‘O pittore tedesco, l’eremita laico: dal libro “Marano-una presenza millenaria” di Enzo Savanelli e Angelo Marra (pubblicato nel 1988)
A San Marco (frazione
di Marano) si è installato da anni uno strano eremita. Quello che nelle sue
rarissime apparizioni in città, a bordo di una scassata bicicletta, tutti
chiamano “’O pittore tedesco”.
Alto,
asciutto, capelli d’un candido bianco, volto lievamente arrossato e lineamenti
del tipico nordico. Una cosa colpisce subito: una grande tristezza e due occhi
che non si lasciano decifrare. “Ho paura dell’umanità e cerco di non guardare
in faccia al mio interlocutore perché ho imparato a guardare oltre la pelle”.
E’ Willi
Lehmann, tedesco orientale, nato a Karlsruhe nel Baden Wuettemberg (vicino
Stoccarda). Pare che appartenga ad una delle più antiche famiglie della
Germania come attesta il suo anello (unico “vezzo”) donato ad un suo avo dallo
stesso re del Bayern nel 1336. Ma perché sta qui e perché si è allontanato da
tutti per vivere con una gatta di nome Bella ed un cane soprannominato
Schnuzzibutz? Per fuggire i ricordi!
“Facevo il
sottufficiale a Cracovia e, durante una breve licenza in patria, mi installai
con il mio cavalletto nella cattedrale di Dresda, la Krentz Kirche (chiesa
della croce) per catturare, al suono dell’organo e delle donne in preghiera, un’immagine
che fosse contemporaneamente atto di speranza nell’uomo e voglia di pace dopo
tanto sangue innocente versato”.
E qui il
tedesco si ferma, rivivendo l’angoscia di quei tre giorni di metà febbraio del ’45
che lo videro superstite, proprio in quella chiesa che aveva appena finito di
dipingere, del più grande massacro dell’umanità prima di Hiroshima.
Duecentocinquantamila
persone cancellate dalle bombe anglo-americane sganciate su Dresda. Ed
accarezzando quella stessa tela come si fa solo con un figlio assai caro, Willi
prosegue: “Nella notte, sotto le bombe andai in cerca di qualche rifugio, ma
nessuno mi volle far entrare. La mattina erano tutti sepolti sotto cumuli di
macerie. Non avevo più nulla che mi trattenesse in quei luoghi e cercai in
Beethoven, Bach, Michelangelo del Giudizio Universale e nell’innocenza della
natura, quei valori universali che superassero le tante meschinità. Ed un bel
giorno mi ritrovai qui a San Marco, luogo di antichi eremiti dove da laico
spero di aver fatto con onestà la mia parte di uomo il più possibilmente
autentico”.