
A Marano per oltre 20 anni si è speso a briglie sciolte, senza preoccuparsi di andare a recuperare le risorse occorrenti per onorare i debiti. Da qui nascono tutti i mali dei bilanci di previsione e dei conti consuntivi degli ultimi anni, in particolare quelli del periodo 2008-2009-2010, finiti sotto la lente della magistratura contabile che, nel 2012, rilevò vizi storici e procedure consolidate nel tempo negli ultimi dieci anni. Eloquente l’esempio dei residui attivi costituiti in anni precedenti al 2006, relativamente al titolo I (Ici, all’epoca non esisteva ancora l’IMU, Tassa sulla spazzatura, eccetera), dove i residui da riscuotere (crediti, ndr) ammontavano a 12milioni645mila euro, mentre quelli riscossi erano di appena 963mila 217 euro e al titolo III (riscossione entrate extratributarie, tra cui il ruolo acqua) i cui residui da riscuotere erano di 13milioni 855mila euro a fronte di un milione616mila euro di quelli riscossi. Uno dei primi a lanciare l’allarme, a settembre 1998, fu l’ex responsabile del settore finanziario Vittorio Di Napoli: comunicò agli amministratori e ai funzionari che avrebbe sospeso ogni impegno di spesa, se non si fosse provveduto a emettere i ruoli RSU e acqua ’98.

Poi continuò più volte Alberto Amitrano della lista civica Pdm, nonché presidente della Commissione Servizi municipali, a ripetere come un mantra che bisognava incassare i crediti vantati dal Comune (i cosiddetti residui attivi) ormai arrivati alla cifra record di 50 miliardi. Nel 2000, in seguito alla dichiarazione dell’ex sindaco Mauro Bertini al periodico “L’attesa” di lasciare questi soldi nelle mani dei cittadini e di andarli a prendere in un momento di ripresa economica, Amitrano dichiarò, sempre al giornale “L’attesa” di temere che questi crediti andassero perduti definitivamente. Fu un buon profeta.



Nel 2002, pure l’allora responsabile del Settore economico-finanziario, Renato Spedaliere strigliò il sindaco dell’epoca Bertini perché non riusciva a recuperare i crediti vantati sull’acqua, sull’Ici, sulla tassa della spazzatura e sugli oneri del condono edilizio, prefigurando, se si fosse perpetuata una simile situazione, un punto di non ritorno, cioè all’incapacità di pagare i propri debiti e, quindi, di incappare nel dissesto. Così propose di avviare subito un progetto di emergenza, con la sospensione di gran parte delle attività e una politica di raccolta fiscale più gravosa. Bertini, invece, mantenne bassa la tassazione Ici e Rsu, non applicò l’addizionale irpef, ma, per tutta risposta, rimosse Spedaliere e costrinse alle dimissioni anche il direttore generale Nello Mirone che appoggiava le tesi di Spedaliere.

Niente hanno fatto dopo, Perrotta e Cavallo (quel poco che ha governato) per invertire il trend. Il Commissario straordinario, Gabriella Tramonti, che gli subentrò, pur non avendo la bacchetta magica per risolvere problemi atavici, cominciò a dare forti segnali di discontinuità politico-finanziaria: per la prima volta nella storia di Marano fu staccata l’acqua di un condominio moroso e si studiarono nuove strategie per far pagare chi non aveva mai pagato tasse e tributi, contribuendo allo sfascio della città. Il Commissario varò un piano di risanamento finanziario, nel quale era prevista anche la dismissione di buona parte del patrimonio comunale, che fu oggetto di continuo monitoraggio da parte della sezione regionale della Corte di conti.

Nel 2013, quando si insediò il sindaco Angelo Liccardo, la situazione era sempre estremamente compromessa per la presenza di moltissime posizioni debitorie, di rilevante ammontare, che erano state abbandonate da anni: debiti nei confronti dell’Arin per la fornitura idrica di vecchie annualità, debiti per contratti di gestione del servizio nettezza urbana scaduti, senza che l’Ente onorasse i relativi canoni di acque reflue e depurazione, debiti verso il Commissariato di Governo per gli interventi garantiti nella gestione straordinaria dei rifiuti in Campania. Liccardo, da esperto economista, ci mise tanta buona volontà per far quadrare i conti, ma non vi riuscì anche perché fu mandato a casa prima della scadenza naturale della consiliatura. La patata bollente passò nelle mani della Commissione straordinaria presieduta prima dal prefetto Antonio Reppucci, poi, a novembre 2017, dal prefetto Francescopaolo Di Menna: i conti migliorarono notevolmente ma non si riuscì ad evitare il crack finanziario.
Forse il dissesto era evitabile
E’ quanto emerse dalla sentenza della Corte dei Conti notificata al Comune quasi alla fine dell’ultimo commissariamento
Il dissesto del Comune poteva essere evitato? Da una lettura attenta della recente sentenza della corte dei Conti, sembrerebbe proprio di sì. Ovviamente bisognava approntare un piano di riequilibrio finanziario più convincente, cosa che non fu fatta. Il passaggio fondamentale è scritto a pagina 21 della sentenza, nel quale il Collegio giudicante evidenzia come il piano in esame (quello approntato dalla dirigente del Settore Economico Finanziario dell’epoca, Claudia Gargiulo, deliberato ai tempi dell’amministrazione Liccardo, assessore al Bilancio Paolo Longoni, Ndr) “in ragione dello scarso rigore che ha caratterizzato lo svolgimento delle attività prodromiche all’adozione dello stesso, non rechi una rappresentazione certa e veritiera dei fattori di squilibrio ma risulti, anzi, connotato da una sostanziale e generica inattendibilità cui non hanno posto rimedio i diversi correttivi adottati in corso di procedura…”.
“E’ un lavoro che richiede sacrifici – dichiarò in Consiglio comunale a settembre 2014, l’ex assessore al Bilancio Longoni - dovremo approntare un piano serio altrimenti la Corte dei Conti ce lo boccerà”. Poi aggiunse: “I problemi di questo Comune dipendono in larga parte dalla mancata riscossione dei crediti, dall’evasione e dall’elusione fiscale”.
Un piano che non convinse i consiglieri di opposizione, poiché non avrebbe garantito il raggiungimento dell'equilibrio finanziario. Ma solo l’ex sindaco Mauro Bertini, all’epoca dell’amministrazione Liccardo consigliere comunale, fece ricorso al Tar, dopo aver avuto un diniego dagli altri consiglieri di minoranza. Venne incaricato il noto amministrativista Abbamonte.
La Corte dei Conti, pur dando atto alla Commissione straordinaria dello sforzo compiuto “per imprimere credibilità e sostenibilità a un piano di riequilibrio, ab origine (fin dalla nascita), affetto da carenze e incertezze oltre che gravemente condizionato dal contesto critico in cui è maturato, ritiene che il giudizio complessivo sullo stesso rimanga negativo”.
Approfondimento
L’Ente Comune, con deliberazione di Consiglio comunale 82 del 29 settembre 2014, decise di ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario (art. 243 bis del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267). Il piano di riequilibrio, corredato dal parere dei revisori dei conti, venne approvato con delibera consiliare del 29 dicembre 2014, entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione di adesione, senza ricorso al fondo di rotazione previsto dall’articolo 243 ter del Dlgs 267/2000.
La competente Commissione presso il Ministero dell’Interno, con nota ministeriale n.4913 del 7/02/2017, formulava una richiesta istruttoria. Il dirigente dell’Area Economica Finanziaria diede riscontro alle richieste della Commissione con nota 13690 del 27 aprile 2017, indirizzata al Ministero dell’Interno. Al termine dell’istruttoria svolta, la Commissione ministeriale, nelle considerazioni conclusive dichiara che “Il Piano del Comune di Marano appare conforme ai contenuti richiesti dalle disposizioni normative di riferimento ed alle indicazioni contenute nelle linee guida elaborate dalla Corte dei Conti che vanno lette alla luce dell’evoluzione normativa dell’armonizzazione contabile e dei recenti interventi normativi. Il piano, nel suo complesso, secondo una valutazione ex ante ( a priori, ndr) presenta una ragionevole probabilità di raggiungimento del risanamento finanziario” .
Successivamente alla ricezione della suddetta relazione, la Sezione di controllo regionale per la Campania della Corte dei Conti, con deliberazione 25° del 20 novembre 2017, ritenne necessario effettuare un supplemento istruttorio; il dirigente dell’Area Economica Finanziaria, in data 22 gennaio 2018, fornì le informazioni e gli aggiornamenti richiesti.
Infine, a seguito di apposita relazione di deferimento, il Comune venne convocato in adunanza pubblica, in vista della quale l’Ente produsse specifiche memorie. In data 7 marzo 2018, la Corte dei Conti deliberava il diniego del Piano di riequilibrio finanziario, depositata in data 4 aprile 2018.
La Commissione straordinaria ritenne impugnare la deliberazione innanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti. Nell’udienza del 13 giugno 2018 veniva rigettato il ricorso. In pratica fu dato avvio all’iter per la deliberazione di dissesto.
Mimmo Rosiello