Giuseppe Pezone: vi spiego perché l’ammiraglio Caracciolo fu catturato nel Palazzo ducale e non in via Case Nuove

Lo studioso e ricercatore di storia locale smentisce la tesi del sacerdote e storico don Giacomo Di Maria e lancia l’idea di un museo della Rivoluzione Partenopea del 1799

Giuseppe Pezone
Da Pezone riceviamo e pubblichiamo 
Con il ritorno a Napoli di Ferdinando IV, grazie all’intervento armato del cardinale Ruffo, partito dalle Calabrie  con un esercito organizzato velocemente (assoldati?), furono sconfitti i pochi  a difesa della Rivoluzione Partenopea. Ferdinando IV, su insistenza del cardinale, appena  ritornato sul trono, emanò un provvedimento che doveva salvare la vita a parecchi rivoluzionari, destinandoli all’esilio. Fu il Cardinale Ruffo a convincere il sovrano, sostenendo che i rivoluzionari, rappresentassero  le migliori  intelligenze del regno e che tra questi vi era  l’ammiraglio Francesco   Caracciolo. Purtroppo, però, su pressione della regina Carolina, la quale  letteralmente dominava il marito Ferdinando IV, troppo distratto da attività  mondane, tutti i rivoluzionari catturati furono decapitati a Napoli, in piazza Mercato. Non fu risparmiato nessuno dei cosiddetti ribelli, tra cui  Eleonora Pimentel Fonseca, il medico scienziato Domenico Cirillo, nativo di Grumo Nevano, e il giovane principe Gennaro Serra. E’ stata  questa  forse la pagina più triste  della storia di Napoli. Francesco Caracciolo fu  letteralmente  preso di mira dalla regina Carolina che lo indicava  come il peggior nemico per il sovrano e per il regno, a mio parere non tanto perché aveva aderito alla Rivoluzione Partenopea, ma  perché  influenzata da Lady Hamilton politicamente  vicina agli inglesi e con la quale la regina Carolina  pare  avesse una torbida relazione  sentimentale. In realtà,  sempre a mio parere, gli inglesi, che ben conoscevano la grande bravura in mare di Caracciolo, temevano  che  potesse organizzare una flotta a  loro concorrente. Fu così che la regina incaricò Scipione La Marra, ufficiale borbonico,  di catturare a tutti i costi  Caracciolo, dando vita a  una vera e propria caccia all’uomo. Un particolare riferimento va fatto al “processo-farsa” a cui fu sottoposto Caracciolo da Orazio Nelson (a bordo della nave Minerva) che si arrogò illegittimamente il diritto di giudicarlo. Deliberata la morte per impiccagione, morte che veniva riservata ai traditori, gli altri ufficiali inglesi presenti a bordo, come storicamente provato, suggerirono fortemente a Nelson di consegnare Caracciolo al re risparmiandogli l’impiccagione, nel  rispetto del pari grado di ammiraglio. Ma Nelson, nella fretta di eseguire, non risparmiò il  Caracciolo, né riconobbe allo stesso alcuna attenuante, perciò fu rapidamente impiccato. Per tale infamia, Nelson fu “ ricompensato “ dalla regina, che gli conferì il titolo di duca di Bronte, un  ducato alle pendici dell’Etna. A questo ducato è legata  l’affascinante storia del  Borgo Caracciolo “ che brevemente provo a narrarvi.
Il duce Benito Mussolini, venuto a conoscenza delle angherie che i discendenti  di Nelson esercitavano sui contadini che lavoravano nell’antico feudo del loro avo, sfruttandoli disumanamente, con un decreto-legge li espulse dall’Italia assegnando i terreni a quei contadini attribuendo a ciascuno un’abitazione edificata  in loco. Quel gruppo di abitazioni fu denominato  “Borgo Caracciolo “, in memoria dell’eroe della Rivoluzione Partenopea. Finita la guerra, che ci vide soccombere agli anglo-americani, uno dei primi provvedimenti che gli inglesi adottarono in Sicilia, fu quello di  ordinare la demolizione del “Borgo Caracciolo”, di tal che i discendenti di Nelson ripresero possesso nell’antico feudo. Attualmente a Bronte  esistono  ancora dei ruderi e resti di quelle antiche dimore. Sarebbe bello e anche  giusto che venissero salvaguardati e conservati a futura memoria. Al popolo di Bronte vorrei  ricordare che Napoli ha dedicato la sua strada più bella all’ammiraglio Francesco Caracciolo.
Caracciolo fu catturato nel Palazzo ducale

Interno del Palazzo ducale: dietro la porta in alto c'è ancora la botola nascondiglio di Caracciolo
L’ampia letteratura prodotta  su  Caracciolo indica  il palazzo ducale di Calvizzano (per il quale vi farò avere, spero a breve, una mia ricerca), come luogo della sua cattura. Ciò è messo in dubbio  dal compianto sacerdote don Giacomo Di Maria, storico calvizzanese, uomo di cultura, il quale sosteneva che  Caracciolo fu invece catturato in via Case Nuove (oggi via Carlo Levi), presso la proprietà del suo fido nocchiero Antonio Chiapparo. A  tale conclusione don Giacomo Di Maria, mi pare di capire, vi giunga non sulla scorta di riscontri storici, ma considerando  la circostanza che l’allora Duca di Calvizzano, Giuseppe Maria Pescara di Diano, proprietario del palazzo ducale, cugino del Caracciolo, nei giorni in cui  questi si rifugiò a Calvizzano, si trovava a Palermo,  pertanto, data la sua assenza, non avrebbe in alcun modo potuto ospitarlo (nemmeno su questa circostanza, non mi pare ci sia un riscontro storico ). Inoltre, il duca Giuseppe Maria Pescara di Diano era politicamente vicino al re, essendo anche componente dell’Arcadia Reale, un’associazione culturale voluta dal sovrano. Come avrebbe, quindi, potuto ospitare Caracciolo  che era ritenuto un sovversivo, sebbene fosse suo cugino? In realtà Caracciolo fu effettivamente catturato nel palazzo ducale e una prova secondo me attendibile, si rileva  dal  libro  “La rivoluzione Partenopea del 1799 “, pubblicato nel primo centenario della Rivoluzione, a cura di Benedetto Croce, G. Ceci , M. D’Ayala e  Salvatore di Giacomo. A pag.239 si legge che da  alcune tradizioni raccolte a Calvizzano personalmente dal marchese Pietro Brayda (all’epoca proprietario del palazzo “Brayda”, che è posto subito a destra entrando da via Conte Mirabelli  per raggiungere a piedi via Galiero), emerge  che Caracciolo fu catturato nel palazzo ducale, ove si nascondeva nella botola al secondo piano tra la soffitta ed il  soppegno. Inoltre, se si osserva il famoso  dipinto del pittore Raffaele Tancredi che ritrae “ la cattura dell’ammiraglio Caracciolo nel palazzo ducale di Calvizzano “, si noterà che l’ammiraglio, messo ai ferri dai suoi sgherri è ritratto in un ambiente tipico di residenze gentilizie. Aspetto questo che assolutamente non corrisponde con il luogo indicato in via Case Nuove da don Giacomo  Di Maria. Anche se l’autore del quadro non era presente alla cattura del Caracciolo, sicuramente nell’eseguire l’opera avrà tenuto conto delle notizie in suo possesso. L’ampia produzione letteraria che ha trattato l’ammiraglio Caracciolo, vuole che la sua cattura, per alcuni  fu favorita  dal  tradimento di un suo  servo, e per altri da una incauta azione dello stesso che ignaro di essere pedinato favorì la cattura di Caracciolo  ad opera  degli uomini di Scipione La Marra.

Palazzo Brayda: interno del cortile che collega via Conte Mirabelli con via Galiero

Caracciolo fu denunciato ai Borboni da un componente della famiglia Carandente
Da una mia ricerca, fonte “Treccani”, è emerso che a denunciare Caracciolo ai  Borboni fu un componente della  famiglia  Carandente di Calvizzano. Penso si tratti invece della famiglia Carandante, in quanto alcuni suoi componenti, come emerge da fonti storiche, ebbero rapporti  economici con i duchi Pescara di Diano. Di questi ultimi, il duca Giuseppe Maria di cui ne ho  parlato prima, era debitore del Caracciolo della quota dotale (piuttosto cospicua)  che in precedenza suo padre il duca Giovanbattista Pescara di Diano, primogenito ed erede del  padre duca Francesco Pescara di Diano duca di Calvizzano e di Bovalino, avrebbe dovuto corrispondere a sua  sorella Vittoria, principessa di Brienza, madre di Francesco Caracciolo.

Pezone lancia l’interessante idea, da noi condivisa in toto, di istituire nel palazzo ducale un museo della Rivoluzione Partenopea
A proposito della famosa botola nascondiglio del “nostro” eroe Francesco Caracciolo, perché non destinare gli ambienti del palazzo ducale ove è posta a museo della Rivoluzione Partenopea?  Quei locali, da quanto mi risulta, sono completamente vuoti. Un museo che rappresentasse la memoria di una delle pagine più importanti della storia di  Napoli  e  non solo, avrebbe una notevole importanza culturale e sarebbe di esempio specialmente ai più giovani. La maggioranza dei musei sono testimonianza e custodia dell’arte e dell’ingegno dell’uomo, quello della Rivoluzione Partenopea rappresenterebbe  il ricordo  del sacrificio di giovani, uomini e donne, che, innamorati degli  ideali di libertà e di eguaglianza, sacrificarono i migliori anni della loro vita e  la loro vita stessa. Tra questi l’ammiraglio Francesco Caracciolo, che rinunciò alla sua  invidiabile condizione di nobile e di valoroso e potente ammiraglio stimato dal Re, per aderire alla rivoluzione partenopea. Nel momento più grave della sua vita si rifugiò a Calvizzano luogo a lui  caro, dove aveva trascorso tanti momenti  della sua infanzia e della sua giovinezza  con  sua madre donna Vittoria principessa di Brienza, nata proprio a  Calvizzano.
Ricordo di Cristofaro Agliata
In ultimo, vorrei  ricordare Cristoforo Agliata, anche lui molto legato alla storia della nostra Calvizzano. E’ vivo il ricordo di un incontro avuto con lui nella piazza, ove mi complimentai  per i suoi sforzi e l’impegno continuo che profondeva nel sociale. Mi ringraziò felice con quel suo inconfondibile e sincero sorriso.
                                             
 Con stima  la saluto e la ringrazio per l’ospitalità
                  Giuseppe Pezone

Grazie a lei signor Pezone, per l’inedita e bella pagina di storia che ha voluto regalare ai nostri lettori.




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