La violenza va
condannata in ogni sua forma, senza se e senza ma. In un paese civile non si
può essere “freddi” di fronte a episodi di prepotenza. Chiunque
sia la vittima: un povero o un
ricco, un debole o un potente, un
impostore o una persona sincera, un infame o un dignitoso. E, in questi
casi, qualsiasi dietrologia, soprattutto quella dei mediocri, non ha
sicuramente alcun valore. Fatte queste
premesse, grazie lo stesso a quei pochi che, dopo aver letto gli spiacevoli
episodi accadutomi, hanno voluto
esprimermi la loro solidarietà, per telefono o attraverso i commenti. L’importante è avere avuto il coraggio di
prendere posizione. Ma la nostra città, a mio avviso, ha bisogno, per fare un
salto di qualità, di un cambiamento
radicale nella mentalità sia culturale
sia solidaristica, dopodiché qualsiasi battaglia, politica, sociale, civile,
potrà essere affrontata senza alcun condizionamento. Per dirla alla Scalfari, la cultura è il
filtro indispensabile che serve a contenere e selezionare l’irruenza degli istinti e delle pulsioni
vitali. La solidarietà, invece, in questo mondo che va alla rovescia, rimane l’unica forma attraverso la quale, oltre alla
giustizia, è possibile affrontare qualsiasi tipo di sopraffazione. Non fa male
il debole appoggio ricevuto, tanto era
un copione già scritto, ma fa rabbia la mancanza di presa di posizione, soprattutto
da parte di chi ha rappresentato le istituzioni (salvo le poche eccezioni) o si
appresta a rappresentarle, da parte di
chi ha la presunzione di informare e poi, per sua convenienza, preferisce tacere,
da parte di chi è stato vittima direttamente o indirettamente di episodi di “violenza”,
ma, poi, non ha il coraggio di solidarizzare. In un momento particolare
andrebbero messi da parte odi e rancori e non alimentati. In ogni caso, gli
articoli di giornale o di qualsiasi altro mezzo di informazione che non si
condividono si contestano chiedendone la rettifica. Mentre si querela l’autore, qualora il pezzo da lui scritto lo
si ritenga diffamatorio. Mai con le minacce. E non può esserci alcun alibi che
tenga. Se non si capisce questo passaggio siamo alla frutta. Ma non è mia
intenzione tediare con le solite giaculatorie quei pochi che hanno ancora la
voglia di cliccare su Calvizzanoweb: penso che la maniera migliore, per dare un
senso alla normalità sia quello di ripubblicare quel meraviglioso testo dell’
artista calvizzanese, Mimmo Guarino, intitolato la Terra degli Gnu, proprio per
far riflettere ancora di più.
Mimmo Rosiello
La terra degli Gnu
Proprio come questi bestioni, noi umani, anziché
sviluppare lo spirito solidaristico, siamo sempre pronti a scappare, sempre
pronti a voltare le spalle alle vittime di turno: al commerciante che si
ribella al pizzo, alla povera gente che vede continuamente calpestati i suoi
diritti, a chi si sforza di fare il proprio dovere e viene minacciato, perché non
è funzionale al sistema, eccetera eccetera.
Tempo fa, guardando un
documentario sulla savana africana, vidi una scena che successivamente mi
avrebbe fatto molto riflettere. Oggetto del documentario uno degli erbivori più
popolari di queste zone, lo gnu: uno strano animale a metà strada tra un bue,
un’antilope e un cavallo. Questi animali amano molto stare in compagnia e si
organizzano perciò in grandi branchi, che poi si cimentano in lunghi
spostamenti, a volte vere migrazioni, alla ricerca di erba tenera nata dopo le
piogge. Nel mese di Maggio circa 1,5 milioni di esemplari si spostano dalle
pianure alle foreste, per poi tornare alle pianure nel mese di Novembre quando
le piogge estive le avranno rese di nuovo verdi.
Nel documentario, la
telecamera del reporter inquadrava proprio uno di questi grandi branchi di gnu,
con le bestie intente a bere vicini alla riva di un fiume, quando tutto ad un
tratto arrivò un leone. Il leone è da sempre considerato il più acerrimo nemico
dello gnu e presumibilmente quell’esemplare dovette guadare quell’enorme massa
di carne più o meno come un bambino guarda estasiato le delizie che gli si
presentano davanti agli occhi, entrando in una pasticceria. Il leone si
avvicinò indisturbato ad una parte del branco, scelse la sua preda e senza
esitare gli si avventò contro. In quel preciso istante, in quel punto, si aprì
come una voragine, uno squarcio in quell’ indistinto mare nero fatto di carne,
con tutti gli altri componenti del gruppo che si allontanavano dall’epicentro
dell’aggressione, per scappare lontano e lasciare così la vittima sola di
fronte al suo amaro destino. Dopo pochi minuti il malcapitato gnu era già
morto esamine al suolo, mentre il leone banchettava felicemente nelle sue carni
ancora calde. A pochi metri di distanza tutto era poi tornato alla
normalità, con gli gnu che si erano riavvicinati al fiume ed avevano
ricominciato ad abbeverarsi.
A ben guardarlo uno gnu non si può dire certo un “fringuello”, può misurare
infatti fino a 2 m di lunghezza per un’altezza che può arrivare di 1,40 m e con
un peso che può sfiorare i 300 Kg, insomma è una “bella bestia”, e quando si
batte con un leone, anche se poi ha la peggio, mostra sempre prova di grande
forza e coraggio e non di rado, con le sue grandi ed appuntite corna, riesce ad
infliggere all’avversario notevoli ferite. E’ quindi evidente che se
sviluppasse una seppur minima forma di difesa cooperativa, diciamo con un
rapporto di uno a cinque, riuscirebbe a mettere sotto qualsiasi leone che
tentasse di attaccarlo. Al suo attuale stadio di evoluzione comportamentale,
però, l’istinto lo spinge a scappare, un po’ come se gli suggerisse “fino a
quando non tocca a te, tira a campare”. Per questo un singolo leone può fare il
bello e cattivo tempo in un immenso branco di centinaia e centinaia di
bestioni.
La scena del leone che banchetta indisturbato nell’enorme branco di gnu mi
ha dato degli spunti di riflessione su quelli che molto spesso sono i
comportamenti che noi esseri umani adottiamo in circostanze similari. Non è
difficile constatare, infatti, che non siamo tanto diversi dagli gnu, quando
mostriamo poca o nessuna solidarietà nei confronti di quelle persone, o di
quelle categorie di persone, che sono state colpite da palesi ingiustizie.
Proprio come gli gnu siamo sempre pronti a scappare, siamo sempre pronti a
voltare le spalle alla vittima di turno: al commerciante che si ribella al
pizzo della mafia, agli omosessuali o ai neri picchiati per strada o ai
disabili che trovano mille ostacoli nelle barriere architettoniche. Un padre si
incatena davanti a Montecitorio, perché non può pagare le costosissime cure per
il figlio malato, ma noi lo lasciamo tristemente solo. C’è una manifestazione
di metalmeccanici che protestano contro il mancato rinnovo del contratto, ma in
quella manifestazione ci sono solo metalmeccanici. C’è una manifestazione di
insegnanti che protestano contro i tagli alla scuola, ma in quella
manifestazione ci sono solo insegnanti. Viene deciso di costruire un
inceneritore in pieno centro abitato e a protestare sono solo gli abitanti
delle zone circostanti. Chiaro è che con questo tipo di esempi potrei andare
avanti per molto.
Anche noi, come gli gnu, fino a quando non veniamo (o pensiamo di essere)
colpiti in modo diretto, in prima persona, continuiamo a bere, e lo
facciamo nel fiume dell’indifferenza e dell’apatia. Per questo motivo i
“leoni del potere”, e cioè i politici, quelli stanno dietro alle mafie, le
banche, le assicurazioni, le multinazionali, pur essendo numericamente esigui,
hanno da sempre la meglio sull’enorme massa di quelli che potrei definire
“GnUmani”; perché ogni volta questi devono combattere solo con una
piccola parte della società. Quando invece siamo noi ad essere colpiti,
proprio come lo gnu che viene assalito dal leone, mostriamo tutta la nostra
forza e tenacia e ci indigniamo anche per l’indifferenza e la scarsa
solidarietà di chi ci sta a attorno.
Senza scomodare alti ideali come “l’amore universale” o altre cose del
genere, basterebbe fare due semplici ragionamenti pratici per
capire che la solidarietà è l’unica strada percorribile, due ragionamenti sotto
certi aspetti anche un po’ egoistici, cioè di pura convenienza personale: “se
oggi è toccato a lui, domani potrebbe toccare a me” e poi “se mi batto contro
un’ingiustizia, anche se non mi tocca (o penso che non mi tocchi) direttamente,
sto combattendo per migliorare il mondo, quel mondo nel quale ci sono anche io
e domani ci saranno i miei figli”.
Mi chiedo cosa mai
potrebbero fare questi leoni, e come sarebbe diversa qualità della nostra vita,
se i metalmeccanici si battessero anche per gli insegnanti e gli insegnanti
anche per i metalmeccanici, se gli eterosessuali mostrassero solidarietà per
gli omosessuali e gli omosessuali per i disabili, se i disabili si battessero
anche per i neri, i Napoletani anche per i Bergamaschi e i Bergamaschi anche
per i Napoletani, se ci battessimo tutti per il negoziante taglieggiato e se ci
incatenassimo tutti davanti Montecitorio per solidarietà alle ragioni di quel padre
disperato.