di Angela Sarracino, psicologa e
psicoterapeuta
E’ iniziato da circa
un mese il nuovo anno scolastico, eppure si verificano ancora situazioni in cui
i bambini fanno i capricci, piangono ed inventano tutte le scuse possibili per
non andare a scuola. Lamentano mal di testa, di stomaco o simulano la tosse,
allo scopo di convincere i genitori a lasciarli a casa. Dal loro canto,
mamma e papà, nel dubbio, preferiscono non rischiare e assecondano il desiderio
del loro bambino, col pericolo che il fenomeno si ripeta sempre più spesso. Allora
cerchiamo di capire un po’ meglio quali potrebbero essere le motivazioni di
questi capricci, in modo da aiutare i genitori, che, di fronte a tali scene,
spesse volte, si sentono impotenti.
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Ansia da
separazione dai genitori (il più delle volte dalle mamme). Si tratta di casi in
cui i bambini trascorrono la maggior parte della loro giornata attaccati alla
gonna della madre, senza interagire con altre figure di riferimento. L’andare a
scuola diviene allora per il bambino un momento di distacco. Sente di essere
stato abbandonato. Di fronte a tali atteggiamenti diventa fondamentale il
dialogo genitore e figlio ed il bambino dovrà essere rassicurato sul fatto che
di ritorno da scuola troverà la mamma ad aspettarlo e potranno giocare insieme.
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Il
passare dai giochi ai compiti. Molti bambini che frequentano le scuole
elementari si annoiano a fare i compiti, preferirebbero di gran lunga i giochi.
Il compito dei genitori, laddove possibile, allora, dovrebbe essere quello
di creare insieme al figlio un modo
divertente di fare i compiti, senza ricorre a ricompense quali " se fai i
compiti dopo ti faccio giocare" oppure minacce "se non fai i compiti
non ti faccio giocare", ma piuttosto ricorrendo alla gratifica " ma
quanto sei brava quando fai i compiti".
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Difficoltà
di socializzazione. Spesso bambini troppo timidi, introversi, possono trovare
difficoltà a socializzare con gli altri compagni, al punto da preferire la
solitudine della propria casa. In
questi casi può essere utile creare per il bambino delle ulteriori esperienze
di interazione con i coetanei al di là della scuola: far venire degli amichetti
a casa, iscriverlo ad uno sport, fargli frequentare un gruppo di azione
cattolica, al fine di insegnargli a stare con altre persone, a relazionarsi con
loro, a difendersi da chi, eventualmente, lo infastidisce.
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Difficoltà
nell’apprendimento. Talvolta un’eccessiva lentezza nello svolgere i compiti in
classe o una non completa comprensione di quanto spiega la maestra possono
portare il bambino a sentirsi diverso, incapace. Dopo aver valutato l’assenza di un reale ritardo cognitivo nel bambino
(dislessia, discalculia, disgrafia), il ruolo del genitore è quello di spiegare
al figlio che a scuola si va per apprendere e che ogni persona ha i suoi tempi
per farlo. Non siamo tutti geni. Questa comunicazione abbasserà il grado di
ansia da prestazione che proverà il bambino ogni volta che si trova di fronte
ad un nuovo compito.
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Atti
bullistici. E’ possibile che il bambino subisca dei soprusi da parte di amici
di classe o di altri bambini dell’istituto. Sarà allora importante da parte dei
genitori osservare bene il loro bambino e valutare se ci sono cambiamenti nel
suo carattere che si ripercuotono anche in altri ambiti. Nel caso positivo,
diviene fondamentale recarsi a scuola e segnalare quanto notato.
In
pratica i genitori dovrebbero evitare il più possibile di darla vinta ai
capricci dei bambini perché questi ultimi sanno essere furbi e sanno quali sono
i punti deboli dei genitori per far nascere in loro i sensi di colpa. Va considerato
che ogni vittoria del bambino è una sconfitta del genitore.
In
conclusione, però, è importante dire che laddove non fossero capricci, se il
malessere del bambino dovesse persistere potrebbe essere utile consultare uno
specialista ed evitare i rimedi fai-da te, perché anche i bambini possono
soffrire di disturbi psichici e con la loro salute non bisogna scherzare.