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Uno dei 10 seggi elettorali istituiti presso l'edificio Diaz |
Il 32,23% di affluenza registrato a
Calvizzano può sembrare, a prima vista, un segnale scoraggiante. È facile
leggere in questo dato la conferma di un trend nazionale: la crescente
disaffezione verso la politica, il senso di distanza tra cittadini e
istituzioni, la stanchezza di fronte a meccanismi percepiti come lontani o poco
incisivi. Ma, secondo il nostro punto di vista, fermarsi a questa lettura
sarebbe troppo semplice e forse ingiusto.
Perché, sempre secondo il nostro modesto
parere, da profondi conoscitori di questa non facile realtà, sotto l’aspetto
politico, che descriviamo da circa trent’anni, il 32% non va letto come un
fallimento, ma potrebbe essere un punto di partenza. Più di un cittadino su tre
ha sentito il dovere, o forse la speranza, di partecipare. In un’epoca in cui
l’apatia sembra dominare, chi va a votare compie un atto di fiducia. Fiducia
nel fatto che il proprio gesto conta. Fiducia che il cambiamento, per quanto
lento, sia ancora possibile. E questa fiducia va coltivata, non data per
scontata.
A Calvizzano esiste ancora una parte viva
e consapevole della comunità, che ha scelto di esserci. E questo è anche merito
di chi ha lavorato perché ciò accadesse. Il Movimento Futura, in particolare,
ha giocato un ruolo fondamentale costituendo un comitato promotore e portando
avanti azioni divulgative sul territorio, con passione e senso civico. Ma a
spingere il piede sull’acceleratore sono stati i componenti di Reset: hanno
contribuito con una campagna elettorale pro-referendum, recandosi nelle case a
spiegare le ragioni del voto. Un banco di prova elettorale in vista delle
prossime amministrative, anche se il contesto è completamente diverso?
In ogni caso, il coinvolgimento attivo di
questi gruppi, molti dei quali composti da giovani, dimostra che esiste una
generazione che non si rassegna all’indifferenza. Che vuole partecipare,
discutere, decidere. E che ha capito che la democrazia si costruisce giorno per
giorno, anche a partire da una piccola scheda elettorale.
I dati non sono sentenze, sono strumenti.
E il 32,23% ci dice che la sfida è ancora aperta. Che esiste una base da cui
ripartire. Che la voglia di incidere non è scomparsa. Va solo ascoltata,
sostenuta, valorizzata.
Il futuro democratico di Calvizzano, come
quello del Paese, non si misura solo in numeri, ma in possibilità. E le
possibilità, a volte, nascono proprio quando qualcuno, invece di lamentarsi,
decide di mettersi in gioco. Come ha fatto chi ha creduto in questo referendum,
e ha lottato perché fosse davvero una scelta di tutti.