“Giacomo il Maggiore”, riflessioni sul Santo patrono di Calvizzano

                                           

Dopo aver letto le deliziose lezioni di storia da parte del nostro professor Luigi Trinchillo, mi venivano in mente alcune considerazioni di vecchi studi che feci anni fa sul nostro Santo patrono di Calvizzano. Giacomo di Zebedeo e Salome, fratello di Giovanni (l’evangelista) era con una certa probabilità, fratello di Gesù e non cugino. La questione confonde gli osservatori per un duplice aspetto. Il primo è quello consueto che riguarda tutta la letteratura biblica, ovvero la difficoltà delle fonti spesso incerte e gli innumerevoli  equivoci semantici. I quattro testi evangelici, che parlano di Gesù, furono redatti decenni dopo e, secondo una scuola di pensiero, anche qualche secolo dopo e in un caso, (Luca), si sarebbe basato su quello di Marco. La lingua del Nuovo Testamento è quella greca, mentre quella degli Apostoli e di Gesù stesso è l’Aramaico. Quasi certamente gli apostoli erano analfabeti. L’opera di trascrizione amanuense, importantissima per noi, spesso contiene tracce di travisazioni o peggio ancora, adulterazioni (quanto volute è difficile stabilire). La parola “cugino” in greco é “xàderfos” mentre “fratello” risulta “adelfòs”. Ora, se si considera il fatto che le vicende apostolari e gesuitiche furono trasmesse e tramandate oralmente, e poi messe per iscritto decenni dopo, data la scarsità di fonti certe anche a quell’epoca, le due parole, come spesso accade in questa lingua, presentano una forte assonanza desinenziale. Tuttavia, questo ragionamento, lo reputiamo abbastanza autorevole non solo per il fatto linguistico, ma parrebbe trovare conferma nell’audacia di Giacomo o secondo altre fonti, di Salome, nel chiedere a Gesù nientemeno che una specie di favoreggiamento nella collocazione alla sinistra e alla destra (considerando anche Giovanni) del Padre dopo essersi guadagnati il “Regno dei Cieli”. Solo un fratello (ma anche un cugino stretto e molto amato) potrebbe avanzare questa richiesta. Gesù risponde abbastanza piccato, condividendo la reazione con il resto degli Apostoli con una vaga promessa se “berranno il suo stesso calice”, ossia il martirio ma pur tuttavia, non può assicurare nulla poiché è tutto nelle mani del Padre! Una seconda lettura di questo episodio è data dall’ipotesi messianico-giudaica-politica. La Palestina, la Galilea e tutta la Terra Santa di allora era occupata dai romani. Esisteva all’epoca una componente del popolo ebraico molto bellicosa e ribelle che si rifaceva alla “venuta del Messia” inteso non come figura spirituale ma come liberatore del popolo dal giogo nemico. Sembrerebbe questo il movente che spinge Giacomo o la madre a fare la richiesta a Gesù, interpretandolo come un “premio” dopo aver raggiunto il traguardo della liberazione di Israele. Inoltre, a causa dei frequenti “semitismi”, ovvero artifici morfologici della lingua evangelica,  dovuta appunto alla traduzione, Gesù è definito tra i tanti epiteti: “Nazareno”, che deriverebbe da “Nazoreo” (nazoràios) cioè nativo della città di Nazareth ma, diversamente da questa ipotesi contemplata dalle Sacre Scritture,  appartenente a un ordine sociale del popolo ebraico consacrato a un certo livello di militanza e di spiritualità e appunto detto “nazireo”, cioè appartenente a “sacerdozio” del “nazireato”. Infatti, vi sono oggi molte lacune storiche intorno alla città natale di Gesù. Tornando a Giacomo, naturalmente a Compostela in Spagna non ci sarebbe mai arrivato, anche se, come riportano le agiografie, si sarebbe recato prima in Spagna, presso la Galizia per poi ritornare in Galilea ed essere martirizzato. Giacomo fu in ogni caso molto vicino a Gesù e sarebbe stato presente in episodi molto significativi della sua vita. Probabilmente, morì ucciso per mano delle autorità romane, ma esistono documenti e fonti, dove si ipotizza che per gravi contrasti sull’orientamento e l’interpretazione della missione di fede con san Pietro, fu buttato giù dal Tempio di Gerusalemme, in ogni caso verso il 48 d.C. Intorno a Giacomo il Maggiore regna ancora oggi un’incertezza circa la sua identità, distinta da quella di Giacomo figlio di Alfeo detto il “minore”. Poi ci sarebbe un terzo Giacomo definito il “Giusto” ma si potrebbe trattare di Giacomo di Alfeo e di sua moglie Maria di Cleòfa.
Enzo Salatiello

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