27 gennaio, “Giornata della memoria”: “ricordare per non vedere”. Ma si potevano evitare i campi di sterminio?

 


“La verità è che se veramente vogliamo imparare, non dobbiamo guardare indietro, ma davanti e di fianco a noi, perché la storia è qui, siamo noi tutti, tutti ebrei e tutti nazisti allo stesso modo, nella stessa persona… Finché ci piace pensare che il piatto debba pendere da un solo lato, Auschwitz non avrà mai fine

Sessantasette anni fa, il 27 gennaio del 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di Auschwitz mostrando al mondo l’orrore del nazismo. Oggi è il “Il giorno della memoria”, il giorno per ricordare, il giorno per imparare, il giorno per pensare. Peccato che spesso si trasformi nel giorno per giustificare, per semplificare, il giorno dell’auto compiacimento perché alla fine ci siamo riusciti a “non farlo succedere più”. Ma è così?
Un anno fa prendevo a paragone i profughi afghani bloccati ai confini con la Bosnia, oggi sono, da mesi, ai confini con la Polonia, la Lituania e l’Estonia, ancora una volta rifiutati, respinti dagli altri paesi europei, i paesi “buoni” come il nostro che si fregiano dei più alti livelli di civiltà.
Respinti come lo furono gli ebrei prima che i nazisti adottassero la “soluzione finale”. Questo è un passaggio importante della storia che viene erroneamente (e malignamente) sottaciuto, sì, perché all’inizio delle persecuzioni, ai nazisti non interessava sterminare gli ebrei, a loro bastava toglierseli dai piedi per dare un senso alla propaganda di Hitler.
Allora, invece di farci sempre la stessa domanda “Come è potuto succedere?” proviamo ad avere il coraggio di darci delle risposte, perché le risposte ci sono, sempre! È che a volte sono sgradevoli.
La domanda è: Si potevano evitare i campi di sterminio?
La risposta è: Si!
Domanda: Allora perché?
Risposta: Perché nessuno accolse gli ebrei, nessuno li volle. Proprio come non vogliono (vogliamo!) i profughi ai confini d’Europa oggi.
Erano meno di  un milione gli ebrei nei paesi sotto l’influenza nazista, quindi soggetti a discriminazioni, una equa ripartizione non sarebbe stato un peso per nessuno. Eppure si partì con tutte le buone intenzioni (che tali rimasero) in quella troppo poco ricordata conferenza di Èvian (Francia), nel lontano  Luglio 1938, quindi con ancora tutto il tempo avanti per evitare che succedesse quello che poi successe, quando, su richiesta del presidente americano Roosevelt, si riunirono le delegazioni ufficiali di 32 paesi della Società delle Nazioni (antenata dell’ Onu, cambia il nome, non l’inconcludenza), per trattare della delicata questione “emergenza rifugiati”.
Il primo frutto di quella conferenza fu un atto politico. Quello che riesce meglio ai politici, cioè  “La condanna esplicita da parte della comunità internazionale della Germania nazista per le politiche di discriminazione razziale.”
Poi si parlò di quella famosa “equa ripartizione” che però restò in stragrande maggioranza su quella carta delle buone intenzioni, ma nella pratica, col passare dei mesi si trasformò in ben altro.
È impressionante come leggendo le cronache dai giornali di quegli anni, ci si possa ritrovare ai giorni nostri, con le stesse ipocrisie.
Il liberalissimo “Daily Express” titola in prima pagina “Non possiamo accoglierli tutti.”
La civilissima Francia, nel febbraio del 1939, rimanda indietro tutti gli ebrei che la Germania ha tentato di espellere… moriranno tutti a Dachau.
La neutralissima Svizzera mette delle fortissime restrizioni al transito degli ebrei sul proprio territorio e per non sbagliarsi, fa apporre una cubitale “J” (jude) sui loro passaporti.
La morale… immorale di quella conferenza fu che dei 32 paesi partecipanti, solo la Repubblica di Santo Domingo e la Bolivia accettarono una quota congrua alla propria capacità di ricezione.
Troppo poco ricordata è ancora la tragica epopea del transatlantico St. Louis che il 13 maggio del 1939 salpa dal porto di Amburgo con quasi mille profughi ebrei a bordo, respinti da Cuba e dagli Stati Uniti, dopo un mese di estenuante viaggio, tornano in Europa, finalmente, dopo altrettante estenuanti trattative, vengono ripartiti fra alcune nazioni…. Che poi cadranno sotto il dominio nazista durante la guerra, quindi la maggior parte dei passeggeri della St. Louis morirà, comunque, nei campi di sterminio.
La verità è che se veramente vogliamo imparare, non dobbiamo guardare indietro, ma davanti e di fianco a noi, perché la storia è qui, siamo noi tutti, tutti ebrei e tutti nazisti allo stesso modo, nella stessa persona. La storia si ripete ai confini con la Bosnia, con la Turchia, con la Polonia e noi non abbiamo imparato niente, soprattutto quando pensiamo, come pensavano i nostri avi allora, che il pericolo è rappresentato da chi viene da fuori, perché il vero nemico è dentro noi stessi, è quel piccolo nazista che ospitiamo nella nostra coscienza e che ogni tanto alza la voce, ci confonde, ci adula, ci compiace, ci asseconda e ci convince che i nostri privilegi sono per diritto.
Chi è il colpevole, chi caccia o chi non accoglie? Finché ci piace pensare che il piatto debba pendere da un solo lato, Auschwitz non avrà mai fine.

Gennaro GB Ricciardiello

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