La storia di Michele Cuciniello e del suo presepe

 

di Michele Di Iorio

Tra i presepi artistici napoletani certamente il più famoso è l’allestimento realizzato da Michele Cuciniello. Conservato dal 1879 nel Museo di San Martino, è composto da 800 pezzi.

Cuciniello nacque a Napoli nel 1823 da nobili genitori lucani e napoletani. Studiò al Real Liceo del Salvatore a San Carlo alle Mortelle e quindi si iscrisse alla facoltà di Architettura.

Durante un viaggio di studio, compiuto nel 1839  a soli sedici anni,  si appassionò alle gesta dei Cavalieri Templari, alla leggenda del Santo Graal, alla storia dei Rosacroce, di Cagliostro e di Saint Germain, come pure alle vicissitudini dei Catari e degli Albigesi di Provenza.

Rientrato a Napoli accolse entusiasticamente le innovazioni amministrative, sociali, culturali e industriali del giovane re Ferdinando II.

Ebbe rapporti di amicizia con il ministro degli Interni cavalier Nicola Santangelo e l’archeologo Giuseppe Fiorelli, segretario personale del principe reale Leopoldo conte di Siracusa, spirito illuminato.

Sebbene in un primo momento guardasse al sovrano borbonico come un fautore del progresso industriale e campione di giustizia sociale, a capo di un  regno che – come sosteneva Massimo d’Azeglio, del quale Cuciniello aveva sposato le tesi – poteva essere la guida della penisola italica. Fu quindi soddisfatto quando il re strinse alleanza con il regno di Sardegna per combattere gli austriaci. In aprile Ferdinando infatti fece partire numerosi soldati volontari per combattere nella Prima Guerra d’Indipendenza, supportati da 16mila uomini al comando del generale Pepe.

Il giovane Michele Cuciniello, che all’epoca aveva già scritto commedie e ben 300 poesie, drammi letterari, di cui alcuni furono poi messi in scena dalla compagnia teatrale napoletana di Antonio Petito al San Carlino, mentre molte delle sue poesie vennero pubblicate dall’editore Santovito di Milano.

Aveva una profonda cultura e mille interessi. Nel 1848, a soli 25 anni, aveva avviato una carriera brillante come architetto del Genio Civile.

Cuciniello rimase però profondamente deluso quando il prudente re Ferdinando II dopo gli scontri bellici antimonarchici del 15 maggio di quell’anno richiamò a Napoli le truppe dalla Lombardia per motivi di ordine pubblico. Inoltre sospese la Costituzione concessa pochi mesi prima, il 29 gennaio, abolì la Guardia Civica e la libertà di stampa, sciogliendo anche la Guardia Nazionale perché compromessa con i liberali fautori della rivolta. Il re mandò le sue truppe a reprimere le sommosse in Lucania e in Calabria e inviò il generale Carlo Filangieri a bombardare Messina.

Michele Cuciniello cercava scusanti per l’operato del re: pensava che la Ragion di Stato l’avesse spinto ad ordinare  quella severa repressione. I suoi ideali si infransero definitivamente a causa della dura reazione della polizia.

Si rinchiuse così nel suo lavoro e nei suoi hobby, appassionandosi all’archeologia. Disegnò progetti di architettura civile per migliorare strade e piazze e per bonificare le vicine campagne. Nello stesso tempo, coltivando lo studio delle tradizioni popolari, iniziò a collezionare statuine di pastori del ‘700 acquistandole da privati, altre nelle botteghe di celebri artigiani di via dei Fiorai, e altre ancora, ottocentesche, dai fratelli Ginn.

Si allontanò così dal Regno delle Due Sicilie, in esilio volontario alla volta di Parigi, rinunziando a una facile carriera di architetto. Guardò con simpatia alla spedizione di Garibaldi e s’imbarcò per Napoli sulla goletta “Emma” del suo amico Alessandro Dumas, dove giunse nel settembre del 1860 dopo l’ingresso del generale con il suo amico scrittore e  l’archeologo Giuseppe Fiorelli.

Tornato nella sua casa riprese a collezionare i pastori artistici napoletani fino al 1877. Due anni dopo ne fece dono al Real Museo di San Martino tramite Fiorelli, fondatore del museo, consegnando la collezione al direttore Demetrio Salazar.

Cuciniello stesso ebbe il privilegio di allestire nel 1879 l’installazione presepiale nel salone al pianoterra della Certosa, un tempo cucina del monastero dei padri celestini. In particolare curò lo spazio per la Natività, la taverna a due piani e lo scoglio. Riuscì a mettere in evidenza le fattezze e le ansie del popolo napoletano, in ogni tempo alle prese con una vita non facile.

Michele Cucinielo morì a Napoli nell’anno 1889, lasciando in eredità la sua grande opera  alla sua città tanto amata.

Fonte Terronian Magazine

 

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