A Cura di Angela Sarracino, psicologa e
psicoterapeuta: “sono 8 anni che faccio la volontaria in un Centro antiviolenza
e, ancora oggi, rabbrividisco per le storie che sento e le immagini che vedo”
La violenza sulle
donne è stata definita nella Dichiarazione delle Nazioni Unite
sull'eliminazione della violenza contro le donne del 1993, una violenza di
genere, in quanto come si evince dai dati provenienti dai centri Antiviolenza,
è perpetrata dagli uomini e quindi dal genere maschile su quello femminile con
l’obiettivo di mantenere la supremazia maschilista e mantenere le donne in una
posizione subordinata rispetto agli uomini.
Fatta tale premessa,
va detto , che ad oggi, almeno una donna
su tre ha subito nel corso della sua vita un episodio di violenza da parte di
un uomo. Le vittime da nord a sud, rientrano in tutte le fasce d’età e
socioculturali. Gli abusanti, contrariamente a quanto siamo portati a pensare,
sono per lo più nel pieno delle loro facoltà psichiche, possono essere istruiti
e non, ricchi e poveri, italiani e stranieri.
I numeri della
violenza sulle donne ci mettono però di fronte ad una constatazione importante
seppur dolorosa: la violenza più diffusa è quella che si consuma tra le mura
domestiche ed a compierla sono soprattutto uomini molto vicini alle loro
vittime, come mariti, fidanzati, conviventi, ex partner, familiari vari, vicini
di casa. Questa stretta vicinanza della donna con il proprio carnefice rende
più lenta la presa di coscienza di ciò che si sta subendo e più remota la
possibilità di denuncia alle Autorità. Detto in altre parole, una donna non
riesce molto velocemente ad ammettere a se stessa che colui che ama è lo stesso
che le fa violenza e trascorre i suoi giorni a cercare delle motivazioni e delle
giustificazioni che purtroppo hanno l’unico fine di annientare la sua autostima
e ledere il suo benessere psico-fisico. Più giusto sarebbe che le donne
prendessero coscienza di essere soltanto delle vittime e non delle
colpevoli-provocatrici, sebbene, molto spesso, anche il nostro contesto sociale
spinga in tale direzione.
Le violenze, di
qualsiasi forma siano, non vanno mai accettate. Fin dal primo schiaffo, offesa,
umiliazione, la donna deve mettere in chiaro che esiste un confine tra se stessi
e l’altro e tale confine non va travalicato, nell’ottica del rispetto di ogni
essere umano. Al contrario, zittire di fronte ad una prima azione offensiva dà
l’idea all’altro che ha pieno potere sulla donna; pieno potere di offendere, di
picchiare, di violentare, di uccidere.
La violenza provoca
tantissime conseguenze alla salute di chi la subisce:
-
Conseguenze
psicologiche: diminuzione dell’autostima, ansia, fobie, depressione, paura, dipendenze,
disturbi del sonno e della concentrazione, attacchi di panico, disturbi del
comportamento alimentare;
-
Conseguenze
fisiche: lesioni, disturbi gastrointestinali, sterilità, disabilità, fratture,
danni oculari;
-
Conseguenze
socio-relazionali: ritiro sociale, isolamento da tutto e tutti, problemi
lavorativi.
Inoltre, va
considerato che una donna violentata ha un’alta probabilità di commettere atti
autolesionistici o addirittura il suicidio, nonché di morire per mano di chi la
violenta.
La violenza, quindi, non va mai taciuta; va sempre denunciata.
Attendere che il violentatore miracolosamente cambi, significa fare il suo
gioco, cadere nella rete di un gioco perverso nel quale la donna avrà la
peggio. Tale gioco perverso prevede sempre delle fasi cicliche: si compie
violenza, si chiede perdono, si va d’accordo (luna di miele), la donna perdona,
la violenza si ripete e ricomincia il ciclo.
La donna che vuole
denunciare non deve pensare di essere sola. Esistono numerosi centri
antiviolenza che oltre ad offrire spazi di ascolto non giudicante, comprensione, empatia possono anche sostenere gratuitamente le donne dal punto di vista legale e
psicologico.
La prossima volta
parlerò delle forme delle violenza. Intanto mi scuso se sono stata a volte
troppo diretta, ma sono 8 anni che faccio la volontaria in un centro
antiviolenza ed ancora oggi rabbrividisco per le storie che sento e le immagini
che vedo.