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Foto tratta da www. sirenelido.it |
Licola,
da Marziale ai gironi nostri
“A
Licola sotto la canicola si giocava a rugby tutti i giovedì, e al limite di un
caldo più dell'Africa io contavo i palpiti del tuo cuor”. Con questi versi Edoardo Bennato celebrava un
luogo odiato e amato da molti. Località di mare a guardia dei “Campus Leborius”,
terre fertili le cui bellezze furono lodate da Marziale, da Cicerone, da
Petronio e da Floro il quale declamava: «Non solo dell’Italia, ma del mondo
intero la Campania è la plaga più bella: niente più dolce del cielo,
niente più ricco del suolo». Nell’antichità la flotta navale della Roma
imperiale costeggiava il litorale per approdare nell’antico porto di Baia, da
dove poi segnare la rotta per le conquiste a sud del Mediterraneo. Mentre nel
medioevo questo luogo fu approdo delle navi saracene, i quali aggredivano i
piccoli villaggi per poi introdursi nel capoluogo. Pertanto fu necessario
innalzare diverse torri d’avvistamento, come il maniero di Marano al Belvedere
e la torre cinquecentesca “Genziana”, denominata, successivamente, torre San
Severino. Le bonifiche borboniche prima e quelle attuate nella modernità dopo
debellarono le endemiche condizioni malariche che caratterizzavano l’intero
tratto litorale: da Licola a Varcaturo, compreso il Lago Patria. Con la fine
della seconda guerra mondiale e con l’esplosione del boom economico Licola
viene conquistata da un esercito alquanto pacifico, desideroso solo di
rinfrancarsi nelle acque limpide e di godersi al sole cotanto ben di Dio.
L’esercito dei vacanzieri dei sette comuni, ma un po’ da tutta la provincia,
invade le distese sabbiose di Licola, qualificando la zona a polo turistico
senza mai raggiungere, però, livelli qualitativamente alti; nonostante gli
sforzi profusi da coloro che nel corso degli anni hanno provato a dare un’
immagine positiva investendo energie e soldoni. Intanto negli anni sessanta il
sabato e la domenica la strada degli americani veniva invasa da una miriade di
seicento e cinquecento e chi non si poteva permettere la macchina si
organizzava con la “Cafoniera”, ovvero con quel pezzo da museo di autobus,
avente lo stesso colore azzurro del mare di Licola. Ombrelloni, sedie,
frigoriferi e camera d’aria del “Fiat Tigrotto” e via, tutti a Licola; dov’era
d’uopo, a ora di pranzo, di ringalluzzirsi di cibo, mentre i piccoli e non solo
mangiavano la straordinaria frittatina di maccheroni, pietanza
frugale che permetteva una rapida digestione a quanti desideravano rituffarsi
in fretta in acqua. La giornata veniva trascorsa in totale ozio per quanto
riguarda gli adulti, ma per i più piccoli le spiagge di Licola erano tutto un
divertimento. Nascevano amicizie tra le famiglie e teneri rapporti fra i
rampolli, i quali, molto spesso, si innamoravano all’ombra del juke box, dal
quale echeggiavano i tormentoni musicali dell’estate come: “Pinne, fucile ed
occhiali”, l’intramontabile “Abbronzatissima” di Eduardo Vianello; “Luglio” di
Jmmy Fontana, “Un’ora sola ti vorrei” e “Non si può leggere nel cuore” dei The
Showmen e molti altri brani famosi dell’epoca. Il venticello serale,
intanto, invitava i più grandicelli ad organizzare la partita con i ragazzi del
lido vicino, mentre sul bagnasciuga la saga dei castelli di sabbia era affidata
ai più piccoli. Quando il bagnino iniziava a chiudere gli ombrelloni e a
ripiegare le sdraio era l’ora di andar via. Le donne rimettevano a posto le
cabine e rivestivano i marmocchi che non ne volevano sapere di rincasare.
Bruciati dal sole e stanchi di una giornata intensa, i corpi “collassavano” sui
sediolini delle auto per poi riprendersi appena arrivati a casa. Lo scrittore e
giornalista Aldo Cazzullo, nel suo "I ragazzi che volevano fare la
rivoluzione - storia di Lotta continua, Mondadori 1998", racconta che nel
1975, "...gli studenti appartenenti a Lotta continua e altri gruppi della
sinistra extraparlamentare organizzarono a Licola un festival musicale... sul
modello di quelli milanesi patrocinati da "Re Nudo"... A Licola
riecheggia uno slogan su cui la sinistra discuterà a lungo: "il personale
è politico". Si cantano l'internazionale e bandiera rossa, inni partigiani
e rivoluzionari, ma anche rock e folk. Una mattina la polizia ferma tre ragazze
nude in riva al mare, in centinaia si spogliano e improvvisano un corteo in
spiaggia; gli agenti desistono. Arriva a curiosare un ottuagenario comunista
con le bretelle, ragazzi intontiti dalla marijuana lo apostrofano: che fai qui
nonno? Non hanno riconosciuto il presidente della Costituente, Umberto
Terracini. Si organizza un ambulatorio, si stampa il giornale del festival.
Arrivano decine di migliaia di ragazzi ad ascoltare jazzisti e cantautori,
Joseph Martin e Francesco De Gregori (Vedi anche sito quicampiflegrei.it). Alan
Sorrenti fa musica sperimentale e si lancia in un vocalizzo di quindici minuti
che gli costa la contestazione del pubblico, volano sul palco lattine piene di
sabbia, interviene il servizio d'ordine. Sorrenti fugge negli Stati Uniti e al
ritorno arriverà al successo cantando Figli delle stelle...".
Alcuni stabilimenti hanno fatto la storia della villeggiatura di tutto il
litorale compreso quello di Varcaturo: come il Lido Sabbia d’Argento, Lido
Varca d’Oro, il mitico Lido Gallo a Licola, Lido Circe, Lido Le Ancore, Lido
Sibilla, Lido Hawaii, Lido Le Sirene, Lido Blu e poi il Lido dei Carabinieri e
quello della Guardia di Finanza e molti altri ancora che nel corso degli anni
hanno preso vita.
Testo di Carmine Cecere -
pubblicato su "Provincia Oggi" del 12 luglio 2008, anno III nr. 27 |