Fare politica
significa impegnarsi in prima persona per migliorare la vita dei cittadini. Fin
qui niente di nuovo. La nostra potrebbe sembrare un’affermazione pleonastica,
anche se non è così. Negli ultimi anni, infatti, nei nostri territori, abbiamo
assistito a una stasi amministrativa, per mancanza di idee, ma soprattutto per mancanza di uomini
all’altezza del compito assegnatogli dall’elettorato: tutto ciò si riflette,
poi, negativamente sulla nostra quotidianità. Di esempi se ne possono fare
tanti: vedi la carenza di strade, con gravi ripercussioni sul traffico; vedi la
mancanza di strutture aggregative per la pratica dello sport, vedi la mancanza
di luoghi pubblici dove poter coltivare hobby e passioni come il teatro e
l’arte in generale, vedi la carenza di spazi per coloro, come gli anziani, che vorrebbero
trascorrere con più serenità gli anni della vecchiaia. Un po’ diverso, invece,
il discorso dei cattolici impegnati in politica, perché, in coerenza con la
loro morale, dovrebbero costituire un valore aggiunto, per costruire e servire
il bene comune. Invece, come spesso accade, pensano solo a difendere la poltrona o il potere.
Da che mondo è mondo,
i cattolici si dividono in due categorie: quelli che cercano di far emergere
nell’animo umano la parte migliore e l’amore per gli altri e quelli, invece,
che cercano di ottenere benefici materiali per se stessi o per gruppi di
persone che li interessano. Gesù di Nazareth affrontò il supplizio accollandosi
i peccati del mondo. San Francesco D’Assisi arrivò addirittura ad ammansire un
lupo. San Giuseppe Moscati spese una vita ad aiutare i deboli e a curare gli
ammalati. Comprendiamo che si tratta di esempi di eccezione, ma ogni giorno ci
sono diverse centinaia di sacerdoti (Calvizzano è un esempio) che cercano di
alleviare le sofferenze altrui (specialmente in questo periodo di crisi),
assistiti da un volontariato pervaso dagli stessi sentimenti di fraternità,
indipendentemente dalla etnia e dal colore della pelle dei destinatari.
A noi non pare che
alcuni politici nostrani, che si recherebbero a messa quasi ogni domenica,
appartengono a questa categoria. Qualcuno li avrebbe già apostrofati come “lupi
travestiti da agnelli”.
Con questo non
vogliamo assolutamente ergerci a moralizzatori, consapevoli del fatto che
ognuno di noi ha i suoi peccatucci sulla coscienza da farsi perdonare, ma, se
non altro, abbiamo l’attenuante di non aver scelto di fare politica.