“Sogni rubati”, una bellissima lirica sulla violenza di genere del poeta di origini calvizzanesi Franco Ciccarelli recensita dallo scrittore Enzo Salatiello: “siamo di fronte a un poeta di razza”
Salatiello: “Faccio i miei
complimenti a questo poeta gentile e potente per questa sua bellissima lirica,
trasognata e fiabesca! Altro che storie! Altro che fenomeni!”
SOGNI RUBATI
In una limpida mattina d’estate
ti ho vista correre nei prati
avvolta nei tuoi foulard di seta
alla ricerca di quei sogni rubati
Nella mente e negli occhi immagini
impietose
sepolte nei meandri sulla riva di un
fiume
era una maledetta sera d’autunno
impregnata da uno squallido e acre
marciume
E’ li che hanno rubato la tua anima
offesa volava nel vento
il dolore ti toglieva il respiro
tra la foschia un profondo lamento
Tu ragazza dai capelli d’oro
asciuga il pianto e riscopri la vita
quella ferita nel tuo tenero cuore
sarà cancellata come un disegno a
matita
Oh fragile ragazza
guarda quei meravigliosi tramonti
Oh anima gentile
alza il velo dai tuoi orizzonti
Quel segno orrendo rimarrà
indelebile
ma il foglio bianco avrà un nuovo
colore
volerai come una farfalla
leggera nel tuo naturale candore
Ritornerà la primavera
nelle silenti notti una stella ti
aspetta
e attraverso le onde azzurre del
mare
la raggiungerai senza aver fretta
Franco Ciccarelli
“SOGNI RUBATI”, ovvero: la grazia e
la potenza!
nelle silenti notti una stella ti
aspetta…
In una giornata come quella del 25 novembre, dedicata
contro la violenza che le donne subiscono quotidianamente, ci arriva una
meravigliosa testimonianza lirica di Franco Ciccarelli.
La poesia porta il suo marchio distintivo: una coppia
di rime, incastrate in sette strofe che sono delle vere e proprie quartine di
scuola “gentile” che si snodano fluide come un fiume. L’altra sua tipica
caratteristica è la veste narrativa che assume il componimento, qui, le
emozioni e le pause, sono tutte contenute in un filo magico ininterrotto che
lascia senza fiato perché volutamente, l’autore, (qui entra in scena una vera novia),
non appone affatto alcun segno di punteggiatura! Il risultato lascia a bocca
aperta! Non è certo un caso ma egli ha voluto donarci, nella lettura, un motore
con il quale partire a velocità sconosciute e provare una tempesta di emozioni.
La storia narrata e creata con il giusto pathos emotivo per l’argomento
delicatissimo (la violenza sulle donne), sembra vestita su misura per la poesia
novecentesca, allo stesso tempo ha la forza tipica di una fotografia che scatta
attraverso la penna e che a Franco riesce sempre molto bene. Le sue poesie
hanno la forza esplicativa di un cronista appostato dietro l’angolo che ci spiega
quello che sta avvenendo. La prima strofa comincia con un verso semplicissimo,
sembra l’inizio di una fiaba: In una limpida mattina d’estate…
dovremmo aspettarci un racconto, invece prende una piega ritmata che si presta
anche alla musicalità deliziosamente lirica. Sono immagini che vediamo come
diapositive dinamiche, Franco è imbattibile nel fornirci questo tipo di figure:
c’è una fanciulla che corre in un prato. Corre per lei, alla ricerca dei suoi
sogni. Nella seconda strofa, con un ritmo forsennato, senza nemmeno il tempo di
gustarci la scena precedente: Franco entra nella testa della ragazza e ci porta
in un incubo. Ecco perché non esiste la punteggiatura, le emozioni si srotolano
velocissime, Franco gioca col tempo e il tempo è un’astrazione. È un aggancio
di tipo onirico, in questo momento è estate ed è mattino (elementi temporali)
siamo su un prato (elemento spaziale) ed ecco che la ritroviamo nel passato in
autunno e nella sera (elementi temporali contrapposti) e sul greto di un fiume,
in un laido contesto (elemento spaziale). Franco opera una costruzione
psicologica, ora siamo nella mente della fanciulla: l’oltraggio è lì stampato
nella sua memoria, chiaro tilt emotivo. L’offesa strappa l’anima che vola via,
la ragazza è come se morisse dentro pur sopravvivendo nonostante il dolore
fisico. Nella foschia si eleva un lamento; fate attenzione: il termine “lamento”
è più greve e pesante di “urlo” o “grido”. Il lamento è per la vittima innocente,
l’agnello sacrificale ma qui non c’è nulla di sacro. Seconda e terza strofa
sono il climax ascendente che porta su una girandola di dolore ed emozioni,
poi, nella successiva e nella quinta, di nuovo, con abilissima mossa, Franco fa
ritornare nella luce e nella tiepida quiete di una pausa, si rivolge a lei, la
esorta a rinascere, a riamare la vita, a rimarginare la ferita. La fanciulla,
delicata e fragile, ha opposto un velo come una cataratta maligna tra lei è le
bellezze della vita. La stessa vita che l’ha tradita, ma l’autore, entrando
questa volta nel cuore della ragazza, la sprona a rialzarsi. La perdita
progressiva dell’innocenza, lei la riacquista con la spinta del poeta a
riguardare con nuovi occhi un tramonto, una bellezza della Terra. Franco non le
mente, non la compatisce ma partecipa alla sua rinascita. Il foglio
bianco dell’anima, benché ferito dalla cicatrice che resterà ferma come
un macigno, quello stesso foglio avrà nuovi colori, ecco un altro artificio che
il poeta mette in atto. Questo è un procedimento psicologico: se non puoi
cancellare un trauma, cambia il contesto intorno alla ferita, guarda con una
nuova prospettiva un tuo dolore. Franco qui accarezza il dolore di tutte quelle
donne offese dalla violenza e dalla brutalità, egli raggiunge il cuore
sanguinante di tutte quelle donne che hanno conosciuto l’oltraggio. L’ultima
strofa è quella più carica di spessore poetico; qui, pur restando legato al
corso delle emozioni, Franco eleva la sua voce verso un livello superiore e va
spiegata verso per verso: (…Ritornerà la primavera..), Franco
all’inizio ha parlato di “estate” e “autunno”, non è un caso, sa bene che la
bella stagione è un’esplosione di vita, al contrario, l’autunno è la decadenza,
la vita che si abbassa, ma la primavera, sapientemente inserita, sappiamo tutti
che simboleggia la rinascita, il ritorno alla vita. Qualcosa di più dell’estate;
verso che ricorda un po’ una costruzione leopardiana del contesto esistenziale.
(…nelle
silenti notti una stella ti aspetta…), questo verso è un
incanto, bello e dolce, ancora caratterizzato dagli elementi della natura, ma
oltre alle notti, vediamo che la stella, è una misteriosa sorpresa nel verso
conclusivo. (…e attraverso le onde azzurre del mare…) parla ancora la natura,
non c’è traccia di presenza umana, e conclude con: (…la raggiungerai senza aver fretta…).
Qui c’è un piccolo enigma: cos’è la stella? Una nuova vita? Un compagno che non
somigli al “maschio” violento? Una nuova consapevolezza? Comunque è la meta che
libera la fanciulla dal dolore e la strada la indica Franco. Faccio i miei
complimenti a questo poeta gentile e potente per questa sua bellissima lirica,
trasognata e fiabesca! Altro che storie! Altro che fenomeni! Qui siamo di
fronte a un poeta di razza!
Enzo Salatiello