Continua a mietere successi professionali l’architetto di origini calvizzanesi Antonio Di Maro: un grande appartamento di un palazzo ottocentesco rivive grazie a una ristrutturazione che introduce pezzi di design contemporaneo sotto le volte affrescate

 

L'architetto Di Maro seduto su una poltrona Up di Gaetano Pesce

Nel cuore di Napoli, quello più intellettuale, legato alla scena teatrale, alle arti e perfino alla Massoneria, in un palazzo ottocentesco tra la Galleria Principe, il Museo Nazionale e l’Accademia di Belle Arti, un grande appartamento ha ripreso vita dopo anni di abbandono grazie a una ristrutturazione attenta e rispettosa che ha voluto conservare e sottolineare le splendide tracce del passato in contrasto con scelte di interior contemporanee. L'edificio è Palazzo Vitozzi, probabilmente realizzato dagli stessi architetti della galleria, Nicola Breglia e Giovanni De Novellis tra il 1870 e il 1883, in concomitanza con gli altri lavori nell’area. Una colossale statua in travertino di San Gaetano Thiene, trovata durante gli scavi delle fondamenta, dal 1932 è nel cortile «Probabilmente proveniva da una delle porte della città demolite tra il 1700 e l'inizio del 1900, e il fatto di averla collocata in uno spazio comune del palazzo, è un augurio di buon auspicio per tutti gli abitanti», spiega l’architetto Antonio Di Maro. San Gaetano, infatti, è il patrono dei lavoratori, dei disoccupati, di chi è in cerca di lavoro e dei donatori di sangue, oltre che essere riconosciuto come l'inventore del presepe napoletano. Una sua statua, è al centro dell’omonima piazza, anch’essa nel cuore di Napoli.

«Quando abbiamo cominciato i lavori di restauro e di ripristino di questo appartamento di 145 metri quadrati, rimuovendo i controsoffitti in cartongesso abbiamo trovato meravigliose volte affrescate, a 7 metri di altezza», racconta l'architetto. «Posso dire che ho visto il paradiso: colori pastello, cieli stellati, ghirlande di fiori, la sirena partenope, la rosa dei venti, simboli massonici come le conchiglie rovesciate sopra le porte, provenienti da un'epoca in cui Napoli era in pieno fermento culturale, coperti dall'incuria e da interventi strutturali dannosi e ignoranti finalmente ritrovavano la luce». Sotto le coperture posticce anche soffitti in travi di castagno e al di sotto di un pavimento in laminato “finto legno”, bellissime graniglie veneziane con bordure intrecciate che oggi si trovano nei bagni. «Staccarle e ricollocarle in ambienti più piccoli è stato necessario perché erano molto rovinate», spiega Di Maro. «Nelle altre stanze ho inserito rivestimenti in ceramica che ricordassero le antiche pavimentazioni e, dove il contrasto con il passato doveva essere maggiormente sottolineato, pavimenti in resina, per distaccare in modo tangibile la cucina Bulthaulp in acciaio spazzolato dall'eredità storica».

La voluta dicotomia è anche nella scelta del colore degli arredi, tutti con toni decisi e “di rottura” con la palette pastello dell’involucro. Ovunque, il cuore di Napoli è presente: nello scorcio di una finestra, affacciata sul complesso di San Potito, nelle sculture disseminate nell’appartamento, provenienti dai mercatini antiquari, nelle opere dell’artista partenopea Antonella Romano in camera da letto. E proprio qui, un soppalco con vetro a specchio è una sorta di cabina armadio sopraelevata e garantisce il riverbero dei decori del soffitto, in un continuo scambio tra il passato e il presente. «Non vorrei sembrare superbo, ma questo progetto, per me, è la rivincita della cultura illuminata», conclude l'architetto.

Elena Dallorso, fonte AD Italia

 

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