L’esterno della chiesa di Calvizzano

                                      

Osservate la facciata e individuate la statua di “Santa Veronica” a sinistra e a destra la “Vergine del Presepe”. Dite la verità!: è la prima volta che sentite questo attributo per la Vergine; si chiama così perché con il braccio destro sorregge la grotta di Betlemme, quella che noi chiamiamo “capanna” e che è il fulcro centrale di ogni presepe. Immaginate quanti presepi sono esposti nel mondo e Lei, la Madonna, non manca mai; Gesù arriverà il 25 dicembre e i re Magi il 6 gennaio, all’epifania, mentre la Madre durante l’attesa e durante l’allattamento è lì; tra i presepi esposti per l’intero anno in luoghi particolari, da cattedrali a regge, e quelli realizzati appositamente per il periodo della natività, non vi è rappresentazione più diffusa della Madonna nella grotta di Betlemme; eppure … ci voleva Calvizzano che con la realizzazione della statua della “Madonna del Presepe” è stata la prima e, per quanto mi risulta, l’unica con questa intitolazione.

Ancora più singolare è l’altra statua, a sinistra dell’ingresso, che sembra una monaca che regge una squadra da carpentiere; si tratta, in effetti, di una croce mancante dei bracci sinistro e superiore; ho provato a ricostruirla, ma, per effetto della prospettiva, mi risulta storta. Chi rappresenti, poi, lo si legge sulla base: “Santa Vera Icona”, Santa Veronica. Qualche dubbio mi nasce perché si potrebbe anche leggere: la “vera santa rappresentazione” del volto di Gesù, allorché una pia donna asciugò il volto della passione con un panno sul quale rimase impresso il volto di Gesù; della pia donna non rimasero tracce, non fu monaca, né, tantomeno, eretta agli onori degli altari. Ma la conferma che di lei si tratti, per una particolare vocazione, forse, sul territorio di Calvizzano, è confermata dal quadro di Nicola Vaccaro, posto sopra l’altare del transetto sinistro, che rappresenta proprio l’episodio descritto durante l’ascesa al Calvario.

Allora: una Madonna del Presepe, unica, e una Santa Veronica, forse, anch’ella almeno rara (nella basilica di San Pietro in Vaticano vi è una statua colossale che la rappresenta scolpita da Francesco Mochi e in Francia è considerata la protettrice delle lavandaie), ornano la facciata della chiesa.

Al di sopra della porta d’ingresso è rappresentata la “Madonna delle Grazie”. Bellissimi i due orologi simmetrici realizzati con piastrelle ceramiche maiolicate, le “riggiole” napoletane.

Il portone d’ingresso di legno, rivestito recentemente con piastre bronzee, è di grandi dimensioni e viene aperto nelle grandi occasioni. In esso è stata ricavata una porta per l’uso quotidiano, sulla quale è rappresentato lo stemma della città (“Universitas Calvizzani”) dove spicca una testa calva a ricordare la prima parte del nome “Calvi”-zzano. Ai lati vi sono San Giacomo (il titolare) e San Ciro, il santo medico cui si rivolgono in particolare i malati. Nella parte superiore accanto alla “Madonna delle Grazie con Gesù bambino”, è ripetuto ancora il nome del luogo, Calvizzano, rappresentato dalla stessa chiesa, dove spicca in primo piano il bel campanile.

Eh, già! Il campanile! Allontanatevi e abbracciateli entrambi con lo sguardo: il campanile e la chiesa. Provate ora a escludere uno dei due; allora, vi sembra possibile la chiesa senza campanile?, quel campanile? L’accoppiamento è perfetto: la giusta altezza dell’uno rispetto all’altra (par quasi che il campanile sia pronto ad aprire un mantello per stenderlo a protezione della chiesa, cupola compresa); la giusta distanza che li separa e li unisce, tanto è esigua; gli inserti di piperno, quella roccia nostrana, ormai quasi esaurita, che tratteggia linee e contorni e par che non si fermi nel passaggio dall’una all’altra. Il campanile ha una base quadrata di 7 m per lato e un’altezza di 45 m (pari a un moderno palazzo di nove piani). Ne ha subiti di attacchi, da terremoti e da fulmini, ma resiste incrollabile al suo posto, con le forme eleganti: i tre livelli di superficie man mano degradante e l’ultimo livello, che racchiude la campana più grande che diffonde il suono a grande distanza, di superficie inferiore con gli spigoli smussati, chiuso da un cupolino: a guardarlo così, con i suoi ornamenti, è l’emblema dell’eleganza architettonica che possiede e trasferisce alla vicina chiesa.

Ma c’è ancora tanto da descrivere, dall’armonia dei suoni dell’organo al passare del tempo seguendo gli orologi, al suggestivo monumento ai caduti. Va bene! Ho capito! Alla prossima.

Fonte: profilo facebook Gianni Panzera

Degli elementi che compongono la facciata della chiesa ne abbiamo parlato dettagliatamente nel corso degli anni.

 

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