“Napoli milionaria”, l’Italia di Eduardo è malata e “La Nottata” non è passata ancora: “è ancora qui tra noi”
Poche
settimane dopo il 25 aprile 1945, Eduardo scrisse questa commedia che a mio
trascurabile parere è un vero manifesto storico e sociale dove sono contenute
tutte le analisi e le risposte alla catastrofe che aveva appena colpito
l’Europa. Si sentiva ancora il rumore dei carri armati e lui già partoriva con
la sua fertilissima creatività, un assoluto capolavoro di sintesi di tutto
quello che accade in quei terribili sei anni. Una mente normale impiega decenni
per trarre un quadro obiettivo dell’accaduto, egli no: impiegò una manciata di
giorni. A fare da parafulmine e bersaglio delle follie disumanizzanti delle
dittature e della Seconda Guerra Mondiale è anche in questo caso la famiglia, elemento
metaforico di una nazione intera. Il drammaturgo fu sempre su posizioni di
sinistra e non risparmiò in questo lavoro un’attenta analisi sociale ed
economica che portò prima al Fascismo e poi alla guerra. Napoli è un popolo,
una civiltà, un organismo vivente collettivo che fa di tutto per difendersi
dalla miseria indotta dalla dittatura. La famiglia di Gennaro Jovine,
interpretato da Eduardo in una sontuosa rappresentazione del 1962 per la RAI,
non si sottrae alla pratica di espedienti per la propria sopravvivenza, messa a
dura prova dalla guerra. Tutti i membri ne sono inizialmente coinvolti: la
moglie, i figli e tutti quelli che orbitano intorno al loro basso. Tutti meno
uno: Gennaro Jovine. Egli non si fa corrompere, critica la borsa nera,
disapprova la condotta di chi cerca di superare con ogni mezzo, lecito e
illecito le difficoltà. Jovine non è mosso da spirito di appartenenza verso la
nazione fascista ma è una ribellione di ordine etico e morale che non gli
permette di transigere sui suoi valori di autostima. Infatti, non intende
perdere la bussola di uomo ed essere umano. Non vuole abbandonarsi a questa
pratica poco dignitosa. Jovine verrà mandato in Germania, come tutti gli
italiani vittime dei rastrellamenti tedeschi. Con quest’assenza, la sua
famiglia si perde in una deriva di imbrogli e affari sporchi cominciando a
guadagnare molto bene. La signora Amalia, sua moglie, pratica un commercio nero
di prodotti introvabili, in combutta con un oscuro affarista e contrabbandiere,
il figlio si mette a rubare automobili, la figlia si lascia coinvolgere da un
soldato americano delle Forze di occupazione alleate restando incinta. Quando
la madre lo viene a sapere, non ha più l’autorità morale per intervenire,
giacché lei stessa ha una sorta di relazione sentimentale con il
contrabbandiere. Ormai la famiglia non possiede più la capacità di distinguere
il bene dal male. Gennaro Jovine torna dalla prigionia e trova un mondo
completamente cambiato. Non riconosce più la sua famiglia, il suo basso, una
volta misero e dignitoso, ora sfarzoso e pacchiano in quel lusso incoerente con
la situazione. Tutti quanti sono diventati cinici sfruttatori dediti solo al
lusso mal guadagnato. Egli cerca di spiegare a tutti invano che la “Guerra
non è finita”! Ma ormai il mondo ai suoi occhi nega tutto! Nega gli
orrori, la corrosione degli animi, la perdita della condizione umana. Ormai ha
capito che una “lunga e tetra notte” è scesa sull’umanità che non permette a
nessuno di vedere la luce. La piccola figlia di Gennaro Jovine si ammala, di un
male che necessita di un farmaco che non si trova. Ora la borsa nera tiene in
pugno la signora Jovine. Quella borsa nera con la quale ha massacrato gli
onesti e poveri cittadini, ora reclama un contrappasso. La bimba rischia la
vita. Quella bimba è l’Italia. La malattia è la miseria, quella povertà che
attanaglia il Paese e lo farà ancora per molto tempo. In molti hanno
circoscritto l’analisi del maestro alla nostra Nazione ma Eduardo era troppo
brillante e alto nelle sue analisi per fermarsi al cortile di casa propria. La
sera del 9 novembre 1989, mentre vedevo le immagini della caduta del Muro di
Berlino, simbolo di divisione tra le due aree europee uscite dalla “Conferenza
di Jalta”, capii cosa volesse dire la sua espressione: “Adda passà ‘a nuttata”.
La lunga notte delle conseguenze del secondo conflitto mondiale era ancora tra
noi, il Nazifascismo aveva provocato, dopo il disastro, la nascita di un’Europa
bipolarizzata sull’orlo di una terza
guerra mondiale. Gli equilibri, le intere classi dirigenti politiche ed
economiche erano il risultato di quel disastro. Non a caso, dopo una quindicina
di mesi dopo la scomparsa del Muro, in Italia venne giù tutto il sistema
politico, marcio e corrotto e che fino a quel momento aveva contato sul ricatto
dei blocchi economici contrapposti. Per questa ragione Eduardo continuava con
il suo mantra: “La guerra non finita!”. Con lo spegnersi dell’eco del cannone,
le violenze a danno della povera gente e delle classi sociali più deboli si
sarebbero prolungate fino alle soglie del terzo millennio. Eduardo era avanti
rispetto ai suoi tempi di qualche secolo. Genio visionario dotato di grande
intelligenza intuitiva, ogni sua parola, ogni sua frase, era ed è una sentenza!
Ancora oggi, questa Europa, è il risultato delle ingiustizie del secolo scorso.
La “nottata” è ancora qui con noi.
Enzo
Salatiello