A Calvizzano e Marano la povertà corre, le risposte tardano ad arrivare

Disoccupazione, disuguaglianza, emergenza abitativa: don Ciro è solo. E a Marano la lotta per una casa è una corsa a ostacoli. Cose che scriviamo da anni

A Calvizzano, la povertà bussa ogni giorno alle porte della parrocchia di don Ciro. Sono madri sole, vedove improvvise, disabili, lavoratori senza più lavoro. Uomini e donne che fino a ieri vivevano una vita “normale”, oggi improvvisamente precipitano nel bisogno. E non trovano alcun sostegno istituzionale. Solo la solidarietà, spontanea ma insufficiente, del parroco.

Tre storie raccontano una realtà ormai diffusa. Una donna di 50 anni, rimasta vedova, due figli a carico, nessuna pensione, nessun sussidio. Un’altra, disabile, sola con due figli, di cui uno con disabilità. Un’altra ancora, malata di cuore e separata, sopravvive con meno di 300 euro al mese. Sono solo alcune delle facce della nuova povertà. Ma ce ne sono tante altre. Calvizzano è piena di queste storie.

E Calvizzano non è sola. Basta spostarsi di pochi chilometri per vedere come a Marano la povertà si manifesta con un’altra urgenza: quella abitativa. Centinaia di famiglie attendono da anni una casa popolare. La richiesta di alloggi è altissima, ma l’offerta pubblica è gestita con lentezza esasperante. E anche qui, lo Stato è assente.

Per fortuna ci sono le parrocchie. “Con i parroci collaboro molto -afferma Stefania Fanelli, consigliera di minoranza a Marano -. Quando i cittadini si rivolgono al nostro sportello sociale, spesso li ho indirizzati alle Parrocchie, in particolare alla Parrocchia San Ludovico D’Angiò, sia per il pagamento urgente di una bolletta, sia per ricevere un pacco alimentare”.

Fanelli da sempre denuncia ma fa anche proposte, ad esempio quella di costruire un'alleanza sociale e una rete istituzionale contro la povertà.

Il disagio abitativo e quello economico sono due facce della stessa medaglia: la mancanza di una rete sociale efficace. A Marano, come a Calvizzano, il dramma non è solo che mancano risorse, ma che manca una visione. Le istituzioni sembrano cieche, mentre il tessuto sociale si lacera ogni giorno di più.

Una volta la povertà era un fatto “di famiglia”. Oggi può colpire chiunque: basta una malattia, un divorzio, un licenziamento. Il lavoro non è più garanzia di stabilità, i contratti sono fragili, i salari bassi, i prezzi alti. La perdita dell’occupazione è l’anticamera dell’emarginazione. E intanto, in silenzio, si riempiono le liste d’attesa per gli alloggi popolari.

E così a Calvizzano, a resistere è solo don Ciro. Ma da solo non può farcela. A Marano, i cittadini esasperati chiedono una casa, ma ricevono solo silenzi. Ora qualcosa pare si stia muovendo.

Lo diciamo da anni: questa non è più un’emergenza, è un collasso sociale. E se i Comuni, le istituzioni e lo Stato non si svegliano, ci troveremo a raccontare altre storie, sempre più dure, sempre più tragiche. Perché la povertà, quando non viene ascoltata, non sparisce. Si radicalizza. E diventa rabbia.

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