Lo storico Giuseppe Pezone: il generale D’Ambra merita una strada, ma vanno ricordati anche gli eroici pescatori di telline
Giuseppe Pezone |
Lettera
al blog
Egregio direttore, dal suo sito apprendo che la
commissione istituita per la nuova toponomastica del paese sta per
terminare i lavori e mi fa piacere
leggere che lei ha nuovamente proposto di dedicare una strada al Gen .Giuseppe D’Ambra. La stretta parentela e l’affetto che mi lega alla
famiglia D’Ambra potrebbero apparire come le motivazioni che mi spingono a
condividere la sua iniziativa. La verità è che delle qualità
umane del Gen. D’Ambra mi parlava spesso
mio padre suo amico di giovinezza Si sa
i padri trasmettono ai figli sentimenti e passioni. Un giovane, Peppino D’Ambra
figlio di un falegname che con
immaginabili sacrifici, conseguì la laurea in giurisprudenza in un’epoca
particolarmente difficile per il Paese a causa della guerra. Da militare
e con merito raggiunse il massimo grado, quello di generale. Collocato in pensione
svolse la professione di avvocato distinguendosi nel Foro di Verona, città dove
viveva da anni. Colgo l’occasione, sig. direttore, per ricordare, a mia volta, ai componenti della predetta
commissione i nostri pescatori di telline. Premesso che non conoscendo in
generale i criteri adottati dalle commissioni toponomastiche per le loro determinazioni, posso immaginare che
le loro scelte cadano su persone che per
motivi diversi sia siano positivamente distinti, tanto da essere ricordate anche come esempio. Così come talvolta si
dedicano strade e piazze ad attività lavorative tipiche di un posto, come ad esempio è stato fatto a Manzano nel Friuli ove in una piazza è esposta come
un monumento la sedia in legno più alta del mondo (alta
circa otto metri), per ricordare che in quel luogo la produzione delle sedie ha
rappresentato e fortunatamente per loro lo rappresenta ancora fonte di lavoro. Attualmente la pesca delle
telline con il tipico attrezzo usato a mani non è più praticata come attività
lavorativa da nessun calvizzanese, contrariamente ad una quarantina di anni fa,
dove intere famiglie vivevano di questo durissimo lavoro. Penso, quindi, che dedicare a loro una strada oltre che ricordare
un’attività tipica del nostro paese sia
pure non più praticata, servirebbe per
dare un pubblico riconoscimento ai loro sacrifici, alle loro fatiche , alla loro umiltà. Ad artisti, eroi, campioni dello sport ,
regnanti e politici, a cui sono già state dedicate strade, piazze libri, rubriche televisive,
movimenti politici e culturali, ci sarà sempre chi continuerà a
ricordarsi di loro.
Grato per l’ospitalità che vorrà darmi nel suo sito, La saluto cordialmente
Giuseppe
Pezone
Gli eroici pescatori di
telline
di Giuseppe Pezone
Sin da piccolo sono
venuto a conoscenza di questa particolare attività, in quanto una famiglia di
pescatori, abitava nello stesso palazzo-cortile, in via Molino, dove
risiedevano i familiari di mio padre.
Lui si chiamava Raffaele Pezzurro
Lui si chiamava Raffaele Pezzurro
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Raffaele Pezzurro |
e sua moglie Emilia Salvo, che veniva però chiamata Meliella, una grande
lavoratrice con occhi azzurri bellissimi, tanto che nella mia infantile
fantasia pensavo avessero un nesso con il mare, visto il loro lavoro.
Raffaele e i figli, quando tornavano dalla pesca, visibilmente
stanchi, riversavano il pescato su un tavolo e le donne della famiglia,
con delle calze alle mani per proteggersi dai morsetti dei granchi di mare,
selezionavano le telline, buttando via i gusci vuoti.
D'estate,
quando andavo al mare, ancora fanciullo, volevo imitarli e tra la
sabbia cercavo le telline. Mia madre, per accontentarmi, benché
quelle che ero riuscito a prendere fossero piccole, alla sera le cucinava con
gli spaghetti a mio padre, quando tornava da lavoro. A distanza di anni penso
che mio padre, per non deludermi, mentre le mangiava, esprimeva
apprezzamenti, affermando che sentiva il sapore del mare.
Il mestiere dei
pescatori di telline era praticato da parecchi calvizzanesi anche se il
nostro paese non è vicinissimo al mare. Il lavoro dei pescatori di telline era
molto duro, forse il più duro tra quelli all'epoca praticati. Ogni mattina, per
tutto l'anno, i nostri pescatori uscivano di casa verso le tre. Prima di
raggiungere il mare, inizialmente con le biciclette, si recavano in piazza a
osservare sia la direzione della bandieruola sulla punta del campanile sia la
fase lunare, per rendersi conto delle condizioni del mare: in
particolare, se c'era l'alta o la bassa marea. I pescatori preferivano la
bassa marea perché per loro era più facile raggiungere le secche ove era
particolarmente pescoso il ciglio interno, ovvero quello opposto la riva.
Naturalmente, si
recavano a pescare anche se il mare era agitato.
Purtroppo,
proprio a causa delle avverse condizioni del mare, il giovane Luigi
Pezzurro (figlio di Raffaele), particolarmente abile e coraggioso, perse la sua
giovane vita tra le onde.
Dopo aver pescato, per
diverse ore, vendevano le telline già lungo strada del ritorno e, con i vestiti
ancora umidi, rientravano. E’ quindi facilmente comprensibile perché
molti pescatori di telline si ammalavano anche gravemente.
Mentre scrivo questa
missiva li immagino quando pescavano, spesso da soli, in quella immensità
del mare, con le onde che lambivano il loro volto, e provo tanta tenerezza.
Affondavano il loro caratteristico attrezzo nella sabbia con quel tipico passo indietreggiante: quante aspettative riponevano nel mare, sperando in una buona pesca!.
Claudio Baglioni nella canzone "Avrai", dedicata al suo unico figlio Giovanni, a un certo punto fa riferimento proprio ai pescatori di telline. Con questa canzone il noto cantautore fa una serie di allusioni e metafore beneauguranti per il figlio, appena nato, cercando, nel contempo, di prepararlo alle gioie ed alle asprezze della vita. Con grande intensità poetica, riferendosi ai pescatori di telline che in mare da soli scavando nella sabbia cercando il tipico mollusco, vuole alludere a chi di sera probabilmente con animo triste, raccogliendosi nella sua intimità e guardandosi nel proprio io, cerca la forza per andare avanti e superare quel momento.
Se un giorno, signor direttore, il mare dovesse raccontare la sua storia, non dimenticherà i pescatori di telline.
Affondavano il loro caratteristico attrezzo nella sabbia con quel tipico passo indietreggiante: quante aspettative riponevano nel mare, sperando in una buona pesca!.
Claudio Baglioni nella canzone "Avrai", dedicata al suo unico figlio Giovanni, a un certo punto fa riferimento proprio ai pescatori di telline. Con questa canzone il noto cantautore fa una serie di allusioni e metafore beneauguranti per il figlio, appena nato, cercando, nel contempo, di prepararlo alle gioie ed alle asprezze della vita. Con grande intensità poetica, riferendosi ai pescatori di telline che in mare da soli scavando nella sabbia cercando il tipico mollusco, vuole alludere a chi di sera probabilmente con animo triste, raccogliendosi nella sua intimità e guardandosi nel proprio io, cerca la forza per andare avanti e superare quel momento.
Se un giorno, signor direttore, il mare dovesse raccontare la sua storia, non dimenticherà i pescatori di telline.
Lui sicuramente non lo
farà.
Tornando alla mia
Calvizzano, nel corso della mia ricerca ho appreso, con gran stupore, che i
nostri pescatori non si limitarono a pescare nel mare a noi vicino, ma si
spostarono addirittura in altre regioni; nel Molise, in Abruzzo, in Basilicata,
in Calabria, nel Lazio ed in Toscana. Il primo a spingersi fuori regione, per
la precisione a Metaponto, amena località sullo Jonio lucano, fu proprio
Raffaele Pezzurro, di cui ho già parlato. Andò laggiù, su suggerimento di un
suo amico, tale Giacomo Arduo, originario di Qualiano, che abitava a
Metaponto. Effettivamente Raffaele si rese subito conto che quel posto
era assai pescoso e le telline erano di buona qualità. Durante il suo
soggiorno a Metaponto insegnò la pesca delle telline ad un tarantino diventato
suo amico che non conosceva affatto quel tipo di pesca. Si suppone che questi a
sua volta la insegnò ad altri tarantini che si portarono a pescare a
Metaponto, favoriti anche dalla vicinanza.
Quel mare tanto pescoso,
era però assai infido a causa della malaria. Erano, infatti, gli anni ’40
e l’imponente azione di bonifica voluta dal Duce dei vasti territori malsani
del paese, non era ancora arrivata nelle regioni meridionali. Quella terribile
malattia in Basilicata flagellò la popolazione locale ià afflitta
da un’atavica povertà. Di tale problema parla ampiamente Carlo Levi nel suo
bellissimo romanzo autobiografico “Cristo si è fermato a Eboli “.
Raffaele, per contenere
le spese di soggiorno, spesso era costretto a dormire sulla spiaggia,
all’aperto, dopo aver pescato per l’intera giornata. Ignaro, probabilmente, del
grave pericolo che correva, si esponeva alle micidiali punture delle zanzare
anofele. Purtroppo, a pochi metri da dove lui pescava, praticamente tra la
spiaggia e la ferrovia, c’era la zona più paludosa, la più malsana di
Metaponto. Fu così che si ammalò di malaria, morendo alcuni anni dopo, poco più
che cinquantenne.
Raffaele è stato
sicuramente il pescatore di telline più bravo di Calvizzano e la sua fama
andò ben oltre i confini del nostro paese. Si racconta che un pescatore
di telline di Mondragone, anch’egli assai abile, chiamato “Terremoto”, era
intenzionato a sfidarlo, ma un giorno, vedendolo pescare a Licola,
si convinse che sarebbe stato inutile, riconoscendo che Raffaele era
effettivamente il più bravo. E ’giusto ricordare che Raffaele, fuori
regione, pescò pure a Ostia e in Abruzzo, a Pescara.
Un altro calvizzanese
che ha pescato per parecchio tempo a Metaponto è stato Antonio Di Biase,
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Antonio Di Biase |
soprannominato “Totonno 'e capinera”, portato li proprio da Raffaele Pezzurro che gli aveva insegnato quel mestiere. Nel frattempo, però, la bonifica aveva risanato quei luoghi rendendoli addirittura fertili. Il pescato di Metaponto veniva portato quotidianamente a spalla in sacchi da 40 kg dai pescatori stessi, fino alla locale stazione ferroviaria, da dove, via treno, arrivava alla stazione di Sant’Antimo. Anche il compianto Raffaele Paolone |
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Raffaele Paolone |
commercializzò le telline di Metaponto, pescate sul posto da pescatori di
Calvizzano alle sue dipendenze. Antonio Di Biase in Basilicata ha pescato pure
a Policoro e a Gioiosa Marina, spingendosi poi giù, sino in Calabria,
precisamente a Torre Cerchiara e a Trebisacce. Tentò di pescare telline anche a
Sibari, in prossimità del fiume Crati, senza ottenere grandissimi risultati.
Negli anni '70, gli ultimi di una lunga vita lavorativa, pescò a Viareggio, ove
in seguito giunsero anche audlli di Pozzuoli, considerati i più
agguerriti antagonisti. Attualmente gli unici pescatori di telline
calvizzanesi ancora in attività sono il figlio di Antonio Di Biase, Giovanni e
i nipoti di Raffaele Pezzurro, Gennaro e Carmine che, però, attualmente abitano
a Qualiano.
Questo particolare
mestiere, vive oggi una grave crisi a causa di una recente direttiva
restrittiva emanata dall'Unione europea. La pesca delle telline, anche se
eseguita manualmente con il tipico rastrello, così come altri tipi di pesca
eseguiti con reti a maglie strette è ritenuta dannosa per l’ecosistema
marino. A tale normativa si oppose, per quel che poté, dato il ristretto
margine di operatività, l’allora ministro Galan, ottenendo una parziale deroga.
Al termine di questo mio
scritto sui nostri pescatori di telline, sento di dover ringraziare i figli di
Raffaele Pezzurro, Antonio e Maria, e Antonio Di Biase. Con sincera ospitalità
mi hanno accolto a casa loro, facendomi dono dei loro ricordi. Sui loro volti
ho scorto l’emozione e, a volte, la commozione nel rivivere momenti
particolari della loro vita.
Molto toccante è stato
il ricordo da parte di Antonio e di Maria del padre Raffaele e del loro
fratello Luigi, morto giovanissimo in mare.
Porterò i loro nomi, i
loro volti, i loro racconti, per sempre nel mio cuore.
Giuseppe Pezone
Persone come Pezone sono
di esempio per la collettività poiché, oltre a essere un appassionato di
memorie storiche, nonostante il suo duro impegno lavorativo (è il capo degli
ufficiali giudiziari presso il Tribunale Napoli Nord sito ad Aversa ), riesce a
trovare tempo da dedicare ai suoi studi di storia locale.
Lo ringraziamo per il
prezioso contributo fornito al nostro giornale, anzi lo invitiamo a regalarci
altre testimonianze che, spesso, sono più gradite dei soliti noiosi pettegolezzi
politici.