Calvizzano-Marano. Don Giacomo di Maria, decano degli storici locali: è stato uno dei primi corrispondenti del noto quotidiano “Il Mattino”


Don Giacomo Di Maria, decano degli storici dell’area nord-ovest di Napoli, prete calvizzanese, vissuto per molti anni a Marano, è stato tra i primi corrispondenti del noto quotidiano “Il Mattino”: lo dichiarò durante un reportage che il giornalista Mario Cicelyn, grande inviato, fece a Calvizzano inizio anni ’90.

“Don Giacomo ha perduto il conto – scrive Cicelyn – degli articoli, delle monografie, dei libri che portano il suo nome.

Ricco mentalmente, vive in dignitosa povertà”.

“Sapete- mi dice don Giacomo-: sono stato tra i primi corrispondenti del Mattino. Roba di quasi sessant’anni fa. I nostri studentelli osserverebbero, freddamente: roba della seconda guerra punica…

Perché, lo chiamano il “paese dei calvi?”, domanda Cicelyn.

Il sacerdote si arrabbia. “Sciocchezze. Date retta a me che sono un calvizzanese genuino. Cominciamo col dire che Calvizzano viene da Calvitio, secondo gli studi di don Raffaele Galiero, primo storiografo locale, buonanima! Galiero sostiene che non da una testa calva ma da un Calvitio, romano, sarebbe derivato il nome di Calvizzano.

Soggiunge: “Nel monastero di San Gregorio Armeno di Napoli fu trovata una pergamena dell’anno 911 con la scritta Calbetianum”.

Ad un umanista come lui piace l’etimologia classica. Ardente e polemico don Giacomo. Mi hanno raccontato che una volta, a Parigi, dove si era recato con altri tre italiani per ricevere una medaglia d’oro dalle mani di Jean Cocteau, avendo appreso che in onore dei premiati sarebbe stato suonato l’inno nazionale, tranne quello italiano, minacciò di abbandonare, seduta stante, la sala.

Un’imperdonabile distrazione del “magister festarum”? I francesi corsero subito ai ripari per placare l’ira del prete italiano.

“Questo paesello – osserva don Giacomo – ha avuto cattedratici di chiara fama: il sacerdote Biagio Visconti, giurista e teologo; Domenico Biondi, insegnò Teologia all’università di Bratislava e di Bologna; Antonio Mirabelli, sommo latinista, scrisse 40mila esametri virgiliani, il fratello giurista, fu fatto conte da Umberto I.

E don Raffaele Galiero? Chiede Cicelyn.

“Un uomo geniale. Mi tenne a cresima. Aveva però un grosso limite: la salute. Mi diceva sempre: “Compariello, salus ante omnia”.

Il soffitto ligneo della seicentesca parrocchia di San Giacomo è di oro zecchino. Ai quattro lati vi è raffigurato lo stemma dei Visconti. Anche su una lastra tombale, dietro l’altare, compare lo stemma della potente famiglia lombarda.

“I Visconti vennero nel territorio napoletano”: assicura don Giacomo, che è anche l’autore di due grossi volumi dal titolo “I Visconti: da Milano a Calvizzano”.

Il meriggio scivola verso il tramonto. Don Giacomo torna ai suoi studi. Nel salutarmi s’infiamma. “Andate a dare un’occhiata al palazzo ducale, che è di risonanza storica. Vi si rifugiò Caracciolo”.

Passo per la galleria d’arte di Stefano Ferrillo, un giovanotto tutto scatti, di lingua veloce e tagliente.

Il palazzo, oggi villa Fiorillo, fu costruito nel 1698 dal duca Giovanni Francesco Pescara. A destra, entrando verso il cortile, c’è una breve scalinata. “E’ proprio là che fu preso l’ammiraglio”, osserva Ferrillo.

Caduta la Repubblica partenopea, Francesco Caracciolo si nascose nel palazzo del duca Giuseppe Maria Pescara, suo cugino. Un servo fece la spiata e tale Scipione La marra lo catturò a tradimento, consegnandolo agli inglesi. Una farsa il processo. Lo condannarono all’impiccagione per volontà della perfida austriaca Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV. Nelson non mosse un dito in favore di Caracciolo. Si dissolse nel sangue dei patrioti la grande utopia giacobina. Avevano vinto le orde del cardinale Ruffo e i lazzaroni di “festa, farina e forca”.

Calvizzano, 7 mila abitanti (all’epoca in cui venne pubblicato l’articolo, ndr).

“Qui siamo tutti di origine contadina. Il nostro è il solo paese tranquillo di Napoli-nord perché, fondamentalmente è rimasto agricolo”: teorizza il Ferrillo. Per la sua aria saluberrima. Calvizzano ospitava nei mesi estivi molte famiglie nobili di Napoli.

Usciamo dal palazzo ducale mentre passa veloce e rumorosa una carretta, tirata da un cavallo, il carrettiere in piedi, gambe divaricate, la frusta schioccante. Un’immagine del tempo ritrovato. Per un attimo…

 

 

 

  

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