Marano, archivio comunale: nel 1993 buttati al vento centinaia di milioni per una sistemazione mai effettuata
“E’ desolante. Sono dieci anni che aspettiamo di poter consultare l’archivio comunale per confrontare dati, episodi e atti che fanno parte della nostra città. Una città saccheggiata, malmenata, inginocchiata…”
E’ solo l’inizio dell’articolo pubblicato dal periodico “ideaCittà” nel numero di febbraio 1993 a firma di Enzo Savanelli: leggetelo fino in fondo
E’ desolante. Sono dieci anni che aspettiamo di poter consultare l’archivio comunale per confrontare dati, episodi e atti che fanno parte della nostra città. Una città saccheggiata, malmenata, inginocchiata…
Dieci anni di tormenti, lotte e iniziative sistematicamente fallite. L’archivio comunale è ancora lì, che resiste a ogni assalto. Ma mentre ci sbattiamo la testa, un esercito di giovani, con la complicità di una maldestra fauna partitocratica locale, proprio sull’archivio ci ha fatto la “cresta”.
L’archivio, infatti, pur non essendo mai stato “sverginato” da nessuno, qualche anno fa è stato trasformato in una miniera dalla quale sono usciti centinaia e centinaia di milioni incassati, spesi e rigurgitati in faccia a coloro che quello stesso archivio volevano riordinare gratuitamente.
Ma cominciamo dall’inizio.
Era il tempo in cui a Roma una masnada di politici, finiti oggi quasi tutti a San Vittore, decise di dilapidare il patrimonio pubblico distribuendo miliardi a portaborse, clienti, galoppini e capicorrente di mezza Italia. ….A Marano giunsero non so bene quanti camion di milioni con la palla più grossa: risistemare l’archivio comunale. L’assurdo era enorme non per il contenuto (infatti, sistemare l’archivio era, se realizzata, una cosa utile), ma per tutto quello che c’era dietro. L’archivio, infatti, secondo i piani, doveva essere sistemato da una folla di aspiranti “archivisti”, che, per il “disturbo” di radunarsi in una stanza poche ore a settimana, a sfumacchiare e ad imparare “cosa” avrebbero dovuto fare, avrebbero percepito mezzo milione al mese.
Dietro questa avventura, a Marano c’era una strana società. Ma più dietro c’era tanta malafede.
La malafede stava nel fatto che tutti quei partecipanti alla abbuffata non sapevano (tranne poche eccezioni) né l’archivio comunale dove si trovasse, né che esso, dal terremoto dell’80, era deliberatamente stato lasciato a marcire in un basso del vecchio carcere mandamentale (accanto al Municipio ) da una classe politica che adesso, con la prospettiva di lauti guadagni, fingeva di essere interessata al suo recupero. Le cose iniziarono nel migliore dei modi. I corsi “preparatori” iniziarono, i politici vennero ad inaugurarli, a parlare di cultura, di nuova era per la città, di attese…Ma, come era da prevedere, finiti i soldi e i pranzetti con amici, amanti e ruffiani, finì anche la festa. E l’archivio? Il suo riordino era un “optional”.
E quell’optional nessuno lo pretese. La cosa a cui tutti miravano erano i soldi. E questi arrivarono a piene mani in tantissime tasche di giovani diplomati maranesi. Gente, insomma, di cultura medio-alta che avrebbe potuto “anche” evitare di collaborare alla perfetta riuscita di un imbroglio così vergognoso. Oggi l’archivio è in uno scantinato di via Piave, chiuso da una porta blindata le cui chiavi non sono state mai consegnate a nessuno. Dai lucernai spalancati, quando piove, entra tanta acqua che immancabilmente si allaga e i documenti galleggiano tragicamente. La memoria storica della città sta affondando così nella melma. Quando è bel tempo vi entrano comodamente topi, scarafaggi e lucertole a distruggere tutto il resto. I colpevoli di tutto ciò sono tra noi. Ci salutano come se niente fosse, ci raccontano le loro “imprese” e si permettono perfino di commentare, con incredulità “quasi” sincera, le inchieste di Di Pietro ed il malaffare che da un anno sta venendo a galla in tutt’Italia. Sensi di colpa non ne anno. Si sentono furbi, per aver colto al volo un’occasione di prendere soldi e…scappare.
Enzo Savanelli