Linea ferrata tra Marano e Napoli, se ne parla da anni. ma tutti i progetti sono andati in fumo nel silenzio generale



Dopo la soppressione della ferrovia Alifana, l’idea di ricollegare Marano con Napoli attraverso una linea ferrata non è mai mancata agli amministratori che si sono succeduti dal 1987 ad oggi. A gennaio del 1989, il Consiglio comunale, riconobbe la validità di un progetto in tal senso redatto dall’ingegnere Renato Cristiano. Quel progetto, però, non aveva finanziamento e per lo stesso incarico non è mai risultato alcun atto, tanto che l’ingegnere, non essendo stato pagato, ha fatto ricorso al Tar e ha chiesto un risarcimento di circa tre miliardi di vecchie lire.

Si è tornati a parlare di un collegamento ferroviario di Marano con Napoli nel 1995. L’allora sindaco Bertini dichiarò al nostro giornale: “Stiamo studiando, di concerto con la facoltà di architettura, la possibilità di agganciarci alla strada ferrata che dovrebbe collegare Quarto con la metropolitana collinare, inserendoci nel piano intermodale dei Campi Flegrei”. Non se ne fece più niente.

Il 10 giugno del 1996, in un convegno alla Galleria Primavera, venne presentato alla stampa e alla città il progetto degli architetti maranesi Guarino e Pugliese per l’allestimento di un metrò subcollinare: una tangenziale ferrata che, passando per buona parte sull’alveo dei camaldoli, doveva collegare la stazione di Piscinola a quella della circumflegrea di Quarto. Quel progetto è rimasto sempre nel cassetto poiché troppo costoso. Di lì a qualche mese, l’ex sindaco Bertini rilanciò: contattò i tecnici dell’Ansaldo per cercare di portare nella nostra città il progetto Stream, una sorta di tram elettrico che aveva già dato buoni risultati nella città di Trieste. Ma l’innovativo sistema di trasporto ecologico, nonostante desse ampie garanzie dal punto di vista dell’impatto ambientale e potesse essere realizzato in tempi brevi, fu scartato dagli amministratori perché i costi eccessivi (circa 50 miliardi di lire) non erano sopportabili dalle casse comunali.

A settembre 1998, messo da parte Stream, spuntò il Micrometrò, il fatidico tram leggero che è diventato per anni un tormentone e che però è rimasto sulla carta. Nel 2006 sembrava fosse arrivato il momento giusto: l’allora assessore regionale ai Trasporti, Ennio Cascetta, annunciò l’avvio della fase di redazione definitiva del progetto che fu approvato anche dal Consiglio provinciale di Napoli. A febbraio 2008, l’ingegnere Sergio Negro, dello staff di Cascetta, dichiarò al giornale l’attesa che erano stati risolti i problemi logistici che si erano presentati e che era imminente la pubblicazione della gara d’appalto che prevedeva sia l’assegnazione dei lavori sia la redazione del progetto esecutivo cantierabile, poiché era stato reperito anche il finanziamento di 30milioni di euro per l’opera. La cosa, quindi, sembrava fatta. Negli ultimi mesi, però, è trapelata la notizia che i fondi, dati per certi, sono stati dirottati altrove. “Quand’ero capogruppo del Pd alla Provincia di Napoli – dice il consigliere regionale Raffaele Topo – il Consiglio provinciale approvò il progetto definitivo, mentre Cascetta s’impegnò a finanziare l’opera. Dopodichè venimmo a conoscenza che la concessione del tram leggero fu demandata a Metrocampania. Anche io, recentemente, però ho saputo che i fondi sono stati dirottati sulla nuova tratta della linea 1 del metrò collinare”.

Ora cosa succederà?

“Premesso che ritengo che Cascetta abbia fatto un grosso errore a dirottare questi soldi, adesso bisogna aspettare la programmazione 2011 del Fondo nazionale trasporto, per cercare di reperire nuovi fondi. La cosa certa è che non mi stancherò di portare avanti questa battaglia, poiché i tempi sono maturi per una linea ferrata che attraversi le nostre zone, in considerazione del fatto che l’inquinamento da gas di scarico delle auto è la prima causa al mondo di morte per patologie tumorali e dell’apparato respiratorio”.

Una domanda sorge spontanea: dove erano i nostri rappresentanti istituzionali alla Provincia e alla Regione, e gli stessi amministratori locali, mentre si decideva che il finanziamento per Micrometrò fosse dirottato verso altri lidi?

“Io – dice l’ex sindaco Bertini – mi sarei incatenato giorno e notte davanti alla Regione, ma non avrei mai consentito in maniera passiva un simile scippo”. C’è da credergli, poiché, negli anni addietro, l’ex sindaco si è reso promotore di iniziative forti: nel 1997 e nel 1999 convocò due Consigli comunali straordinari in trasferta e all’aperto. Il primo sul Vallone Carmine per denunciare un riempimento abusivo finalizzato a nuove costruzioni abusive; il secondo addirittura a Roma, nel piazzale Montecitorio, per chiedere la sede del nuovo tribunale metropolitano.

Visualizzazioni della settimana