Descrizione facciata anteriore Chiesa Santa Maria delle Grazie a Calvizzano, parte quinta: le 4 colonne, le lastre protettive di piperno, il portale, gli scalini
Ai lati della porta e in parallelo ad essa, dalle lastre di pietra lavica e fino alla finta cornice, quattro colonne
Non attribuibili ad alcuno stile antico preciso (non possono essere, infatti, considerate né doriche né ioniche né di altra foggia riconosciuta, in relazione alla forma della scanalatura e, soprattutto, dei capitelli), ci sono ben quattro colonne, naturalmente prive di qualsivoglia funzione statica o di protezione e sicurezza della superficie, ma poste lì al solo intento di conferire un aspetto più armonico, aggraziato e slanciato alla facciata, interrompendo un prospetto di per sé fisso. Alquanto ingenui gli ‘sbuffi’ superiori dei finti capitelli, con ‘ghirigori’ elementari, ai quali il semplice bicromismo conferito ai singoli elementi riesce appena a conferire un poco di movimento, rispetto ad una visione generale della facciata non certamente dinamica alla vista.
Lungo tutta la superficie inferiore della facciata, lastre protettive di piperno
Quando, all’inizio del XVII secolo, si decise di abbellire la superficie di calpestio della navata centrale (ancora di terra battuta: sarebbe rimasta così fino al 1744, quando vennero messi in opera mattoni di “cotto napoletano”), di aprire il portone centrale e di mettere in protezione i ballatoi laterali (le prime notizie sicure risalgono al 1608), nelle varie parti esterne furono sostituiti gli elementi di pietra di tufo con scalini e parapetti in pietra vulcanica dura e lastre di piperno, correnti tutt’intorno ai tre lati esposti dell’intero edificio sacro. L’intento dichiarato fu quello di operare un intervento destinato a conservare intatta nel tempo quella parte che, in genere, nelle costruzioni poste in punti di aggregazione e di passaggio, va maggiormente soggetta ad usura e a danni, per semplice incuria e/o per eccessiva esposizione. Ecco, allora, che gli Amministratori dell’Opera Laicale si adoperarono per la sistemazione di lastre di pietra dura lavica/vulcanica, pregiata, ma relativamente accessibile e facilmente reperibile nella nostra zona dei Campi Flegrei, in cui essa era relativamente facile da rinvenire. La funzione estetica è tuttora resa evidente dal contrasto fra il colore abitualmente tenue/pastello della tinteggiatura della facciata anteriore e quello scuro deciso dei corrimani e delle superfici laterali, fino all’altezza di poco più di 3,50 metri. Anche per un piccolo particolare tali lastre ci rivelano un’attesa armonica ed estetica della copertura di pietra dura: basta osservarne la parte superiore, più alta, per notare un accenno di lavorazione artigianale di esperti tagliapietre. Il dato, tuttavia, rispetto al complesso, sembra, in ogni caso, poco significativo artisticamente. Per analogia, anche il lato prospiciente Via Molino e quello che dà sulla Piazza Umberto I vennero abbelliti con lo stesso criterio e con l’identico intento, particolarmente dov’era posizionato in origine una delle ‘bocche’ del pozzo civico, cui la popolazione tutta aveva accesso per l’acqua, specialmente nei periodi in cui quelli artesiani casalinghi e dei palazzi erano troppo sfruttati, per una protratta siccità. Che la scelta di utilizzare una protezione delle parti inferiori della Chiesa con pietra dura sia stata davvero felice ce lo attesta l’attuale stato di conservazione, tuttora apprezzabile: è altresì vero che, in qualche punto, un intervento manutentivo e di restauro, dopo quattrocento anni, da parte di tecnici competenti, non sarebbe propriamente inutile, anche allo scopo di assicurare la salvaguardia ottimale del manufatto, per le future generazioni dei fedeli e dei cittadini di Calvizzano, in generale.
I due poggi in pietra vulcanica posti ai lati estremi della facciata
Con intento estetico, ma anche protettivo degli angoli, ai due punti estremi della facciata, abbellita con pietra di piperno, si trovano ancora alloggiati due veri poggi ricavati nel piperno grigio, lavorati a tutto tondo, sostanzialmente ben conservati: certo, un semplice intervento per rimetterli perfettamente in asse garantirebbe non tanto una maggiore linearità statica ed armonica a tali elementi, che hanno sfidato egregiamente le insidie del tempo, quanto simmetria all’occhio dell’osservatore nell’ammirarli armonicamente. In corrispondenza alle due colonne laterali, di cui si è appena detto, sono presenti due semicolonne, sempre di piperno, alte e larghe all’incirca la metà dei veri poggi, aventi un’evidente ed esclusiva funzione estetica di arricchimento ed abbellimento della facciata, e forse anche di semplice protezione passiva, rispetto alla fascia di piperno pregiato che copre le colonne. Non è ipotizzabile alcun motivo pratico/statico assegnato a tali piccole strutture.
Il monumentale portale di pietra dura di piperno, che fa da cornice alla magnifica porta centrale
Maestosa nella sua svettante semplicità architettonica è la monumentale cornice di piperno della porta centrale della Chiesa, realizzata sempre in pietra del Vesuvio lavorata, dalle forme arrotondate opportunamente, che conserva, a secoli dalla sua sistemazione, la forma di un oggetto familiare, che, reinterpretato con intuito artistico, diventa un piccolo capolavoro, che non è possibile etichettare come un semplice manufatto artigianale, perché lo si priverebbe ingiustamente di un riconoscimento dovuto al risultato conseguito. Un piccolo intervento di restauro, davvero di minimo conto, potrebbe, ancora di più, fare ammirare nell’antico splendore questo manufatto prezioso.
Gli scalini di accesso alla porta centrale della Chiesa di Santa Maria delle Grazie
I sei scalini di accesso alla porta centrale della Chiesa sono, fra i tre gruppi di scale, quelli sui quali l’usura e l’azione degli agenti atmosferici hanno determinato i danni maggiori, per cui essi si presentano sbrecciati e consumati in modo significativo. In alcuni punti, ci sono anche delle piccole perdite di materiale non solo sul piano di appoggio, ma anche sui bordi esterni, probabilmente per la poca cura e lo scarso rispetto dell’opera antica. In realtà, occorre dire che non sono della stessa tipologia e qualità delle pietre dure utilizzate per i gradini delle scale laterali, perché qui meno pregiate e resistenti. Debbono aver avuto un loro ruolo anche altri due fattori: la zona di calpestio dei gradini non è della stessa qualità e provenienza delle pietre dure con cui sono fatti i gradini dei due scaloni laterali e inoltre essi sono leggermente più alti e sospesi verso l’esterno rispetto altri, tanto da rappresentare una potenziale fonte di rischio per coloro che se ne servono, soprattutto in caso di pioggia, oppure quando sono molto umidi o ancora bagnati. A conferma di ciò, qualche anno fa furono sistemate due barriere laterali di protezione, con funzione di passamano, per ridurre la possibilità di caduta e di scivolamento, soprattutto nella fase di discesa, ma di fattezza e di fattura talmente poco appropriate ed inadeguate da suggerirne, se non da imporne, la sostituzione e/o la rimozione immediata.