Il primo documento su cui è scritto il nome “Calvizzano” è un marmo antichissimo: risale al 1252. Ma che fine ha fatto?

 


La storia è riportata nel libro “Calvizzano: dalle remote origini al IX anno del Littorio” del sac. e storico Galiero: sarebbe interessante che il Comune lo facesse stampare e lo distribuisse agli alunni della media Polo di Calvizzano”

Nel libro del compianto sac. Raffele Galiero,  “Calvizzano: dalle remote origini al IX anno del Littorio (Napoli, Tipografia Rocco, 1931), si evince che il primo documento su cui è scritto il nome Calvizzano” è un marmo che risale al 1252, epoca in cui cessò il ducato napoletano e sorse la monarchia normanna (“non sappiamo se Calvizzano fu una delle terre che divise ai suoi militi”).

“E’ il marmo – scrive Galiero a pag. 45, capitolo III: “I feudatari. Dal 1252 al 1504” – che fino a pochi anni addietro (fine anni ’30) si osservava sul primo arco, quasi cadente, all’entrata del cosiddetto “Palazzo Vecchio”, in via Molino. Molti lo ignoravano, ma lo conoscevano bene i chiassosi monelli, che lo facevano bersaglio delle loro manate di fango. Per fortuna cadde è oggi è da noi gelosamente custodito, perché rappresenta la pietra più antica  su cui per la prima volta è inciso il nome Calvizzano. Lo doneremo ben volentieri, quando sorgerà l’edificio scolastico (i lavori iniziarono nel 1933, ma ne parleremo in un articolo a parte, ndr) o la Casa del Comune, sicuri di interpretare anche i sentimenti della ben nota famiglia Carandante, che gentilmente ce ne fece dono”.

Che fine ha fatto? Noi non l’abbiamo mai notato, a meno che non ci sia sfuggito, né presso il Municipio, né presso la scuola Diaz. Se qualcuno ha notizie in merito, gliene saremo grati.

“Come si vede dalla figura – si legge nel libro -, è un rettangolo lungo centimetri 56 e largo 50. In alto v’è uno stemma; sotto un’iscrizione latina. Da questa sappiamo che Lucrezia Reggio, duchessa di Calvizzano, per aumentare le rendite dei duchi ed anche per comodità della plebe rinnova e rende abitabili alcune case, un tempo signorili, andate poi in rovina per vecchiezza “vetustate collapsas”. Non risulta in quale epoca potettero crollare, né quanto tempo prima erano state edificate. Dalla data, messa in ultimo, si ricava che il rifacimento dei locali avvenne nel 1252. Di conseguenza in detto anno Calvizzano era già un feudo. Se Lucrezia, che si dice duchessa di Calvizzano, abbia avuto il feudo direttamente  o lo abbia ereditato dai suoi avi, lo ignoriamo.

Tale cognome fu portato da una famiglia siciliana a seguito di Ruggiero il Normanno

“Il trovare però fra noi – è scritto – una famiglia siciliana in tale epoca ci fa supporre che essa sia qui pervenuta a seguito di Ruggiero il Normanno e che questi, dopo la conquista di Napoli (1140) le abbia dato in feudo Calvizzano, in compenso dei servigi resi. Ci troviamo nel periodo dello sviluppo del feudalesimo da parte dei Normanni che ne furono i creatori nell’Italia meridionale, e ciò induce a pensare che proprio all’inizio della monarchia normanna il nostro piccolo paese diventasse un feudo, probabilmente sin d’allora assegnato a un membro della famiglia Reggio. Tale cognome fu portato da una famiglia siciliana, originaria di Catania, dov’era antica e illustre. Fu insignita del Toson d’oro in persona di Stefano Reggio, principe d’Aci, tenente generale dell’esercito spagnuolo e vicerè di Valenza (fonte: Libro d’oro della nobiltà italiana. Ediz. 1910 del Collegio Araldico di Roma).

Lo stemma che si vede sull’iscrizione non è quello adoperato oggi (anni ’30) dalla famiglia Reggio in Napoli: fascia d’oro in campo azzurro con due stelle d’oro a sei punte poste ai lati della fascia. Il nostro è più interessante. Dopo 5 secoli lo troviamo collocato sull’iscrizione funebre di un’altra Lucrezia Reggio, sposata Branciforte, e precisamente nell’iscrizione che trovasi a sinistra di chi entra nella chiesa Santa Maria delle Grazie

 


A terra v’era la tomba della Reggio-Branciforte ed il marmo che la copriva, riproducente lo stemma, oggi fa da scalino alla porta piccola della Congrega dell’Assunta.           

  

 

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