondente dell’Avvenire, de il Popolo di Roma de il
Mattino di Napoli e del Roma. Prende parte come collaboratore a vari periodici,
come “La Croce”, “L’Eco del popolo di Salerno” e “Il Quotidiano di Roma”. Dal
1940 comincia ad avere riconoscimenti per i suoi alti meriti. Nel 1948 viene
accolto tra i soci della società di storia patria.
Nel 1954 prende parte al consiglio direttivo e viene
nominato segretario del “Cenacolo di lettere-scienze-arti Spadaro”. Nel 1959, a
Parigi, gli viene conferito il diploma di onore con medaglia d’argento. Anche
nel 1959 lo troviamo membro dell’Accademia Tiberina di Roma. Nel 1960, a Massa
Carrara, viene nominato “Cittadino della ideale nuova città del libro”. A
Montecatini è componente della segreteria del premio di pittura Lorenzo Viani.
Quale critico d’arte è invitato a far parte della giuria del concorso
internazionale di pittura contemporanea. Pure nel 1960, nel convegno letterati
e artisti cattolici, gli viene conferito il premio “Medagli di cultura e fede”
con diploma per le rari doti di storiografo. Direttore campano della rivista
“Alta cultura” con sede a Chieti dove rievoca avvenimenti e fatti della nostra
patria.
Di Maria pubblicò numerose opere di storia,
letteratura e religione, ottenendo
dall’Accademia pontificia il titolo
di “Doctor honoris causa”. Negli ultimi mesi, ormai già minato nel fisico,
era riuscito a trovare il tempo di scrivere un volume sul tradimento e arresto
dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, avvenuto proprio a Calvizzano.
Nel 2002, lo storico Peppe Barleri gli dedicò il suo
libro sulla Parrocchia di San Giacomo e sulle testimonianze archeologiche
romane, scrivendo in prima pagina queste testuali parole: “A Don Giacomino grande e nobile figlio di Calvizzano, al quale mi lega
l’identico impegno civile, affinché la storia di questa città non cada
nell’oblio”.
L’amministrazione non gli ha fatto dedicare neanche
una messa: sarebbe stato un piccolo segno di riconoscenza verso chi ha dato
tanto alla sua città natale. Adesso, per rimediare all’errore, bisogna prepararsi
fin da adesso ad organizzare per l’anno prossimo, ricorrenza del ventesimo
anniversario della morte di don Giacomino, una grande manifestazione. Sarebbe
il modo migliore per onorare la sua memoria.